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lunedì 29 maggio 2017

Il peso dei piccoli

Hai mai pensato quanto pesano le formiche? Non quanto pesa una sola formica ma quanto pesano tutte le formiche del mondo. Pensare che una sola formica non pesa niente è facile, ma tutte le formiche del mondo? Penseresti ancora che non contano niente?


Alcune vecchie stime, piuttosto approssimative, dicono che il peso di tutte le formiche del mondo va da 30 a 300 milioni di tonnellate. Il peso stimato degli esseri umani, considerando 7 miliardi di individui, è di circa 350 milioni di tonnellate. Se per il peso delle formiche risultasse più corretta la stima più bassa, allora le formiche peserebbero meno di un decimo del peso dell'intera umanità, mentre se fosse più corretta la stima più alta allora la distanza tra il peso degli esseri umani e quello delle formiche si accorcerebbe di gran lunga.



E riguardo al materiale che le formiche riescono a trasportare, ci hai mai pensato? Poniamo il caso che il tuo peso sia di 65 kg, se tu avessi la forza di una formica rispetto al tuo peso saresti in grado di sollevare 3,25 tonnellate. Niente male eh! Una formica riesce a sollevare fino a 50 volte il suo peso. Per non parlare di alcuni acari che trascinano fino a 1180 volte il loro peso su una superficie orizzontale e fino a 530 volte su una superficie verticale.



Le formiche che vedete in questa foto e nel video stanno trasportando in questi giorni le pagliuzze di graminacee nel loro formicaio. Sono giorni che sono in fila sulla panca del parco dove vado a correre e chissà quanta strada fanno nel prato per raggiungere il formicaio. Una attività continua, instancabile. Non ho fatto stime di quanto materiale stiano trasportando ma con i numeri che ho dato sarà facile immaginare che si tratta di quantità notevoli, ben oltre quello che possiamo pensare di primo acchito.




Ma torniamo al peso di tutte le formiche del mondo. E' difficile fare una stima precisa, non si possono mica contare tutte le formiche del pianeta e pesarle una per una, ma se alle formiche aggiungiamo solo le termiti allora possiamo avere una ragionevole certezza che il peso di tutte le formiche e di tutte le termiti supera quello degli esseri umani andando da 475 a 745 milioni di tonnellate contro i nostri 350. Mi direte che anche la stima delle termiti può essere molto incerta, è vero. Allora sarei pronto a scommettere la vita che aggiungendo gli altri insetti della terra il peso degli esseri umani al confronto sarebbe una pagliuzza paragonata al peso di una montagna.

Ma se può sembrare ovvio che tutti gli insetti del mondo pesino più di tutti gli esseri umani provo a rilanciare. Ti sei mai chiesto quanto pesano i batteri? La stima del loro peso è stata fatta non considerando il contenuto di acqua, quindi per confrontarla con quella degli esseri umani dobbiamo fare la stessa cosa, togliere il peso dell'acqua. Il peso secco di 7 miliardi di esseri umani è di 105 milioni di tonnellate, quello dei batteri va da un minimo di 350.000 milioni di tonnellate a un massimo di 550.000 milioni di tonnellate. I batteri pesano da 3300 a più di 5200 volte il peso degli esseri umani. Anche se la stima corretta fosse quella più bassa si tratterebbe di una massa enormemente più grande di quella degli esseri umani. L'avreste mai detto?

Cosa voglio dire con questi numeri? Niente più di quello che ho detto. Spesso quello che non si vede pesa più di quello che si vede, bisogna imparare a guardare. Una sola formica non pesa niente, un solo batterio neanche lo vedi ma se li metti tutti insieme allora sei di fronte a una schiacciante maggioranza. E noi, i piccoli della specie umana? Ci comportiamo come formiche singole che non pesano niente, come batteri che neanche si vedono o riusciamo ancora a mettere insieme i nostri pesi? Sono davvero tanto lontani i tempi in cui qualcuno poteva lanciare il monito: piccoli di tutti i paesi, unitevi!

