Oggi che José Saramago si è spento dedico poche parole all'esergo di questo blog. E' tratto dal suo romanzo Storia dell'assedio di Lisbona, un romanzo dove la negazione riscrive la storia e la negazione della negazione cela la verità nel gioco di trascrizioni che rivoltano il guanto della storia.
"Mi ami?, e lei se ne sta zitta, guardandolo soltanto, impassibile e distante, rifiutando di pronunciare quel no che lo distruggerà, o quel sì che li distruggerebbe, concludiamone dunque che il mondo sarebbe assai migliore se ciascuno si accontentasse di quello che dice, senza aspettarsi che gli rispondano, e soprattutto senza chiederlo né desiderarlo."
In quel concludiamone dunque si concentra tutto il peso di una verità che annienta, l'attesa per una risposta che terrorizza, il desiderio di una risposta che, affermativa o negativa che sia, farà comunque male. Desiderio dalle conseguenze dolorose eppure irrinunciabile. Quella di Saramago è una conclusione desolata per una domanda che rimane senza risposta. Quel concludiamone dunque, cadenzato come un requiem, è il punto dove la frase si ferma e si addensa, nelle sue prossimità il tempo si arresta e in quella amara conclusione vengono inghiottiti tutti i desideri senza risposta.
Forse la necessaria conseguenza del frammento di Saramago è che il rovesciamento della storia non muterebbe l'esito tragico di uno stallo che è ineluttabile.
ma oggi il mondo è peggiorato di più per la morte di Saramago o per la nomina di un nuovo ministro della repubblica italiana?
RispondiEliminaPropongo "onorevole" tra le voci del nuovo vocabolario della lingua italiota.
per la morte di Saramago, il nuovo 'ministro' non è che l'ennesimo pidocchio tra i capelli del mondo.
RispondiEliminaProposta accolta.
anche questo non è male:
RispondiEliminahttp://miltonfernandez.wordpress.com/2010/06/20/dicono-sia-morto-saramago/
è davvero molto molto bello questo pezzo..."i diversamente vivi" è immensa.
RispondiEliminagrazie