Pagine

martedì 16 maggio 2017

Sentenze e tweet

Leggo su La Repubblica la notizia della sentenza della prima sezione penale della Suprema Corte che condanna un cittadino indiano che voleva circolare con un 'coltello sacro' secondo i precetti della sua religione. Il divieto di portare armi, salvo casi stabiliti dalla legge, è sancito dalle nostre norme e non c'è nessuna ragione perché un cittadino di qualunque provenienza si sottragga a questo divieto.

Da questo punto di vista la sentenza è inappuntabile eppure, se il virgolettato dell'articolo citato riporta fedelmente quanto scritto nella sentenza, contiene un messaggio a mio avviso avvilente. Avvilente perché denuncia un'incapacità di pensare alla profondità e alle conseguenze delle parole usate. Nella sentenza della Corte di Cassazione si legge che "è essenziale l'obbligo per l'immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale, in cui ha liberamente scelto di inserirsi, e di verificare preventivamente la compatibilità dei propri comportamenti con i principi che la regolano e quindi della liceità di essi in relazione all'ordinamento giuridico che la disciplina".

Buon senso? No. Una frase sciatta, pensata male e scritta peggio. L'immigrato, come qualunque altro soggetto, che vive in uno Stato di Diritto deve conformarsi alle leggi vigenti in quello Stato. Vigenti, ovvero riconosciute valide in una determinata fase storica, fino a eventuali modifiche. I "valori occidentali" sono un concetto estraneo al Diritto, semmai sottesi alle norme che una società esprime e che devono essere il solo oggetto di valutazione da parte della magistratura. L'utilizzo dell'espressione "valori occidentali" in una sentenza mostra una permeabilità inaccettabile a un dibattito da bar, spesso condotto tra ubriachi.

I valori occidentali, se di valori vogliamo parlare, sono i tre principi continuamente richiamati e continuamente traditi della Rivoluzione francese, sono i principi richiamati nei primi 12 articoli della nostra Costituzione (con personale riserva per l'art. 7). Non portare armi per quanto importante e fatte salve le derive da farwest che ci accingiamo a percorrere, non è un valore occidentale. Di quale occidente parlano i giudici? Quello della Francia, dell'Italia, o quello degli Stati Uniti dove puoi procurarti un'arma al supermercato? Da giudici della Cassazione ci si aspetterebbe un'attenzione alle parole maggiore di quanta se ne dedica per scrivere un post su facebook (consiglio la lettura dell'articolo di Gilioli).

Si assiste a un intollerabile impoverimento del pensiero concettuale seguito o determinato da un impoverimento del linguaggio. Leggiamo sentenze scritte con la sciatteria di un tweet e ci meravigliamo della perdità di credibilità delle istituzioni. Quale futuro possiamo aspettarci in queste condizioni? Ci meravigliamo della deriva politica! Ma di cosa ci meravigliamo? C'è una deriva dello Stato e non da oggi, una deriva del linguaggio e del pensiero. Se uno scrive più di 130 caratteri è barboso, se ti permetti di fare una citazione sei uno che rompe, se solleciti il pensiero ti ritrovi insieme a pochi intimi e ti va bene se non ti danno del narcisista perché hai un blog! E' in questo letamaio che proliferano politici che non sanno quello che dicono, comparse da quattro soldi che si dimezzano lo stipendio e diventano statisti, magistrati che sollevano polveroni su ipotesi di indagini senza prove, magistrati che entrano e escono dalla politica magari tenendosi l'aspettativa per avere il piede in due scarpe e al diavolo la separazione dei poteri, a proposito di valori occidentali! In queste condizioni quale senso dello Stato è possibile coltivare, quale peso possono rivendicare le istituzioni?

Le istituzioni sono una cosa seria. E' intollerabile che parlino con la leggerezza con cui scrive un qualunque utente della rete, sottoscritto compreso. Tempi e modi del linguaggio sono cambiati dai tempi di Bismarck e la rete è stata determinante per questa rivoluzione, ma le istituzioni devono continuare a parlare da istituzioni non da followers di un qualche umore del momento. Se cadono in questa rete rischiano di non uscirne se non indebolite e in definitiva inutili.

7 commenti:

  1. Coloro che si appellano ai valori troppo facilmente giocano col fuoco. Lo sappiano o meno, finiscono col caratterizzare da subito il proprio discorso in termini polemogeni. Come tutti quelli che s'intasano la bocca con espressioni tipo "scontro di civiltà".

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Giocano con il fuoco, già! e non se ne rendono conto questi cialtroni, questa è la cosa più dannosa.