martedì 23 maggio 2017

Solidarietà ai colleghi


Passano gli anni e rivedi come in un deja vu le stesse scene, gli stessi riti, la stessa indifferenza ai drammi delle persone. Nel frattempo i colleghi sono meno giovani di ieri e nessuno osa più usare l'espressione "giovani precari", sarebbe quasi provocatorio.

http://lanuovaecologia.it/ispra-occupata-sede-licenziamenti/

http://www.giornalettismo.com/archives/2217394/ispra-precari-sede-occupata/

http://www.ildiariodellavoro.it/adon.pl?act=doc&doc=64228

martedì 16 maggio 2017

Sentenze e tweet

Leggo su La Repubblica la notizia della sentenza della prima sezione penale della Suprema Corte che condanna un cittadino indiano che voleva circolare con un 'coltello sacro' secondo i precetti della sua religione. Il divieto di portare armi, salvo casi stabiliti dalla legge, è sancito dalle nostre norme e non c'è nessuna ragione perché un cittadino di qualunque provenienza si sottragga a questo divieto.

Da questo punto di vista la sentenza è inappuntabile eppure, se il virgolettato dell'articolo citato riporta fedelmente quanto scritto nella sentenza, contiene un messaggio a mio avviso avvilente. Avvilente perché denuncia un'incapacità di pensare alla profondità e alle conseguenze delle parole usate. Nella sentenza della Corte di Cassazione si legge che "è essenziale l'obbligo per l'immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale, in cui ha liberamente scelto di inserirsi, e di verificare preventivamente la compatibilità dei propri comportamenti con i principi che la regolano e quindi della liceità di essi in relazione all'ordinamento giuridico che la disciplina".

Buon senso? No. Una frase sciatta, pensata male e scritta peggio. L'immigrato, come qualunque altro soggetto, che vive in uno Stato di Diritto deve conformarsi alle leggi vigenti in quello Stato. Vigenti, ovvero riconosciute valide in una determinata fase storica, fino a eventuali modifiche. I "valori occidentali" sono un concetto estraneo al Diritto, semmai sottesi alle norme che una società esprime e che devono essere il solo oggetto di valutazione da parte della magistratura. L'utilizzo dell'espressione "valori occidentali" in una sentenza mostra una permeabilità inaccettabile a un dibattito da bar, spesso condotto tra ubriachi.

I valori occidentali, se di valori vogliamo parlare, sono i tre principi continuamente richiamati e continuamente traditi della Rivoluzione francese, sono i principi richiamati nei primi 12 articoli della nostra Costituzione (con personale riserva per l'art. 7). Non portare armi per quanto importante e fatte salve le derive da farwest che ci accingiamo a percorrere, non è un valore occidentale. Di quale occidente parlano i giudici? Quello della Francia, dell'Italia, o quello degli Stati Uniti dove puoi procurarti un'arma al supermercato? Da giudici della Cassazione ci si aspetterebbe un'attenzione alle parole maggiore di quanta se ne dedica per scrivere un post su facebook (consiglio la lettura dell'articolo di Gilioli).

Si assiste a un intollerabile impoverimento del pensiero concettuale seguito o determinato da un impoverimento del linguaggio. Leggiamo sentenze scritte con la sciatteria di un tweet e ci meravigliamo della perdità di credibilità delle istituzioni. Quale futuro possiamo aspettarci in queste condizioni? Ci meravigliamo della deriva politica! Ma di cosa ci meravigliamo? C'è una deriva dello Stato e non da oggi, una deriva del linguaggio e del pensiero. Se uno scrive più di 130 caratteri è barboso, se ti permetti di fare una citazione sei uno che rompe, se solleciti il pensiero ti ritrovi insieme a pochi intimi e ti va bene se non ti danno del narcisista perché hai un blog! E' in questo letamaio che proliferano politici che non sanno quello che dicono, comparse da quattro soldi che si dimezzano lo stipendio e diventano statisti, magistrati che sollevano polveroni su ipotesi di indagini senza prove, magistrati che entrano e escono dalla politica magari tenendosi l'aspettativa per avere il piede in due scarpe e al diavolo la separazione dei poteri, a proposito di valori occidentali! In queste condizioni quale senso dello Stato è possibile coltivare, quale peso possono rivendicare le istituzioni?

