Il progetto criminale di Hitler e del regime nazista per l’eliminazione degli ebrei e di tutte le altre categorie discriminate, zingari, omosessuali, oppositori politici è uno dei fatti meglio documentati della storia contemporanea. Questo è un fatto accertato da migliaia di documenti scritti e fotografici, da filmati, da documenti che lo stesso reich ha prodotto e che non è riuscito a eliminare prima che venisse sconfitto. Lo stesso Hitler ha lasciato nei suoi scritti testimonianza delle sue intenzioni nei confronti degli “inferiori”, di quelli che non facevano parte della razza ariana. I suoi stessi gerarchi, sia quelli condannati a Norimberga e in altri processi sia quelli che sono stati successivamente catturati hanno confermato i fatti dell’Olocausto. Fanno parte della documentazione storica le migliaia di testimonianze di chi ha vissuto quell’orrore. Tutti i documenti prodotti, tutte le testimonianze scritte e raccontate convergono a descrivere un fatto storicamente certo. Nessuna incongruenza tra le testimonianze, nessuna incertezza. Noi stessi non siamo ancora così lontani da quel periodo da non sentire più nelle nostre orecchie la voce di chi ha vissuto quei tempi, molti sono morti ma noi siamo i loro figli, i loro nipoti e salvo mettere in dubbio quello che queste persone hanno raccontato e scritto non può esserci spazio per alcuna negazione. Un nome su tutti, Primo Levi, dopo la sua esperienza nei lager è vissuto solo per testimoniare l’orrore, poi non ce l’ha fatta più. Quello che ha vissuto è disponibile per chiunque voglia sapere cosa è accaduto in quei tempi. Molti hanno atteso anni prima di riuscire a trovare il coraggio della testimonianza perché quello che hanno vissuto appariva indicibile anche a loro, volevano seppellirlo per sempre nella loro memoria. Tutta la documentazione storica, tutte le testimonianze prodotte sono passate al vaglio di centinaia di storici. Non sono state trovate testimonianze discordanti, nessuna smentita tra le più diverse documentazioni. Ogni ipotesi di complotto deve fare i conti con una mole di informazioni spaventosa, con una quantità di documenti enorme, con un numero impressionante di storici e di testimoni che concordano sui fatti accaduti senza alcuna smentita tra di loro. Un complotto può reggere a lungo se coinvolge pochissime persone, può reggere per breve tempo se coinvolge molte persone. E’ difficile, se non impossibile, concepire un complotto che coinvolga centinaia di migliaia di persone e che duri per più di 70 anni, tanti ne sono passati da quando furono scoperti i campi di concentramento. Quindi ogni singolo tentativo di negare la realtà di quei fatti ha il dovere etico e storico di fornire prove altrettanto forti per dire che quei fatti non sono accaduti. Per negare quei fatti devono essere fornite prove altrettanto robuste che i documenti che testimoniano la Shoah sono falsi e devono essere forniti documenti autentici che attestano come sono andate le cose. Questi documenti devono subire il vaglio degli storici così come è accaduto per i documenti che testimoniano l’olocausto. L’onere della prova sta a chi sovverte una verità acquisita e certificata. Senza quelle prove nessun discorso negazionista può essere considerato serio.
Finora nessun resoconto negazionista ha trovato riscontro o conferma nella documentazione acquisita e nessuna documentazione autentica è stata prodotta per introdurre anche un ragionevole dubbio in quello che si sa. Quello che accade con il negazionismo dell’olocausto è simile a un congresso di medici dove si discute su basi scientifiche delle modalità di curare l’epatite, poi arriva uno sconosciuto che nega l’efficacia delle cure di cui si discute e dice che l’epatite si cura con una pomata di arnica spalmata sul braccio destro. I medici chiedono conto di quali esperimenti siano stati fatti, dei pazienti che sono stati curati ma si scopre che nessun esperimento è stato fatto secondo un metodo condiviso e che non ci sono vere guarigioni.
