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martedì 19 aprile 2016

Un mondo esclusivo!

Dopo l'esclusione di alcuni bambini autistici dalla partecipazione a gite scolastiche invito tutti a pensare seriamente che tipo di mondo costruiremo se l'esclusione resterà l'unico criterio di organizzazione delle nostre società. Cosa resterà dentro il recinto da cui saranno eslusi i reietti? Escluderemo gli autistici, i poco produttivi, quelli che non si integrano nel codice condiviso dell'era contemporanea del produttivismo e dell'efficienza. Escluderemo i poveri che non spendono e rivendicano diritti, escluderemo i disabili che fanno aumentare le spese mediche, escluderemo i vecchi che non servono più al mondo del lavoro. Che mondo sarà il mondo dell'esclusione? Sarà un mondo esclusivo! Mentre butto giù questo triste sfogo ascolto la musica scritta da un sordo e nel video scorrono le immagini di un folle. Che mondo sarà il mondo senza la sorpresa di chi non potrà mai essere inquadrabile nello schema che riteniamo normale, efficiente, produttivo? Prima è stato escluso Giulio, pochi giorni dopo una bambina che sarebbe dovuta andare a Mathausen dove tempo fa si celebrò il falò degli esclusi. Che mondo stiamo costruendo?


6 commenti:

  1. Per una radicalizzazione di questo discorso ho trovato straordinaria la lettura di Giorgio Agamben, 'Homo sacer', o - in soluzioni più sintetiche - 'Mezzi senza fine', il capitolo 'Che cos'è un campo'?

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    1. HIV ti ringrazio per il suggerimento di lettura. Che occorra guardare ai campi di concentramento "non come a un fatto storico e a un’anomalia appartenente al passato (anche se, eventualmente, ancora riscontrabile), ma, in qualche modo, come alla matrice nascosta, al nomos dello spazio politico in cui ancora viviamo" me lo ha insegnato Hannah Arendt quando parlava di una banalità del male difficile da accettare anche a menti brillanti come Hans Jonas. Agamben aggiunge una analisi politica alle osservazioni di Arendt e correttamente afferma che "La domanda corretta rispetto agli orrori commessi nei campi non è, pertanto, quella che chiede ipocritamente come sia stato possibile commettere delitti tanto atroci rispetto a degli esseri umani; più onesto e soprattutto più utile sarebbe indagare attentamente attraverso quali procedure giuridiche e quali dispositivi politici degli esseri umani abbiano potuto essere così integralmente privati dei loro diritti e delle loro prerogative, fino a che commettere nei loro confronti qualsiasi atto non apparisse più come un delitto (a questo punto, infatti, tutto era veramente diventato possibile)." Con questo arriviamo ai motivi per cui quei ragazzi sono stati esclusi dalle gite scolastiche, da una attività della scuola che dovrebbe avere l'inclusione come principio inderogabile. Il campo oggi non ha più recinzioni, non si vergogna più delle attività che conduce al suo "interno", l'interno è esterno e la risposta ai motivi per cui quei ragazzi sono stati esclusi è semplice, banale. Sono dei consumatori imperfetti, come dice Bauman nel disagio della postmodernità. "Quando l'unità di misura della purezza diventa la capacità di partecipare al gioco consumistico, quelli che non prendono parte al gioco sono un problema: sono l'impurità di cui occorre sbarazzarsi."
      Ti saluto

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  2. Mi chiedo se tutto ciò derivi dal capitalismo-consumismo o c'è dell'altro. Per esempio i "diversi" come sono trattati nelle società primitive?

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  3. Mi viene in mente l'Ausmerzen, ovvero la soppressione degli animali più deboli «prima di marzo», prima della transumanza, che operava il mondo contadino del passato. Marco Paolini ci ha fatto alcune serate qualche anno fa, se hai del tempo da dedicargli lo puoi rivedere in versione integrale qui (https://www.youtube.com/watch?v=mg3tEQiuSbw). Non è un bel regalo questo è un regalo avvelenato, non ringraziarmi, io ne sono rimasto sconvolto; il mio accanimento a cercare di capire cosa fa si che un individuo, un popolo intero, una cultura, giungano a vedere un altro essere umano, o un gruppo che può giungere a contare milioni di persone, solo con la lente feroce e spietata della razionalità senza l'ausilio di alcuna sensibilità, senza empatia alcuna, è il solo modo che ho trovato per distogliermi da quell'orrore. I segnali di insensibilità ci sono sempre stati, esserti umani non si nasce, lo si diventa: con la contemplazione della bellezza, ma anche attraverso la sofferenza, attraverso il suo superamento. In alcuni periodi storici però questi segnali non sono più il ghigno dello stolto, la smorfia dell'imbecille, la smania del cretino, la frenesia dell'infelice; diventano sempre più forti, sempre più solidi, chi li pronuncia non lo fa più dalle fogne e dalle sentine, ma indossando la fascia tricolore da sindaco, da uno scranno in Parlamento, dalle pagine di un quotidiano, dai microfoni di una radio, dal monitor di una tv, dalle pagine virtuali della rete (dove, parafrasando Hegel, tutti i gatti sono neri).
    Ciao, buon fine settimana

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  4. Conosco quell'opera di Paolini, conosco quel regalo avvelenato caro Garbo. Sono convinto anch'io che uomini non si nasce ma si diventa. Come dice Paolini, per avere una coscienza ci vuole almeno lo stesso studio che per avere una scienza anche se a volte non sono così certo di intravvedere una relazione normativa univoca tra conoscenza e empatia, anzi a volte non la vedo affatto.
    Tutti sono pronti a commemorare le date comandate, gli eventi della memoria e poi si assiste a casi come questi, quotidiani, banali, in cui fa male tanto il maltrattamento o l'indifferenza nei confronti delle vittime quanto l'ipocrita catarsi per quanti hanno bisogno di purificazione dalla morsa di un modello sociale delle performance che genera questo tipo di situazioni. Prima mi chiedeva Alberto se tutto ciò derivi dall'attuale sistema consumistico, domanda legittima. Decisamente la radice è ben più profonda, come lo è quella dell'attuale sistema consumistico del resto. Ma io mi chiedo e chiedo se è possibile ravvisare una specificità di questo nostro modello sociale in cui ognuno obbedisce a parametri, ognuno è un parametro, per usare ancora una volta le parole di Paolini. Nelle società delle performance, antiche e moderne, sono stati operati atti orribili. Il punto è proprio nella performance, nel culto della performance che è alla portata di tutti, anzi, è un obbligo per tutti. La figura dello scemo del villaggio, e uso questo termine con affetto, non può esistere in città. Se nel piccolo paese lo scemo ha un ruolo preciso, nella città è destinato al buio, all'inesistenza. Di questo parlo quando dico della specificità della nostre società sviluppate.
    Il benessere è stato indissolubilmente legato alla performance che pone in competizione chi dovrebbe trovarsi in alleanza. Deve essere proprio così? Consapevole che questa domanda porta lontano ti saluto ti auguro buon 25 aprile.

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