Le istituzioni sono una cosa seria. E' intollerabile che parlino con la leggerezza con cui scrive un qualunque utente della rete, sottoscritto compreso. Tempi e modi del linguaggio sono cambiati dai tempi di Bismarck e la rete è stata determinante per questa rivoluzione, ma le istituzioni devono continuare a parlare da istituzioni non da followers di un qualche umore del momento. Se cadono in questa rete rischiano di non uscirne se non indebolite e in definitiva inutili.

mercoledì 10 maggio 2017

Gli errori cognitivi dell'animale razionale (3)

Insomma da quanto detto finora sembra che ce la cantiamo, ce la suoniamo e ce la balliamo da soli. Niente di nuovo sotto il sole. Pirandello molto tempo fa aveva già detto tutto quello che c'era da dire al riguardo. Altro che post-verità di cui si parla oggi come se fosse di recente scoperta. Ci raccontiamo, o siamo indotti a raccontarci, una storia che conforta i nostri timori più reconditi e restiamo al calduccio nella nostra bolla cognitiva fino a quando non arriva una variazione più o meno disastrosa a risvegliarci dal torpore, allora cambiamo versione della storia e riprendiamo a credere come prima, più di prima! Pensandoci bene sembrerebbe che nelle trappole cognitive ci viviamo in continuazione. Non facciamo altro che vivere in una trappola che ripariamo standoci dentro, la giara di Pirandello appunto.

In definitiva cos'è la caverna di Platone se non una trappola cognitiva? A essere ottimisti potremmo pensare che usciamo dalle trappole solo quando artisti, filosofi, poeti o scienziati (elencati in ordine alfabetico) ci svegliano e ci fanno vedere cose non viste prima. Il dilemma è serio. Usciamo davvero dalle trappole cognitive o non facciamo altro che passare da una trappola all'altra? Ideologie, visioni del mondo, modelli e schemi concettuali sono utili strumenti ermeneutici di sistematizzazione e conoscenza che rischiano sempre di trasformarsi in trappole per la stessa conoscenza quando l'assuefazione impedisce di vederne i limiti. Dovremmo chiederci continuamente "c'è altro che non sto considerando?". In questa domanda risiede la necessità del confronto con gli altri, l'essenzialità della dialettica. Senza il confronto con gli altri siamo come pesci nella bolla che pensano che il mare sia la bolla, come quelli che confondono le relazioni sociali con i social!

Ma attenzione, senza un senso critico ben temperato anche la domanda "c'è altro che non sto considerando?" può trasformarsi in un pericoloso "c'è qualcosa che mi stanno nascondendo?" In questo modo si entra in una trappola cognitiva simile a quella del paranoico, una trappola che oggi racchiude un gran numero di persone. I motivi per cui si entra in questa trappola sono molteplici: sfiducia nella politica, diseguaglianza sociale, principi calpestati e traditi, smantellamento dei dispositivi pubblici della conoscenza come la cara vecchia scuola. In un contesto simile l'attuale potenziale di comunicazione (web, social, ecc.) può costituire un fattore di amplificazione devastante della cultura del sospetto e non può sostituire i dispositivi della conoscenza messi in disuso. Oggi si parla della società della conoscenza ma in queste condizioni può crescere solo una società dietrologica, una società del complotto.