Quali sono le ragioni del negazionismo? Perché si diffonde? Su quale terreno cresce? E’ un tema complesso e non ho le competenze per esaminarlo a fondo ma è possibile dire alcune cose. Intanto c’è un solo negazionismo o ce n’è più di uno? A me sembra di poter distinguere almeno due negazionismi, un negazionismo politico, che persegue fini politici e un negazionismo che potrei chiamare terapeutico. Il negazionismo politico ha, come ho detto prima, il dovere di portare prove di quanto afferma, altrimenti ha il dovere di tacere. Diciamolo chiaramente quel negazionismo puzza di fascismo e di nazismo da lontano, punta alla riabilitazione di un regime oppressivo e criminale pensando di risolvere tutti i problemi della modernità con un ritorno al passato, con un’idea di ordine che passa attraverso l’eliminazione di ogni voce dissonante. Il negazionismo terapeutico, a mio avviso, merita molta attenzione e in alcuni casi direi anche rispetto. Parlo di quella negazione intima che non fa proselitismo, che non vuole sovvertire i fatti, che non ha obiettivi politici ma che nasce proprio dalla mostruosità dei fatti, dall'inaccettabilità di quei fatti, dall'incapacità di accogliere il dolore e l’orrore che quei fatti raccontano. Quando qualcosa supera le nostre capacità di comprensione, quando non siamo in grado di reggere emozioni troppo forti diciamo “non ci posso credere!”. E’ una forma di protezione perché veniamo sopraffatti da quanto ci viene raccontato. Ebbene, quello che è accaduto nei campi di concentramento è talmente mostruoso che molti degli stessi sopravvissuti hanno serbato il silenzio per molti anni prima di avere la forza di parlare. In molti casi è intervenuta una vera e propria rimozione. Nelle testimonianze di chi ha trovato quella forza si legge la vergogna per aver subito l’indicibile, il timore di non essere creduti per l’enormità che hanno vissuto, la volontà di celare dentro se stessi quanto hanno visto e soprattutto il peso di essere sopravvissuti a un’esperienza che ha cancellato il loro passato, il loro presente e il loro futuro. Un’esperienza che ha cancellato per sempre l’umanità dai loro occhi e che noi abbiamo il dovere di ricordare, raccontare e per quanto possibile abbiamo il dovere di reggerlo quel peso, perché quel peso è stato messo per sempre sulle spalle dell’umanità e non c’è modo di scrollarselo di dosso. Nessuna negazione, nessuna rimozione potrà mai farci scrollare di dosso quel peso. Se i meccanismi di rimozione dei sopravvissuti meritano rispetto, la rimozione da parte nostra è una rimozione colpevole, perché nega la sofferenza degli altri per una questione di comodità psicologica. Ma non è negando l’esistenza dell’orrore che l’orrore si cancella come non si smette di morire negando la morte.
Il peso che la Shoah ha messo sulle spalle dell’umanità resta dov'è anche se tentiamo di scrollarcelo di dosso nei modi apparentemente più innocenti. Tra questi modi c’è persino la memoria quando diventa retorica di espiazione. La memoria non può e non deve servire a espiare. L'espiazione lava il passato ma non c'è espiazione che possa cancellare l'orrore del passato, dobbiamo reggerne il peso e la vergogna. La memoria che evochiamo nel "giorno della memoria" deve dire che il passato può tornare presente e che l'orrore nasce dalle "banali" azioni quotidiane. Hannah Arendt nel libro “La banalità del male” ci ha insegnato che Heichmann, il principale responsabile della deportazione degli ebrei, potrebbe essere una persona qualunque, uno qualunque di noi. Arendt partecipò al processo nei confronti di Heichmann tenuto a Gerusalemme nel 1962 e dalle deposizioni dell’ex gerarca nazista non vide un mostro feroce, vide un “normale” burocrate, un uomo che obbediva agli ordini senza domandarsi nulla, senza interrogarsi della conseguenza delle proprie azioni. Non c'è bisogno di essere un mostro assetato di sangue per operare il male assoluto, è sufficiente rinunciare a sé stessi in nome di qualcosa che si ritiene al di sopra di sé.
