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mercoledì 23 marzo 2011

La normalità della guerra

«Ed eccoci qua.

L’ottavo anniversario di “dominio rapido” e dell’invasione in Iraq. Dieci anni in Afghanistan.

La guerra è così normale, così banale, che noi semplicemente l’accettiamo - come controllare il bollettino meteo giornaliero - nuvoloso, con possibilità di malinconia e di morte.



Will Eddie una volta mi disse “la Storia è soltanto un vecchio martini con un tocco di fresco.”

Le parole e le frasi si riversano attraverso le onde radio: i nostri coraggiosi uomini e donne - azione giustificata in difesa della libertà - il pieno sostegno delle Nazioni Unite - congelare le risorse - ampia coalizione - Risoluzione dell’Onu - la forza non è la nostra prima scelta - potenza aerea schiacciante con precisione di puntamento.

E così va. Una nuova guerra fatta della stessa vecchia carne e bombe.



Nessun problema dunque, questo sarà un intervento breve. Una questione di giorni e poi passerà alla supervisione della NATO. Un paio di missili, alcune bombe su obiettivi accuratamente selezionati e sarà tutto finito. Pulito. Lontano. Nessun coinvolgimento. Morte tecnologica. Senza troppe complicazioni.

Guerra lunga, guerra breve, e intervallo tra le guerre. Taglia unica buona per tutti. Fai un passo avanti.

La guerra è la nostra nuova normalità.
»

Questo articolo, secco come un chiodo arrugginito, è stato scritto da John Cory per Reader Supported News. Mi ha colpito proprio la sua asciuttezza.

***

Nella risoluzione ONU S/RES/1973 sulla situazione in Libia, approvata il 17 marzo (qui l'originale e qui una sintesi in italiano) si legge al paragrafo 2:

"Si sottolinea la necessità di intensificare gli sforzi per trovare una soluzione alla crisi che risponda alle legittime richieste del popolo libico e si prende atto delle decisioni del Segretario Generale di mandare il suoi inviati speciali in Libia e del Consiglio per la Sicurezza e la Pace dell'Unione Africana di inviare i suoi Alti Commissari in Libia con l'obiettivo di facilitare il dialogo per portare alle riforme politiche necessarie per trovare una soluzione pacifica e sostenibile."

al paragrafo 4 si legge:

"Autorizza gli Stati membri che hanno notificato al Segretario Generale,
agendo a livello nazionale o attraverso organizzazioni o accordi regionali, che operano in collaborazione con il Segretario generale, ad adottare tutte le misure necessarie, [...], per proteggere i civili e le aree occupate da civili sotto minaccia di attacco nella Jamahiriya araba libica, compresa Bengasi, escludendo una forza di occupazione straniera in ogni forma su qualsiasi parte del territorio libico [...]
"

F. Goya, Saturno che divora i suoi figli, 1819-1823.
Museo del Prado, Madrid.

La risoluzione è stata approvata il 17 marzo, due giorni dopo, il 19 marzo, è cominciato l'attacco aereo e il lancio di missili dai sommergibili e dalle navi, esattamente quello che la risoluzione ONU non contemplava, nonostante tutti si ammantino del mandato dell'ONU. Difficile pensare che in soli due giorni siano state tentate tutte le vie per una soluzione diplomatica, ancora più difficile pensare che la "macchina da guerra" non fosse già pronta per partire visto che in appena due giorni era già operativa.

Come dice Gino Strada, se il massimo del ragionamento degli esseri umani è "io ti bombardo, io ti ammazzo" non lamentiamoci dei pitbull. (Grazie a Rosa per aver pubblicato il video di Gino Strada).

3 commenti:

  1. Caro Antonio,
    c'è una normalità della guerra, agghiacciante, terrificante, ma è come un'abitudine insidiosa che sfiora il cinismo, che fa dire a sociologi, a psicologi, a psicoanalisti, a politici, ecc. che l'aggressività è nell'uomo, e che il suo manifestarsi è inevitabile. Una normalità smentita dalle grandi menti della cultura dell'Occidente, da Montaigne e da Etienne de la Boétie, che nel cinquecento nel cuore delle guerre di religione continuavano a chiedersi con angoscia: "Cos'è questa follia che attraversa l'Europa?".
    Poi, ci sono le guerre come emergenze, sono già li, solo in giorno prima non se ne sapeva nulla, si va bene qualcuno l'aveva detto che la situazione li era critica, però è passato inosservato. Che fare? Non vorremo forse andare li con la diplomazia a discutere con quelli che usano i missili, con i fanatici, con i fondamentalisti, con gli islamici, con gli integralisti, con i talebani, con i pazzi, con che si fa scudo dei propri figli, con chi bombarda i propri civili .... (è incredibile la serie di nefandezze con cui si può raffigurare una parte per renderla odiosa e farla risaltare come in nemico naturale, il cattivo da fermare, da combattere, a tutti i costi, anche usando nefandezze pari alle sue). Sull'onda dell'indignazione e dell'emergenza è facile poi giustificare ogni reazione, ogni contromossa. Rimango sempre più scettico, ho l'impressione che talvolta diamo (democraticamente, s'intende) mandato al piromane di spegnere l'incendio.
    Un saluto

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  2. Non solo io ti bombardo e io ti ammazzo, ma, peggio ancora, io bombardo alla cieca ammazzando chi capita, visto che il tiro al bersaglio sulle popolazioni civili sembra l'unica risorsa del moderno ipertecnologico guerreggiare...

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  3. Garbo, Montaigne o pensatori come lui sono emergenze dell'umanità e non è corretto, purtroppo, dire che l'umanità è capace di altrettanto. Dire che l'aggressività è insita nell'uomo, come accettazione di un fatto ineluttabile, è altrerttanto sbagliato. E' vero che siamo a metà strada, come dice il primatologo Frans de Waal, tra gli irascibili scimpanzè ed i pacifici e goderecci bonobo, sta a noi cercare i parenti più prossimi.
    Zio Scriba, questa storia delle bombe intelligenti se non fosse da piangere sarebbe da creparsi di risate, ma tu l'hai mai visto uno strumento più intelligente del suo utilizzatore?

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