Aspettate un momento, ho un sassolino nella scarpa che devo togliermi prima di riprendere a scrivere seriamente (più o meno seriamente). Ehi, complottista! Ho una notizia per te. Se non conosci quello che succede non è perché ti tengono nascosto quello che succede. E' perché sei ignorante. Non ti offendere, anche io sono ignorante ma io lo so e cerco di colmare la mia ignoranza anche se mi costa fatica, tu invece non sai di essere ignorante e questo fa di te un imbecille. Sicuramente qualcosa sottobanco viene fatto, non posso negarlo, ma ti assicuro che non è la stragrande maggioranza delle cose che non sai. Quelle non le sai perché sei ignorante. Questa però è sia una brutta notizia sia una buona notizia. Brutta perché se sei un imbecille toglie ogni alibi alla tua imbecillità, buona perché se sei solo ignorante allora puoi colmare la tua ignoranza.

Riprendiamo il discorso. Continuando di questo passo una minoranza farà parte della società della conoscenza e la maggioranza farà parte della società che fa uso passivo degli strumenti della conoscenza, dei consumatori nella migliore delle ipotesi. Un segnale preoccupante di questo problema lo vediamo in paesi come gli Stati Uniti che a fronte di una produzione scientifica di tutto rispetto mostrano livelli di istruzione diffusa scandalosi con una nutrita fetta di popolazione che ancora pensa che l'evoluzione sia una favola blasfema. Lo vediamo in Italia con un tasso di analfabetismo funzionale che fa paura nonostante faccia parte del G7! Ha ragione da vendere Marc Augé quando dice “la sola utopia valida per i secoli a venire, le cui fondamenta andrebbero urgentemente costruite o rinforzate: l’utopia dell’istruzione per tutti, la cui realizzazione appare l’unica possibile via per frenare, se non invertire, il corso dell’utopia nera che oggi sembra in via di realizzazione: quella di una società mondiale ineguale, per la maggior parte ignorante, illetterata o analfabeta, condannata al consumo o all’esclusione, esposta ad ogni forma di proselitismo violento, di regressione ideologica e, alla fin fine, a rischio di suicidio planetario.”

La storia che ci raccontiamo, tempo fa si diceva narrazione oggi siamo passati allo storytelling, è quasi sempre il risultato di una focalizzazione. Consideriamo alcuni aspetti della realtà e ne tralasciamo altri. Non possiamo fare altrimenti, i nostri sensi sono evoluti per cogliere alcuni elementi di quanto ci circonda e tralasciarne altri. Di fatto siamo evoluti per cogliere stimoli compatibili o meno con la sopravvivenza, per andare incontro ai primi stimoli e evitare i secondi, ma le condizioni ambientali che interferiscono con la nostra vita sono cambiate in fretta e gli stimoli di oggi non sono gli stessi del paleolitico. Il problema mostra tutta la sua insidia quando il pensiero assume valenza totale, direi totalitaria, ignorando l'esistenza di quanto non prendiamo in considerazione. Invece quello che tralasciamo continua a esistere e quando ci andiamo a sbattere irrompe nel nostro panorama cognitivo. I cambiamenti climatici sono un drammatico esempio di fenomeni che avvengono a scale che sfuggono ai nostri sensi. Li abbiamo ignorati per decenni e adesso ci stiamo andando a sbattere.