Molto di quanto scrivo l'ho già scritto in passato ma giova ripeterlo. C'è qualcosa di terapeutico nel "confinare" il male, nel circoscriverlo al mostro, all'immondo (ciò che sta fuori dal mondo). Invece il male è nel mondo. Il male non è il mostro facilmente riconoscibile, il male è la quotidiana prevaricazione, la banale soverchieria, la comune indifferenza che dilaga ogni volta che rinunciamo al pensiero e alle emozioni per diventare parte di un sistema che chiede la nostra adesione totale. Il male è nelle pieghe quotidiane dei sistemi statali, politici, religiosi, nella burocrazia dell'obbedienza e del compiacimento. Il male è nella risata compiaciuta con il capo nei confronti di un collega, nella retorica della "normalità" con gli omosessuali, nell'assenza di empatia con gli immigrati, nell'evasione fiscale perché le tasse sono troppo alte, nelle disuguaglianze economiche e sociali, nelle piccole corruzioni quotidiane, riflesso di quelle più grandi per cui è facile indignarsi. Il male è nella lenta e impercettibile erosione dei diritti civili, dei diritti del lavoro, dei diritti umani. Il male è considerare gli altri responsabili delle nostre azioni, è nel senso del dovere che fonda la coscienza morale e non viceversa, il male è nelle leggi che nascono da questo rovesciamento. Questo è il male del mondo, un male banale, spesso inevitabile, un male con cui fare i conti continuamente. Se il male è espulso dal mondo, se diventa il male immondo, allora il male banale può crescere indisturbato. E’ su questo terreno che cresce il negazionismo politico, quello da condannare senza appello. Quel negazionismo prolifera proprio sulle nostre “innocenti” negazioni, sui nostri “non ci posso credere!”, sulla nostra indifferenza per il male quotidiano, sulla nostra assuefazione al male quotidiano.
Abbiamo certamente bisogno di delimitare il male attraverso un processo razionale, abbiamo bisogno di “confinarlo” in un luogo e in un tempo remoto e lontano da noi ma questo confinamento è pieno di pericoli. Tutto il male confinato ci libera dal male e ci lava da ogni peccato, pronti e puliti per commettere il prossimo. La Shoah è il simbolo più potente del male nella nostra epoca ma è importante che questo simbolo non resti una vuota celebrazione per ripulirci dal male che è sempre altrove. La Shoah non può diventare il vaso di Pandora che contiene tutto il male perché ogni vaso di Pandora, prima o poi, viene aperto. La sola cosa che è possibile fare per evitare di aprire il vaso di Pandora è riconoscere il male che si annida nel quotidiano.
Riporto qui un estratto di Deleuze su Levi, a proposito della "vergogna di essere uomini” [...]. Vergogna che ci siano stati uomini diventati poi nazisti, vergogna per non aver saputo né potuto impedirlo, vergogna di aver accettato compromessi: Primo Levi chiama tutto questo la “zona grigia”. E questa vergogna di essere uomini la proviamo in circostanze semplicemente ridicole: dinanzi a una volgarità di pensiero troppo grande, dinanzi a una trasmissione di varietà, dinanzi al discorso di un ministro, dinanzi alle chiacchiere di ciarlatani".
RispondiEliminaNel caso ti andasse di leggerlo, anni fa pubblicai questo post:
http://humachina.blogspot.it/2011/05/grigiore-betise-banalita-tre-categorie.html
Ciao
Ti ringrazio sinceramente per la segnalazione del tuo post. La zona grigia, la banalità del male, è uno dei miei chiodi fissi e torno spesso su questo tema. Mi infastidiscono le retoriche del male assoluto, le retoriche estetizzanti appunto, delle anime candide che il giorno prima filmano con il cellulare l'immigrato che annega e il giorno dopo fanno un minuto di silenzio per le vittime del mostro del '900. Di mostri ne abbiamo in giro a milioni e alcuni si fanno eleggere "democraticamente", proprio come quel mostro del '900. A presto.
Elimina"La memoria non può e non deve servire a espiare"
RispondiElimina...È così! !!
Sbagliando stavo pensando che ho già ricordato tante volte sul blog e anche prima di avere un blog questo giorno. Ho pensato che i miei amici lo avrebbero fatto meglio di me: ed è vero! Però questa mia piccola sfiducia in me stessa non fa bene al senso di giustizia verso le vittime dei campi di sterminio e si può confondere con l'indifferenza. Invece sento il dolore che i crimini, come tutte le nostre piccole azioni quotidiane di egoismo e indifferenza verso gli altri portano nel mondo.
