"Concludiamone dunque che il mondo sarebbe assai migliore se ciascuno si accontentasse di quello che dice, senza aspettarsi che gli rispondano, e soprattutto senza chiederlo né desiderarlo." José Saramago
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sabato 3 ottobre 2020
Cruor
Al Museo Bilotti di Roma si va perché c'è la mostra stabile con una ventina di De Chirico ma il museo offre anche mostre temporanee e in questi giorni fino al 10 ottobre ci sono le opere di Renata Rampazzi. Non la conoscevo e l'impatto con le sue opere è netto, forte, chiaro. Il mestruo si fa materia e messaggio e la domanda che assilla davanti alle tele è se un uomo può fare una cosa simile. Il pensiero corre a Burri e a Fontana, e prima ancora ai grumi di colore di Van Gogh ma queste opere poteva concepirle solo una donna che non ha bisogno di attraversare la follia personale o collettiva per conoscere la poetica del sangue, non idealizza ferite che conducono in territori metafisici ma mostra lacerazioni che dalla terra conducono alla terra dopo averne attraversato la materia, perché questo ha dettato la natura, inesorabilmente. Cruor, installazione del 2018 realizzata con tessuti e luci rosse, ci invita a riflettere sulla violenza contro le donne e lo fa facendoci passare in un corridoio di garze rosse ripetendo quell'atto sommamente cruento che è la nascita. L'attraversamento di quel mare rosso di cui quello di Mosè non è che una blanda e debole metafora.
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