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mercoledì 12 settembre 2018

La cattura del gatto [Note (28)]

Del nostro distinguerci dal mondo animale si è scritto tanto, ragione e istinto si contrappongono fieramente in questo quadro della storia umana come fieri avversari, elaborata trasfigurazione esterna dell’altra dicotomia tutta interiore tra mente e corpo. Lungi dall’essere considerati facce diverse di una stessa natura il ricorso al salto ontologico aiuta anche a ben figurare nelle capriole fenomeniche.
Nella contesa ragione/istinto, specchio alterato della contesa uomo/animale dove si difendono i più beceri desideri di autoesaltazione, la ragione veste gli abiti dell’altera dea che tutto misura, mentre l’istinto è il bruto demone che brama unicamente alla soddisfazione dei propri bisogni vitali primari. Ma se l’istinto definisce una serie di schemi d’azione innati caratterizzati da un certo automatismo che non dipende da esperienze passate, allora dobbiamo chiederci quale sia la base della nostra innata assuefazione ai più svariati stimoli ambientali che si manifestano con una frequenza più lenta delle nostre capacità di risposta. Non sarà questo la manifestazione di un congelamento dell’instabilità comportamentale, elaborata con quello che chiamiamo ragione, verso un più sicuro comportamento istintuale? La ragione è sicuramente gran cosa, tuttavia troppo faticosa per essere sempre desta.
La nostra ragione è molto simile a quella di un gruppo di turisti in un autobus lanciato a folle corsa e che precipita in un burrone, ogni secondo che passa prima dell’impatto qualcuno dice “finora tutto bene”!

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