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lunedì 20 settembre 2010

Riflessione tardiva

Troppo bello per non copiarlo, l'autore mi perdonerà. Il pezzo che segue è un post ripreso dal blog Bioetica, ed è una definizione dei diritti che trovo straordinaria per le innumevoli vie di riflessione che apre.

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Cosa sono i diritti (da Bioetica)

Kent Pitman, «Original Intent 2.0», Speaking Out in the Open, 23 agosto 2010:

I diritti non sono altro che promesse che facciamo a noi stessi nei nostri giorni migliori, impegnandoci a seguire la condotta cui aspiriamo, sperando che nei nostri giorni peggiori non saremo tanto precipitosi e tanto potenti da rimangiarcele prima di riguadagnare la sanità mentale.
Speriamo di non trovare la chiave per annullarle in un attimo – perché quella chiave apre qualsiasi serratura.

Nell’originale:

Rights are just promises we make to ourselves on our better days, binding us to the conduct we aspire to, hoping that on our worse days we will not be quick enough or powerful enough to undo them before we regain our sanity.
Let’s hope we don’t learn the key to undoing them quickly – because that key opens any lock.

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Dopo averla letta più e più volte propongo l'esperimento mentale di accostarla alla dichiarazione di fine agosto che il ministro dell'economia Tremonti ha fatto alla Berghem Fest: “Robe come la 626 (la legge sulla sicurezza sul lavoro, ndr.) sono un lusso che non possiamo permetterci. [...] Non è il mondo che si può adeguare all’Europa, è l’Europa che si deve adeguare al mondo”. Il ministro è lo stesso profondo pensatore che al meeting di Comunione e Liberazione ha introdotto il singolare concetto dei diritti imperfetti (se non si possono mantenere "diritti perfetti" allora si hanno diritti imperfetti!), concetto che il ministro si degnerà di spiegare quando avrà tempo libero dai numerosi impegni istituzionali. Per quanto ne so i diritti non possono mai dirsi pienamente perfetti[1], ma che siano consapevolmente imperfetti, che si persegua un diritto imperfetto a fronte dell'avvenuto riconoscimento di un diritto meno imperfetto mi è davvero nuova. Abbia pazienza il ministro se chiedo spiegazioni ma non tutti sono di mente pronta ad afferrare le novità come i frequentatori del meeting di Rimini!
Ma lasciamo perdere la mia durezza di comprendonio e proseguiamo con l'esperimento mentale. Dopo aver fatto l'accostamento che vi propongo proseguite l'esperimento immaginando l'evoluzione della società secondo il concetto dei diritti di Pitman e quella secondo il concetto dei diritti di Tremonti che definirei "a fasi alterne". In un caso avrete un progressivo riconoscimento dei diritti sociali e civili in un contesto economico necessariamente egualitario, nell'altro avrete una società in cui la ricchezza economica totale è maggiore ma concentrata nelle mani di chi decide quando e per chi i diritti sono un lusso e quando e per chi non lo sono. Nel primo caso si determina un contesto espansivo di emancipazione sociale, nel secondo caso non può che stabilirsi una contrazione dei diritti nei soggetti sfavoriti e quindi di emarginazione. Il termine di paragone del primo caso è il mondo come è sempre stato desiderato (e che la vecchia Europa ha provato a realizzare dopo la II guerra mondiale, pur con mille limiti e difetti), il termine di paragone del secondo caso è la storia come l'abbiamo conosciuta prima delle lotte per il riconoscimento dei diritti sociali e civili. Provate a immaginare le due società, provate a concepirle in termini di benessere collettivo non solo economico ovviamente, se riuscite a farlo vedrete chiaramente che per Tremonti il principio di non contraddizione del vecchio Aristotele è roba da macero. E il bisogno di regole del mercato per uscire dalla crisi? e la separazione del loglio dal miglio? Ha cambiato idea il ministro o è tornato alla sua vecchia idea della deregulation? Si è mai veramente allontanato da quella idea?
Probabilmente in tempi di crisi economica avere un ministro dell'economia è un lusso, nelle attuali condizioni possiamo permetterci un ministro economico, di sicuro gli deve essere riconosciuto che fa economia di pensiero!

[1] Qui sarebbe necessario dire tante cose e non ho voglia di farlo, basti dire che secondo una lunga tradizione i diritti sono entità preesistenti al loro riconoscimento pertanto ciò che sarebbe imperfetto, perchè storicamente determinato, è proprio questo riconoscimento del diritto che invece è in sè perfetto. Se invece i diritti sono entità esse stesse storicamente determinate, come dice un'altra lunga tradizione filosofica, allora ambiscono ad approssimare la 'perfezione' concepibile in quel dato momento storico altrimenti non avrebbero lo status di diritti.

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