Vado a portare il mio contributo sul mio sito
EliminaCara Nou, questa epoca dei social eredita e ingigantisce una delle più gravi patologie dell'epoca dei media: se una cosa non è condivisa non esiste. Non è così. La stragrande parte della nostra vita è e resta intima e non diffusa sui nostri blog. Un abbraccio.
EliminaE, aggiungo, se una cosa è condivisa è scaricata, in tutti i sensi. Da noi, dalla nostra coscienza individuale e collettiva.
EliminaGran post. Necessario. Grazie
Grazie a te per essere tornata in questo blog dopo tanto tempo ;-) a presto
EliminaTutto condivisibile quello che hai scritto. Grazie. C'è da augurarsi che questa giornata piano piano non scivoli nella retorica,
RispondiEliminaA giudicare da quello che si vede in giro sul corpo vivo delle persone svantaggiate temo che dovremmo augurarci che quello scivolamento non sia già avvenuto. Ciao
EliminaVerwerfung avrebbe detto Freud invece che negazione e verdrängung invece che rimozione, non è infatti tanto sul registro storico-scientifico che avviene la negazione quanto su quello emotivo; ma cosa neghiamo o rimuoviamo davvero? Certo, ci sono indubbiamente mostruosità e atrocità inaccettabili, dolori e orrori insopportabili, che possono spezzare la nostra resistenza e metabolizzazione del reale e frantumare la nostra psiche in mille pezzi.
RispondiEliminaMa sopra ogni cosa neghiamo quel lampo che rispecchia noi stessi e ci fa riconoscere in quell’atrocità, neghiamo quanto sia facile, anche per noi, scivolare nell’orrore che stiamo osservando, la vera atrocità insopportabile è il terrore di farne parte, di esserne coinvolti anche noi, la paura di non riuscire ad allontanarlo da noi come se fosse una cosa che non ci riguarda affatto o che ci vede al limite come vittime.
La “zona grigia” in cui vittima e carnefice si dissolvono come ruoli distinti e ti accorgi che è solo un caso se è un tedesco ad accendere i forni ed un ebreo ad essere immolato; la “banalità” del male per cui il carnefice non è un malvagio assoluto come può essere la figura di Jago nell’Otello: “Credo in un Dio crudel che m'ha creato/simile a sé e che nell'ira io nomo./Dalla viltà d'un germe o d'un atòmo/vile son nato./ Son scellerato/perché son uomo; /e sento il fango originario in me”. (Verdi, Otello, Atto secondo), ma un uomo qualsiasi, uno come me e te, che grazie ad una ideologia e alla venerazione verso un eroe, un uomo della Provvidenza, o qualsiasi altra banalità si diffonda a macchia d’olio e dia speranza di riscatto, di grandezza, di benessere, di felicità, può elicitare il peggio di ciascuno, e scoprire che è inebriante dominare, sottomettere, torturare, avere il potere assoluto di decidere se un altro essere umano viva o muoia.
La celebrazione di un giorno della memoria è importante, ma ha senso non solo per ricordare o perché diventi, come la chiami tu, “retorica di espiazione” o, ancora, che possa fungere da talismano magico perché tutto questo non accada più, ma così, magicamente, senza fare davvero niente di efficace per contrastare il male, credendo che basti “ricordare” magari con qualche film in tv, con qualche corona d’alloro e qualche stretta di mano, quasi come spalmare sul braccio destro pomata di arnica per curare l’epatite o la toccatina di cabasisi per scongiurare la morte.
Ma ha senso solo se scrutiamo l’orizzonte per individuare e per prevenire ogni nazi-fascismo sul nascere, bisogna saper conoscere cos’è il fascismo (che è un atteggiamento mentale che può diventare sentimento diffuso e tramutarsi in potere politico), quali sono i sintomi della sua comparsa, come si previene e come si combatte.
