M'incantano i
passaggi, le porte di legno, marcio di sole e pioggia, le chiese lebbrose, i muri scorticati dal vento e incrostati di storie. Viavai di eterni viandanti, ante sgangherate attraversate da uomini, donne, animali, spiriti con il tempo fuori dai cardini. M'incanta la luce che urla e trafigge, coltre quieta al tramonto che tinge d’attesa i paesi di poche anime, le piazze stanche d'essere eterne, i muri bianchi di calce, pallidi fantasmi e tempo che crolla lento, l'accartocciarsi frettoloso delle foglie che fuggono i morsi del sole che brucia sassi e pelle. M'incantano i volti di pietra e le mani di contadini e pescatori, corteccia d'ulivo solcata di rughe e sentieri di mappe lacere di viaggi da raccontare. Il vento m'incanta che pettina gli alberi, le case dirute di desolate campagne, i muri a secco di pietre tenute insieme da tele di ragni, le piante timide e generose di segreti solo per reverendi custodi, la pioggia avara che lava sete antica e fango inghiottito da vore campestri, fiumi sotterranei e pozzi artesiani, sorgenti profonde che corrono nel mare madre ansimante che rimbrotta figli disattenti e terra rosso sangue, dorso di drago e scaglie d'arenaria e sterpi, canali secchi di giunchi e serpi. Volto d'ulivo ha la mia gente, pelle di cippo di vite, latte urticante di fico il sangue, fico d'india il cuore, irto di spine e di inattesa dolcezza. M'incanta la mia terra quando mi visita la sua memoria di odori di sugo della domenica, di canti non ancora spenti dai campi di tabacco, di donne velate e vecchi che masticano tempo.
davvero d'incanto
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