Un'altra focalizzazione a mio avviso disastrosa è la convinzione che tutto sia frutto dell'ingegno e della tecnica. Non è un caso che la figura dell'ingegnere sia oggi ritenuta imprescindibile per risolvere qualunque problema della nostra epoca, ovviamente affiancata dall'opportuno economista per valutare la fattibilità economica della soluzione! Le discipline umanistiche, vero tessuto connettivo del nostro sviluppo, collettivo e individuale, sono snobbate quando non bandite. Ma c'è una vittima ancora più eccellente di questa distorsione tecnicista. Non tutto è il risultato di un progetto pianificato. La vita, come fenomeno biologico, non è il risultato di un progetto. La natura, la biodiversità, l'evoluzione sono un magnifico, inatteso e continuo miracolo di ordine e disordine. Abbiamo la convinzione di essere qui per un disegno preciso, per uno scopo scritto dall'origine dei tempi e l'idea che potremmo non essere qui per sempre, come specie intendo, non ci sfiora nemmeno. Pensiamo di imbrigliare l'imprevisto in categorie come la storia o la scienza, prendendoci libertà che farebbero drizzare i capelli a storici e scienziati. Tra il 1927 e il 1937 Antonio Gramsci appuntò in carcere quella che è una delle più grandi distorsioni cognitive della nostra epoca. "La scienza. Accanto alla più superficiale infatuazione per la scienza, esiste in realtà la più grande ignoranza dei fatti e dei metodi scientifici, che sono cose molto difficili e lo diventano sempre più per il progressivo specializzarsi di nuovi rami della conoscenza. Superstizione scientifica che porta con sé illusioni ridicole e concezioni più infantili ancora di quelle religiose. Nasce una specie di aspettazione del paese di Cuccagna, in cui le forze della natura, con quasi nessun intervento della fatica umana, daranno alla società in abbondanza il necessario per soddisfare i suoi bisogni. Contro questa infatuazione i cui pericoli ideologici sono evidenti (la superstiziosa fede nella forza dell’uomo porta paradossalmente a isterilire le basi di questa forza stessa), bisogna combattere con vari mezzi, di cui il più importante dovrebbe essere una maggiore conoscenza delle nozioni scientifiche essenziali, divulgando la scienza per opera di scienziati e di studiosi seri e non più di giornalisti onnisapienti e di autodidatti presuntuosi.
Si aspetta «troppo» dalla scienza, e perciò non si sa valutare ciò che di reale la scienza offre." (Quaderni del carcere).

Una superficiale infatuazione dice Gramsci. Oggi siamo tutti convinti di essere diretti discendenti di Prometeo e dimentichiamo di essere anche pronipoti di Epimeteo! E' necessario distinguere con accortezza tra ragione, scienza e tecnica e capire in che relazione sono tra loro e con il mercato, ultima trasfigurazione di ciò che è invisibile e immortale. Anche questa una distorsione cognitiva mica da poco! La visione neoliberista dell'economia, modello di organizzazione temporanea dell'umanità, diventa espressione razionale di una cosmologia stabilita ab aeterno senza alternative possibili. Una disciplina con forti valenze morali come l'economia assurge a legge fisica degli scambi commerciali e quello che vale in natura è trasferito nella morale dando compimento a una delle più perniciose fallacie del pensiero, la fallacia naturalistica che confonde descrizione e prescrizione. Ciò che è diventa ciò che deve essere. Nessuna differenza tra natura e cultura quindi, quello che avviene in natura vale anche per l'organizzazione sociale. Tutto bene? Certo, fatto salvo che non c'è niente di più "naturale" di epidemie, terremoti, carestie, predazione, ecc. ecc.

Insomma non è da escludere che la nostra organizzazione sociale sia frutto di colossali distorsioni cognitive che durano decenni! Dalla fine degli anni '70 ha preso piede la narrazione in cui lo Stato è diventato il problema anziché la soluzione. Continuiamo imperterriti con questa narrazione del tutto indifferenti all'evidenza dei fatti che dicono che da quando è così la disuguaglianza è cresciuta, il reddito e la ricchezza si è concentrata nelle mani di una minoranza sempre più esigua e il bacino dei diseredati è aumentato fino a formare una miscela esplosiva e incontrollabile. Guasto è il mondo, titolava Tony Judt uno dei suoi ultimi libri. Era il 2010, nel frattempo sono passati altri anni e non mi sembra di vedere segni di miglioramento.

Federico Caffè diceva: "Una efficienza priva di ideali ci riporta al clima intellettuale che ha consentito di designare l’economia come una scienza crudele." Questa affermazione fa riflettere sulla versione dei fatti che più ci piace credere o alla quale siamo indotti a credere. Oggi che ideali e utopie sono dati per morti, rimasti sul terreno insanguinato del '900, resta un'efficienza meccanica e fredda, fatta di macchine per macchine. Il fattore umano è un disturbo da smussare, adeguare, se necessario eliminare e sacrificare sull'altare della competitività e della produttività. Questa è la storia che ci raccontiamo oggi, una storia senza storia, avvolta in un presente eterno, senza futuro e senza passato. Oggi il futuro è senza storia e l'unico orizzonte è un indefinito incremento di competitività e produttività ignorando la natura asintotica di questi miti contemporanei, per non parlare dei limiti del pianeta che altrimenti il discorso si complicherebbe di più e a noi piace semplificare!

