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giovedì 12 novembre 2009

Il governo non sta studiando

Qualche giorno fa Alfano dichiarava: "Il governo non sta studiando alcuna norma relativa alla prescrizione". Quando ascoltavo quelle parole io prendevo in parola il semiministro della giustizia e pensavo che il problema era esattamente quello, che avrebbero fatto una norma per salvare il miserabile perseguitato dai processi senza studiarla. Studiare per alcuni è tempo perso. La norma è arrivata, a firma di Gasparri, Quagliariello e Bricolo, tre noti esperti di diritto prestanome di Ghedini, il celebre giurista della "legge uguale per tutti ma non la sua applicazione". Il Ddl è stato presentato oggi al Senato. La norma si richiama alla tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi in attuazione della Costituzione e dell'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

Bene, il principio è sacrosanto! Il problema però è che solitamente in un processo ci sono almeno due parti in causa. Spessissimo una delle due parti è innocente e l'altra è presumibilmente colpevole. Ora, dato un certo apparato giudiziario, con le sue risorse, umane ed economiche, si ha anche un tempo tecnico per la realizzazione dei processi, in modo che la giustizia possa definire il ruolo delle parti in causa, cercando di mantenere l'equilibrio tra il principio della legittimità della difesa ed il principio della legittimità della richiesta di giustizia della parte lesa. Si dà il caso che entrambe le parti siano cittadini. Quindi se non si interviene sulle risorse dell'apparato giudiziario, conservando l'equilibrio tra i principi citati, la domanda che fa sorgere il Ddl presentato al Senato oggi, che si limita a ridurre i tempi della prescrizione è "quale cittadino intende tutelare la norma? quale delle due parti in causa?"

Provo ad azzardare un giudizio inesperto e una previsione (o un auspicio). Si tratta dell'ennesimo mostro giuridico scritto con i piedi destinato ad essere affossato dalla Corte Costituzionale perché manca del contesto affinché la struttura giudiziaria possa dare concreta applicazione al principio della 'ragionevole' durata fissata dal Ddl (2 anni per grado di giudizio). In buona sostanza, la ragionevole durata dei processi è ragionevole proprio quando si adegua ai vincoli strutturali del sistema giudiziario, non quando è fissata giusto per cancellare i reati finanziari di qualcuno. Prima di intervenire sulla ragionevole durata di un processo occorrerebbe intervenire sulle condizioni che definiscono la ragionevolezza di un termine temporale. E' il solito maquillage, non si ha la forza (né la volontà) di fare le riforme vere e si fanno le norme spot per gettare fumo negli occhi (inoltre devo ammettere che se dovessi pensare ad una rifoma del codice stradale non vorrei certo che la facesse un pirata della strada!).
Io capisco che la disperazione fa perdere i lumi della ragione, capisco anche che è più facile perderli quando la natura non ne ha fatto dono, ma per carità, addirittura dichiarare che non si sta neanche studiando per presentare una norma è francamente troppo!

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Agli incontri scuola-famiglia di un tempo, non so se oggi si usano più, in qualche occasione il docente diceva alla madre desiderosa di sapere del profitto scolastico del proprio pupillo: "Il ragazzo si impegna ma non raggiunge i risultati desiderati." Spesso era un modo educato per dire: "Signora, suo figlio è un caprone, qui ce la stiamo mettendo proprio tutta ma non vediamo molte speranze di riuscita." Era una questione di stile!

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Parlare delle iniziative ad personam o delle immoralità di questo Governo è un insozzamento del pensiero, ma parlarne significa tentare di evitare di cadere ancora di più nel sozzume e nella barbarie. A volte è inevitabile e necessario sporcarsi, per gridare la propria volontà di rimanere puliti (leggi l'articolo di Repubblica).

Clicca sull'immagine per leggere dell'iniziativa organizzata su Facebook.


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