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giovedì 24 marzo 2016

Autoesami

Secondo Hans Jonas[1] il concetto di Dio dopo Auschwitz non può conservare allo stesso tempo gli attributi di bontà, potenza e comprensibilità, poiché ogni relazione fra due attributi esclude il terzo. Jonas non ha dubbi, di fronte all’aporia non resta che abbandonare il concetto di un Dio onnipotente. Il libero arbitrio è incompatibile con l’onnipotenza divina.
Nella fisica quantistica si è avuto un problema analogo a proposito dei principi di separabilità, realtà e località dei fenomeni, per lo meno a scale subatomiche[2].
Il teorema di John Bell del 1964 e le successive prove sperimentali relativamente alla misura della polarizzazione di una stessa sorgente di luce effettuata da osservatori indipendenti provano l’insostenibilità dell’immagine del mondo come un insieme di oggetti indipendenti, concreti e distinti. Uno dei principi deve essere lasciato cadere e il principio che ragionevolmente può essere abbandonato, perché meno problematico, è quello di località. In altre parole a scala subatomica non si hanno oggetti distinti ma oggetti che in qualche modo restano intimamente connessi tra loro se hanno interagito nel passato.
Le due grandi case, teologia e scienza, devono saper rinunciare a qualche postulato per rimanere in piedi. Indubbiamente ognuno cerca di farlo come può e come sa ma sicuramente dalla propensione alla rinuncia di postulati dati per certi si può dedurre, se non l’autentico amore per la verità, almeno la vocazione all’autoesame.

[1] H. Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz. Una voce ebraica, il melangolo, Genova, 1990, p. 23 cit. da Giovanni Fornero, Salvatore Tassinari, Le filosofie del novecento. Bruno Mondadori, Milano. Vol 2, p. 1348-1349. Cfr. anche N. Bobbio, Elogio della mitezza e altri scritti morali. Net, Milano, 2006, p. 194-195.
[2] P. Odifreddi, Il Vangelo secondo la Scienza. Le religioni alla prova del nove, Einaudi, Torino, 1999, p.80.

3 commenti:

  1. Ci chiediamo se l'economia, in quanto scienza (?), sia oggi attraversata da analoghe auto-analisi e riflessioni epistemologiche. In ogni caso il paradigma liberista si ostina a restare in piedi, a dispetto di tutto, come una credenza religiosa.

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  2. Da molto tempo si discute dello statuto epistemologico dell'economia e la questione resta tuttora irrisolta. E' una scienza umanistica che negli anni ha voluto costituirsi in scienza, prima naturale poi esatta! Il risultato è stato un golem. In questa operazione l'economia ha imprigionato il mondo nei propri simulacri. Non sono i modelli che non funzionano, è l'umanità che non li rispetta! E' questa una caratteristica delle religioni ma non dico nulla di nuovo. Walter Benjamin aveva già detto tutto riguardo la natura religiosa dell'economia, almeno di quella in forma capitalistica e la forma liberista è a mio avviso la trasmutazione più perniciosa del pensiero economico in teologia per accattoni morali. C'è da dire che le voci dell'economia sono tante e qualcuna ancora ricorda le istanze etiche che ne costituiscono l'anima, forse l'autoesame di questa disciplina verrà sempre più possente da quelle voci.

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  3. Recentemente ho sentito Varoufakis effettuare l'accostamento capitalismo-religione. Splendido il testo di Benjamin!

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