(continua)
Bisogna contrastare ogni forma di discriminazione, di prevaricazione, di privazione della libertà, ogni forma di desoggettivazione, per cui degli esseri umani diventano masse, oggetti, categorie, utenti, consumatori, clienti, fruitori, ogni forma di educazione acritica all’obbedienza, ogni forma di sottomissione a idee, persone “eccezionali” o privilegiate o a divinità, ogni ideologia che predica la violenza come soluzione, la guerra come unico mezzo per avere la pace, la predazione come riprenderci ciò che ci meritiamo o ciò che crediamo ci appartenga.
RispondiEliminaBisogna contrastare l’erezione di muri, di qualsiasi tipo, perché in genere creano discriminazioni, nei loro dintorni prolifera il malaffare, sono l’espressione della limitatezza mentale di chi vuole realizzarli e, in genere, basta mettere un muro perché la gente voglia abbatterlo, basta porre un ostacolo perché voglia superarlo, basta creare una discriminazione per ché voglia ribaltarla.
Ma bisogna soprattutto vigilare che noi stessi non scivoliamo impercettibilmente verso il “fascismo” quando ad esempio ci sentiamo giustificati ad aggredire ed offendere qualcuno che riteniamo abbia aggredito ed offeso noi o qualcun altro, o quando siamo indifferenti a tutto ciò che ci capita intorno, tanto che la nostra indifferenza comincia ad assomigliare al: “Me ne frego!” che andava tanto di moda nel ventennio, o che i nostri saluti non suonino come degli: “Eia Eia Alalà!” o che le canzoni che cantiamo sotto la doccia non inizino con gli stessi accordi e le stesse parole di “Giovinezza” o a quelle di: “Lili Marlene.
Ciao
Bisogna conoscere cos'è il nazi-fascismo per contrastarlo dici giustamente ma vedi, la storia non si ripete mai allo stesso modo, si ripete se non stiamo attenti ma mai allo stesso modo. Il prossimo Hitler potrebbe non avere il baffetto nero ma un ciuffo biondo, per dire! Potrebbe essere più bizzarro e ridicolo di quello del passato, potrebbe avere la faccia impiastricciata di fard arancione e pretendere di farsi pagare le zanzariere dalle zanzare o indossare ridicole felpe e doposci in tv, promuovere leggi per depenalizzare la violenza e chissà quali altre bizzarrie! Potrebbe anche avere le sembianze di un innocuo giovanottone dallo sguardo un po' bolso che inneggia alle prodigiose qualità dei quarantenni o l'atteggiamento ondivago di un comico né di destra né di sinistra. In tutta franchezza non sentire uno straccio di denuncia seria nei confronti dei nazi-fascisti che occupano il panorama politico mi fa essere certo di essere in un mondo di smemorati. Ciao
EliminaAntonio, riconoscere il fascismo è la cosa più semplice del mondo, perché è un ritorno a processi psicologici e gruppali molto primitivi che ruotano attorno alla creazione di una identità e alla formazione dell’autostima; quando questi pilastri si irrigidiscono perché colati con cemento armato e quando non prevedono sviluppo alcuno, ma pensano di far funzionare l’individuo o un gruppo intero secondo questi poveri principi, allora hai il fascismo, la personalità autoritaria, un popolo rapace che giustifica la difesa eccessiva e l’aggressione all’esterno secondo giustificazioni identitarie (noi/loro) e valoriali (buono/cattivo o indegno).
RispondiEliminaIl fascismo è una modalità di pensiero che preesiste al movimento creato da Mussolini nel ventennio abbondante che va dal 1921 fino al 1943, e che sicuramente è ancora più o meno presente oggi e lo sarà anche in futuro, perché la tendenza a semplificare le cose, a ridurre i problemi complessi alla portata di tutti e per cui puoi trovare soluzioni altrettanto semplici ha sempre avuto il suo fascino.