***

Questo discorso è partito da una giocosa presentazione delle distorsioni cognitive, poi mi sono lasciato portare da associazioni più o meno libere verso considerazioni la cui pertinenza con il punto di partenza ognuno valuterà. Prendendomi molte licenze ho utilizzato le distorsioni cognitive per leggere un frammento della nostra attualità. E' una lente molto personale quella attraverso cui ho deciso di guardare, non posso certo pretendere che mi fornisca un'immagine senza distorsioni!

Ma lasciate perdere le mie elucubrazioni. La cosa importante da ricordare è che Roy Cerqueti sabato 27 maggio dalle 18:00 farà una divertente presentazione delle distorsioni cognitive senza frantumarvi i cabasisi, anzi facendovi divertire. Un assaggio di quello che si dirà è contenuto nel primo post di questa serie.
E' un evento di raccolta fondi per sostenere la scuola Hands of Love di Nairobi. Il contributo per la serata è a offerta libera e tutti i contributi andranno a sostegno della scuola.
La presentazione sarà a Monterotondo, nella galleria Grafica Campioli di Anna Chiara Anselmi. La galleria è nel centro storico di Monterotondo, adiacente a Palazzo Orsini (ora Palazzo Comunale) in Via Vincenzo Bellini, 46, a soli 25 chilometri da Roma.
Al termine della presentazione offriremo un piccolo rinfresco per continuare a stare insieme sotto le stelle nel chiostro della galleria.
E' possibile avere fino a 40 partecipanti. Prenotate con una mail a direttamenteonlus@gmail.com
Per altre informazioni leggete il sito Direttamente Onlus o la pagina facebook.

mercoledì 3 maggio 2017

La cattura del gatto [Note(6)]

Da alcuni anni il cosiddetto occidente è ‘impegnato’ in una serie di ‘guerre preventive’ cominciate nell’intento di ‘esportare la democrazia’ per assicurare ai popoli afgani e irakeni una ‘libertà duratura’, queste alte(rate) manifestazioni dello spirito hanno preso le mosse da una serie di “spiritose invenzioni”[1] di G.W. Bush e T. Blair cui hanno allegramente partecipato i governi di mezzo mondo, Italia compresa con altre nobili bugie di platoniana memoria. Naturalmente gli USA, unica superpotenza superstite dopo la fine della guerra fredda, ha assunto la guida del sacro vessillo della libertà per esportare la democrazia altrove (modificare il costo del petrolio pare sia ancora impopolare come motivo per dichiarare guerra). Si pensa agli USA come alla più grande democrazia del mondo e c’è da chiedersi se anche questa non sia una spiritosa invenzione.
L’Atene di Clistene ci ha insegnato il valore della democrazia, l’America di Bush ci ha insegnato il suo prezzo. Secondo Hegel, nel caso dei greci “la schiavitù era la condizione necessaria di una simile bella democrazia”[2]. Oggi che l’uomo è stato finalmente “pensato come universale”, l’astrazione ideale ha estinto ogni concreta identità e la schiavitù è abolita, abbiamo le condizioni per la bella democrazia americana, emancipati dal dolore della carne e compiaciuti della moderna consapevolezza che le idee non sanguinano.


[1] Così Carlo Goldoni chiamava le bugie di Lelio, figlio di Pantalone, nella commedia “Il bugiardo”.
[2] G.W.F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia. La Nuova Italia, 1966. Cit. da Salvatore Natoli, La salvezza senza fede. Feltrinelli, 2007, p. 126.