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mercoledì 28 settembre 2022

Vienimi a cercare

Vienimi a cercare nell'erba alta,
parleremo della stagione atroce
e di brezze fuori tempo,
di quando ti aspettavo a scuola,
sudato per la poca corsa.

Parleremo delle notti bianche
per la fame della tua voce
e taceremo come sapevamo fare
quando le parole non bastavano.

Vienimi a cercare nelle pagine vuote
in attesa di parole che non arrivano.

lunedì 12 settembre 2022

Ri...di pagliaccio sul tuo cuore...

Ritaglio parole per rimestare meglio ripensamenti. Rifiuto è fiutare più e più volte, ogni rivolta sempre lo stesso odore. Per esercitarmi alla rivoluzione del sole rivelo menzogne di tessuti pesanti perché non abbiano freddo. Quando scoccherà l'ora ritornerò al punto di partenza. Mi riferisco al sangue, come una bistecca, come se non bastasse una volta sola. Pugna e ripugna l'eroe indomito, ritenta sarai sempre più sfortunato. Si resiste a tutto meno alle ritenute d'acconto. Ridiamo di tutto, ché è meglio restituire quello che è rimasto che prendere solo per essere ripresi. Il mondo è un torchio, chi rimorchia va avanti, se sei olio fattene una ragione. Disponibile a fare ripetizioni, tanto non le firma nessuno. 

Dalla terra del rimorso è tutto, forse. Eventualmente ripasserò.🌹

domenica 11 settembre 2022

Ri-letture anniversarie

"[...] È vero: non possono, anzi, non dovrebbero esistere [Paesi di serie B]. Ma esistono. La realtà è che l'Italia è un Paese di serie B: e ciò risulta inequivocabile proprio dalle sue parole. Che sono parole prudenti, benché sincere. Io che posso permettermi di non essere prudente, le dico anzi che l'Italia è ben peggio che un paese di serie B. L'espressione calcistica non è che un eufemismo. L'Italia – e non solo l'Italia del Palazzo e del potere – è un Paese ridicolo e sinistro: i suoi potenti sono delle maschere comiche, vagamente imbrattate di sangue: «contaminazioni» tra Molière e il Grand Guignol. Ma i cittadini italiani non sono da meno. Li ho visti, li ho visti in folla a Ferragosto. Erano l'immagine della frenesia più insolente. Ponevano un tale impegno nel divertirsi a tutti i costi, che parevano in uno stato di «raptus»: era difficile non considerarli spregevoli o comunque colpevolmente incoscienti. Specialmente i giovani. Tutte quelle sciocche coppie che se ne andavano tenendosi all'infinito strette per mano, con aria di vicendevole, romantica protezione e ispirata certezza del domani.
Sono stati ingannati, beffati. Un rovesciamento improvviso e violento (per quanto riguarda l'Italia) nel modo di produzione ha distrutto tutti i loro precedenti valori «particolari» e «reali», cambiando la loro forma e il loro comportamento: e i nuovi valori, puramente pragmatici, esistenziali, del «benessere», hanno tolto loro ogni dignità. Ma non è bastato: dopo essere stati resi mostruosi (marionette guidate da una mano «nuova», e quindi come impazzite), ecco che il benessere, causa della loro mostruosità, viene meno, mentre il ballo delle marionette continua. [...]"
Pier Paolo Pasolini, Al Presidente della Repubblica Giovanni Leone. Il Mondo, 11 settembre 1975. In: Lettere luterane, «La sua intervista conferma che ci vuole il processo».

martedì 6 settembre 2022

Dialoghi

L’artista dialoga con la materia perché questa assuma la forma che il dialogo dipana e in questo processo la materia è trasformata dall’artista, l’artista è trasformato dalla materia. Se questo discorso, di grande valenza estetica, non sfugge alla critica soggettivista, che vuole la materia muta, cosa succede quando l’artista e la materia coincidono? La critica soggettivista non ha più i suoi argomenti perché artista e materia sono la stessa cosa e allora il dialogo dispiega non solo tutta la sua valenza estetica ma anche la sua valenza di fatto concreto e tangibile, perché quel dialogo tra soggetto e oggetto dell’arte e quella trasformazione biunivoca dell’artista e della materia la vediamo all’opera. È il caso del performer, artista che mette in scena il dialogo e la metamorfosi. Il performer fa di se stesso materia dialogante.

Formare per formare, metafisica dell’estetica che si sostantiva nell’esperienza performante. Ed ecco che il performer è artista a tutto tondo perché fa del proprio corpo e dei propri sensi la materia di elezione della propria arte. Quella che viene spesso dileggiata come arte minore, non priva di letture superficiali e di altrettanto superficiali cialtroni, è arte totale. Arte senza altro aggetto.

Apoteosi del ready made object, l’artista diventa ready made garbage. Rifiuto tra i rifiuti, scarto abbandonato al margine della strada in attesa che un mezzo lo porti via in qualche discarica, lontano dai nostri sensi avvizziti. Un cumulo di rifiuti abbandonati dove non dovrebbero essere. Fabrizio Manco li vede e comincia il dialogo. La ritualità creativa di Fabrizio gli impone di celebrare la sua performance, perché Fabrizio è come il sacerdote che deve celebrare messa, indipendentemente dalla presenza di fedeli che vi assistano. È privilegio di pochi intimi essere destinatari delle foto o dei video delle sue performance estemporanee. Foto e video che spesso lui stesso realizza.

Accade in un paesino del mio Salento dove forse abbiamo ancora tempo per dire che stiamo diventando rifiuti tra i rifiuti. Nella periferia di Roma non è raro vedere gente seduta al tavolino di un bar in una strada rumorosa di traffico mentre sorseggia un aperitivo, circondata da rifiuti abbandonati. L’assuefazione deforma il senso estetico, azzera i sensi.

Forse abbiamo ancora tempo per ascoltare chi sta dicendo che abbandonare rifiuti nelle strade e nelle campagne ci sta facendo diventare rifiuti tra i rifiuti.

 
Fabrizio Manco, Ugento (LE), 01 settembre 2022.

Qualche giorno dopo Fabrizio è tornato sulla strada che collega Melissano a Ugento. Anche quella strada cosparsa di carte, plastica e altri rifiuti. Mi ha inviato queste foto che potrebbero benissimo essere frammenti di una crocifissione.


Fabrizio Manco, Rubbish for art, 05 settembre 2022.

giovedì 1 settembre 2022

Io e Vincent


Io e Vincent eravamo stesi su questi prati molti anni fa, un filo di paglia in bocca, braccia dietro la testa, ci scambiavamo suoni di primavera e sorrisi beffardi di folletti tra le nuvole. Io gli facevo vedere l'emorragia di papaveri con gli occhi di mia madre, lui stendeva pasta di colori sulle tele e sulle parole. Gustavamo le immagini con la lingua, ne aspiravamo il profumo. Il mio occhio pigro sussurava al suo orecchio fasciato dei mondi segreti che mi nasconde. Vincent dipingeva vertigini con mano furiosa, io gli confessavo che non ero ancora nato. Lui sorrideva, incredulo.