Pensa che bello se bastasse uscire dall’Europa per risolvere i problemi economici e la disoccupazione in Italia, pensa se bastasse rimandare a casa gli extra-comunitari che giungono massicciamente nel nostro Paese, pensa se bastasse fare blocchi navali davanti alle loro coste, pattugliare i mari, rimandarli indietro magari con le armi, fare accordi con questo o quel dittatorello nordafricano … niente più masse di disperati nel nostro suolo, niente più lager per l’identificazione, non dovremmo spendere soldi per curarli, sfamarli, vestirli, niente più vu cumprà in spiaggia che ti vendono borse ed occhiali Rocco Tarocco, e finalmente i poveri italiani o i terremotati sarebbero alloggiati in alberghi a 5 stelle al posto dei clandestini e riceverebbero cifre giornaliere che vanno dai 25 ai 45 euro al giorno (in base alla fonte e a chi la spara più grossa).
La camicia nera, il fez, le stringhe, il saluto romano, … quelle sono manifestazioni storiche specifiche, può cambiare il colore della casacca (da nera può diventare ad esempio verde o a 5 stelle e strisce), può cambiare il copricapo, può cambiare il modello del manganello o la marca dell’olio di ricino che usano, ma sarà sempre presente appunto un manganello e un olio di ricino.
Il problema vero non è l’identificazione, a mio parere, ma come valuti quegli strumenti proposti dal fascismo, se esiste una “massa critica” (passami il termine) in grado di capire che queste soluzioni sono semplicistiche, banali, peggiori del male che vorrebbero combattere, assurde, inumane.
Il fascismo è far dirigere la nazionale di calcio all’imbecille del bar dello sport, eleggere a sindaco lo scemo del villaggio, mettere a capo della Banca d’Italia chi non conosce le tabelline, mettere un bisturi in mano a chi appena vede il sangue sviene, dare l’incarico di Generale di Corpo d’Armata a chi ha fatto il servizio civile dichiarandosi pacifista.
È più facile di quanto crediamo perdere i contorni netti fra ciò che è fascismo e ciò che non lo è, comprendere l’assurdità di certe soluzioni e contrastarle come meritano prima che si diffondano a macchia d’olio, perché la seduzione della “semplicità” è enorme, mentre pensare costa fatica.
(segue)
Se fosse stato per i fascisti e per i nazisti veri, quelli autentici, né l’Italia né la Germania avrebbero avuto una dittatura, non si sarebbe combattuta la seconda guerra mondiale e non ci sarebbe stato l’olocausto, troppo pochi e inadeguati per scatenare tutto questo inferno.
RispondiEliminaLa catastrofe è accaduta perché questa assurdità ha contagiato tutta l’Europa, non solo la classe media di Italia e Germania, c’erano nazisti e fascisti non solo in Spagna, ma anche in Inghilterra, in Francia e in Svezia; persino accorti uomini politici come Stalin, Roosvelt, Chamberlain e Daladier sottovalutarono pesantemente il nazifascismo e i segnali che da li a poco avrebbero scatenato l’inferno.
Nemmeno alcune fra le menti più eccelse dell’epoca sembrarono accorgersi e contrastare di conseguenza l’assurdità dei due regimi, Heidegger e Pirandello, due per tutti, due vertici del pensiero della prima metà del 900, che furono contigui al regime; ma potremmo dire che l’humus culturale a cavallo fra il XIX° e il XX° secolo non era molto distante dal fascismo.
Il fascismo fu di fatto l’eleggere un padrone, ma venne visto da tutti come una liberazione, un peggioramento economico, ma tutti credevano che Mussolini avesse portato il benessere, l’impressione di contare di più nel mondo, mentre invece per contare di più ci siamo buttati dentro una guerra catastrofica dove ci siamo accorti che militarmente non contavamo un piffero (nemmeno la Francia piagata e mezzo conquistata o la Grecia siamo riusciti a battere), pensavamo di aver addomesticato i ricchi e la chiesa, ed erano i ricchi e la chiesa che avevano addomesticato noi.
C’è voluta una guerra spaventosa, milioni di morti, l’infamia delle leggi razziali, l’orrore delle deportazioni e dell’olocausto, i racconti dei sopravvissuti che narravano le atrocità commesse e l’inadeguatezza dell’esercito, la corruzione negli approvvigionamenti, le solite furbizie e viltà che il fascismo aveva amplificato invece di combattere, per svegliarci.