      Elimina
  2. Concordo in linea di principio con lo spirito di questo post e con quanto scrive Gilioli, di cui tu suggerisci la lettura; un conto è rispettare le leggi, gli usi e i costumi del popolo che ti ospita o di cui sei in visita temporanea, un conto è uniformarsi ai valori di quel posto, nel senso di approvarli, condividerli, farli propri.
    Io posso accettare, in visita in un paese islamico integralista, che la mia donna debba indossare uno chador, questo non vuol dire che io e lei dobbiamo anche approvare e condividere tutto ciò di cui lo chador è simbolo, e ciò che rappresenta a livello di strutturazione sociale e ruolo della donna nella società.
    C’è però un limite a questo stare al gioco senza fare il gioco, che è temporale, perché se si tratta di una vacanza posso ancora sottopormi a costumi non miei in ossequio e nel rispetto di ciò che non condivido, ma se io stabilisco la mia residenza in quel luogo, il mio accettare quell’uso diventa consenso definitivo, anche se nell’intimo non sono convinto del valore di quella cosa, che mi diventa intollerabile imposizione … e qui mi vengono in mente le migliaia di ebrei “marrani” che venivano convertite a forza e costrette a presenziare a rituali per loro estranei, mentre i propri rituali potevano svolgersi solo in gran segreto e a rischio della vita o dell’espulsione dal Paese.
    Le leggi di un Paese poi, possono essere diretta espressione di una religione, che impone che so io il rispetto assoluto per la vita, quindi colpisce l’aborto e l’eutanasia, oppure la proibizione assoluta per una donna da una certa età in poi di farsi vedere da chiunque eccetto che dal marito, e di indossare vestiti-sarcofago per prevenire ogni possibilità che qualsiasi altro uomo posi l’occhio sul suo corpo.
    Ci possono poi essere leggi di espressione laica, ma figlie del fanatismo, dell’ignoranza, delle pochezze e dell’imbecillità dei legislatori, come ad esempio qualsiasi ordinanza che impedisse a chiunque di erigere luoghi di culto dove potersi ritrovare, dove celebrare i propri rituali, dove poter pregare il loro Dio; o leggi che impediscano a chiunque di seguire la propria inclinazione professionale, esistenziale, sessuale o di poter stare in intimità con chi vuole indipendentemente dal fatto che sia dello stesso sesso, religione o etnia.
    Di esempi ce ne potremmo ricordare molti altri, che rendono arduo per chiunque o anche solo per una minoranza, rispettare leggi formulate in questo senso; una legge deve essere formulata in modo da garantire tutti quanti, anche le minoranze, e se fa qualche discriminazione, come nel caso di privare di un coltello sacro un indiano Sihk (lui non la considera un’arma, ma un amuleto sacro, e si può far più male a qualcuno fracassandogli il cranio col turibolo dell’incenso che non con un coltello a zig zag di tipo malese), bisogna che io dimostri che questa privazione di libertà vada davvero a garantire tutta la collettività.
    Ciao

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Parlo di una sentenza emessa in uno stato nominalmente laico e nominalmente democratico dove le leggi dovrebbero essere il risultato di una dialettica tra le diverse istanze sociali che nelle diverse fasi storiche trovano sintesi in un dispositivo normativo. Nessuno può pensare che una legge sia ontologicamente giusta, soprattutto se regolamenta la possibilità o meno di portare oggetti come un coltello, anzi un pugnale. Si ricorre contro le leggi considerate ingiuste e, stendendo un velo pietoso sulle leggi incostituzionali, si ricorre allo strumento referendario anche per cambiare le leggi considerate ingiuste. Nello specifico della sentenza l'utilizzo del concetto di valori occidentali rivela un delirio di cui non ci si accorge più.
      Stando alle attuali norme è del tutto irrilevante che il signore indiano non consideri un'arma il proprio pugnale, così come è irrilevante che io ritenga un'arma un mazzo di chiavi con cui è possibile ferire in volto una persona perché io pretenda che sia vietato portare chiavi. C'è una normativa riguardo i pugnali e a quella occorre attenersi, altrimenti si ricorre come del resto è stato fatto. Non vedo alcuna necessità di richiamarsi a un concetto tanto aleatorio quanto difficile come i valori occidentali in una sentenza. Ciao

      Elimina
  3. Quali sarebbero i valori del mondo occidentale?
    Domanda retorica per un indefinito concetto di "occidentale".

    Grazie per aver scritto questo post.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Alla tua domanda retorica puoi giurare che risponderanno torme di imbecilli che richiamandosi a questa sentenza strombazzeranno valori cristiani e altre amenità.

      Elimina
  4. Gli stati di diritto chiedono di rispettare leggi. Gli stati totalitari impongono valori

    RispondiElimina

Adoro lo scambio di opinioni e i commenti mi fanno molto piacere ma se stai scrivendo qualcosa che riterrò offensivo o di cattivo gusto allora il commento non avrà risposta e sarà cancellato.
Per evitare spam la moderazione è attiva solo per post pubblicati da più di 30 giorni.