La principale caratteristica che differenzia l’uomo dagli altri animali discende dalla sproporzione che per l’uomo ha il “dover essere” nei confronti dell’”essere”. In definitiva è la fallacia naturalistica a caratterizzare l’uomo, o, come la chiamava Arnold Gehlen, l’ipertrofia morale. Da questo punto di vista la scienza, il regno dei fatti, per essere veramente tale, dovrebbe essere meno umana possibile. Un orrore da considerare con estrema cura, consapevoli che anche la cura non può e non deve essere priva di valore morale.
L’uomo non può fare a meno di mettere i fatti in relazione al proprio “dover essere” che, pur negato, si nasconde nelle pieghe delle teorie scientifiche. L’annosa sofferenza con cui Darwin approda alla teoria della selezione naturale è rivelatrice di un conflitto tra stati del dover essere, se rimanere fedele alla sua formazione religiosa e al contesto vittoriano della sua epoca o alla coerenza esplicativa di una teoria naturalistica che non tradisse i nessi tra tutti gli oggetti delle sue osservazioni.
Come Max Weber ha insegnato si tratta sempre e comunque di rispondere alla domanda “Quale Dio servire?”
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