Ma anche così, c’è chi non s’è svegliato affatto, il fascismo non è Mussolini, e infatti gli è sopravvissuto, non lo puoi appendere per i piedi a Piazzale Loreto, non lo puoi fucilare, non lo puoi processare a Norimberga o altrove; ha connivenze insospettabili ed è tremendamente seducente persino per uomini con un elevato quoziente intellettivo.
È il sonno della carne, la resa dello spirito, è il darti un dio o un padrone a cui ubbidire perché tremi all’idea che puoi essere solo tu a dare un senso alla tua vita e a prenderti la responsabilità di vivere bene, è il pensare che il solo fatto di essere Italiano ti faccia essere migliore di qualcun altro, o che ti dia maggiori diritti o tutele rispetto a qualcun altro, l’evitare di crescere, maturare e migliorarti davvero, o l’idea che basta essere ricco, potente e famoso per essere anche felice, io conosco molti ricchi, potenti e famosi che sono fra gli esseri più disperati di questa terra.
Ciao, buona domenica.
Caro Garbo, il fascismo è diventato una metonimia di un atteggiamento che preesiste al momento storico in cui il fascismo nasce e questo ha consentito a Eco di parlare di Ur-fascismo. Io starei alle considerazioni di Eco per avere una buona cartina al tornasole del fascismo, poi l'esperienza personale e l'educazione ricevuta può dare una capacità più o meno trasmissibile di sentire da lontano la puzza di fascismo ma questo è un altro discorso. Rimaniamo a quello che si può trasmettere,per questo invito alla lettura del saggio di Eco che sono sicuro tu conoscerai. Per quanto riguarda la responsabilità della cosiddetta classe media per la diffusione del fascismo sono stati versati fiumi d'inchiostro e non potrei aggiungere molto a quello che dici a parte la mia connaturata diffidenza per la tanto amata, da destra e manca, classe media. Aggiungo qualcosa, ricordo tempo fa di aver letto un saggio molto interessante sulla responsabilità della cosiddetta classe alta, nello specifico quella della Germania degli anni trenta, un saggio che naturalmente consiglio di leggere andando oltre i riferimenti geografici e storici, perché la degenerazione della cultura in barbarie non è avvenuta solo nella Germania degli anni trenta e non è avvenuta per una sola volta nella storia.
EliminaCosa io pensi di molti ricchi, potenti e famosi l'ho già scritto tempo fa, non mi ripeterò.
Chiariscimi un punto, cominci dicendo che "riconoscere il fascismo è la cosa più semplice del mondo", poi però aggiungi che "È più facile di quanto crediamo perdere i contorni netti fra ciò che è fascismo e ciò che non lo è". Sono costretto a chiederti spiegazioni anche se tendenzialmente sono d'accordo con entrambe le affermazioni! Buona domenica a te.
Prendo ad esempio il muro di Trump ai confini col Messico, voler separare il NOI dal LORO è fascismo, prendere l’identità da un gruppo di appartenenza che ti definisce è fascismo, riconoscerti in rituali, ideologie e modi di fare che ti fanno essere qualcuno e ti danno un ruolo nella società è fascismo.
RispondiEliminaViceversa tu, non fascista, prendi il tuo posto nella società, fai delle cose o pensi di appartenere ad un gruppo, perché sei già qualcuno, sai di essere; il tuo essere può essere in contrasto col tuo gruppo di appartenenza, e allora decidi il da farsi: modificare il gruppo per continuare a sentirlo come il tuo gruppo, o uscirne, il fascista si adegua al gruppo, alle direttive del leader, crede, obbedisce e, forse, combatte.
Un altro elemento indispensabile per definirsi fascista è credere che il proprio gruppo di appartenenza sia migliore degli altri, che l’essere ad esempio cittadino USA ti faccia essere automaticamente migliore di un messicano, essere gringo valga di più dell’essere chicano: make America great again … e infatti più “gretta” di così l’America non lo è mai stata.
Se vuoi possiamo semplificare i 14 punti dell’ur-fascista a questi due soli; ecco perché ti ho scritto che riconoscere un fascista è la cosa più semplice del mondo: chiunque ammetterebbe che ergere un muro è un gesto politico di destra, è fascista, l’idea stessa dell’autarchia è fascista.
Ma se per alcuni costruire muri è sbagliato, assurdo, inumano, per altri invece è giusto, sacrosanto, un’idea meritoria … e potrebbero elencarti alcuni motivi per cui è vantaggioso non solo per gli USA, ma anche per il Massico costruirlo, non a caso Trump voleva che lo pagasse il governo messicano, dal suo punto di vista dovrebbero persino ringraziarlo per averlo pensato.
Tu penserai che chi è di questo parere è fascista come Trump, e una volta il termine fascista conteneva in sé anche un giudizio morale, il fascismo era ancora un’ideologia catastrofica che aveva privato l’Italia della libertà, ci aveva notevolmente impoveriti con l’autarchia e col perseguire modelli superati di coltivazioni agrarie, ci aveva piombati impreparati ad affrontare una guerra sanguinosa, aveva sbagliato i calcoli politici e le alleanze affiancandoci ad un pazzo sanguinario che preso da smanie di grandezza dichiarò guerra al mondo intero, ci aveva gettati nel fango dell’infamia delle leggi razziali e della complicità dell’olocausto.
(segue)
Ma come fu difficile allora valutare la gravità e la catastroficità di tutto questo, come pochissime e inascoltate persone seppero prevedere le conseguenze di questa follia; temo che adesso si stia perdendo o si sia persa in gran parte la capacità di valutare se il muro di Trump sia un bene o un male.
RispondiEliminaIo ascolto molti dibattiti in cui politici, economisti, giornalisti, tuttologi, opinion leader esprimono cose che a me sembrano delle autentiche follie, eppure sono chiamati spesso questi individui a dibattere i problemi, sono presentati autorevolmente, chi conduce il dibattito invoca la loro opinione, la rispetta, non la contraddice o la contraddice più per educazione che per convinzione, perché gli capita di essere schierato sul fronte avverso, oppure si intraprendono autentiche gare di volgarità e di insulti reciproci in cui il problema va a farsi benedire e si insegue l’audience del programma e il prestigio/potere personale dei partecipanti.
Non possediamo più i criteri per poter valutare un evento, non possediamo nemmeno le giuste competenze né, credo, potremmo mai approfondire adeguatamente una cosa perché non esiste una fonte informativa che posso considerare, solida, corretta, adeguata, tutto ciò che viene divulgato è pensato da qualcuno che è funzionario di qualcosa; e anche se potessi accedere ad una informazione valida, non avrei il tempo per capire, perché già subito altri problemi incalzano e paiono più urgenti, c’è sempre una nuova emergenza e noi come Tarzan che passa da una liana all’altra sfioriamo appena i problemi condannandoci alla superficialità.
Ecco perché diventa più comodo che ci sia un leader che ci dica cosa dobbiamo pensare, un Salvini o un Grillo che ci dicono che il muro di Trump è giusto e sacrosanto, che in realtà preesiste perché il primo a costruire una barriera fra i due stati fu Bush padre, che anche Clinton che è di sinistra vi pose sopra le sue belle pietre, che nel 2006 anche Hillary e Obama votarono a favore dell’autorizzazione ad aumentare la barriera fra USA e Messico.
Più ti addentri in qualcosa e più perdi i contorni identitari di ciò che vorresti capire e più riesci ad etichettarla come buona o cattiva, o anche solo prevalentemente buona o cattiva, utile o deleteria, e ad un certo punto, in qualche meandro della nostra mente, seguendo i fili logici e illogici dei nostri discorsi, potremmo trovarci ad essere sedotti da qualcosa che sappiamo essere fascista.
Perché il fascismo non è una dinamica mentale completamente differente dal modo di funzionare di tutti gli esseri umani, è il nostro modo consueto di pensare e di sentire, solo più rigido, meno elastico, e bloccato dall’incapacità di far progetti e previsioni sul futuro, a vivere in un eterno presente, in un’eterna Giovinezza.
Spero di non aver complicato di più ciò che avrei dovuto chiarire :-) ciao
Al tuo commento aggiungo un contributo inevitabile, visto il tema da cui siamo partiti. Leggere e rileggere I sommersi e i salvati di Primo Levi è necessario se davvero vogliamo capire la storia e il nocciolo fascista. Ciao
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