L’evento di raccolta fondi è organizzato grazie alla generosità dei componenti dell’Ensemble Ars Vocalis, che canteranno gratuitamente per Direttamente Onlus presso il Cineclub Detour di Roma.
"Concludiamone dunque che il mondo sarebbe assai migliore se ciascuno si accontentasse di quello che dice, senza aspettarsi che gli rispondano, e soprattutto senza chiederlo né desiderarlo." José Saramago
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lunedì 29 febbraio 2016
Ensemble Ars Vocalis canta per Direttamente Onlus
Il 12 marzo 2016 l’Ensemble Ars Vocalis canta al Cineclub Detour per Direttamente Onlus
L’evento di raccolta fondi è organizzato grazie alla generosità dei componenti dell’Ensemble Ars Vocalis, che canteranno gratuitamente per Direttamente Onlus presso il Cineclub Detour di Roma.
L’evento di raccolta fondi è organizzato grazie alla generosità dei componenti dell’Ensemble Ars Vocalis, che canteranno gratuitamente per Direttamente Onlus presso il Cineclub Detour di Roma.
sabato 20 febbraio 2016
giovedì 18 febbraio 2016
Chi vince e chi perde
Sulla vicenda delle unioni civili ho assistito al peggio della provincialità e della volgarità della mezza borghesia da salotto che ha colonizzato quella specie di discarica per falliti che è la politichetta itagliana. Gentaglia impresentabile, argomenti scomposti, discorsi sguaiati che al confronto una parata del gay pride è una passerella di intellettuali organici del PCI di Togliatti cui lo stesso Togliatti avrebbe detto di sciogliersi un po'. I partiticchi hanno brillato per mediocrità e miopia.
mercoledì 10 febbraio 2016
Isernia, l'urbanistica della memoria
Isernia è una città immobile, attonita, nel giorno dopo il bombardamento. Contrafforti residui, postumi muri maestri, ectoplasmi di edifici lasciano spazio a piazze disegnate da un terrificante architetto. Isernia ha l'orgoglio dei posti dimenticati che vogliono affermare discretamente la propria esistenza mostrando come sa morire un eroe ignorato.
Isernia è una città dal tempo geometrico, forgiata "dalla perenne peripezia delle armi poi dall'ingiurie degli anni", come dice una lapide sulla facciata della chiesa di S. Chiara. Le bombe l'hanno disegnata con il tratto secco delle esplosioni, con la geometria infantile della guerra. Le vestigia pagane sono risorte per miracolo di memoria tra rovine e impronte. Una comunità resta marchiata dai bombardamenti anche a distanza di generazioni, nell'architettura, nell'urbanistica, nell'anima.
C'è un'intima relazione tra le geometrie urbane e le geometrie delle emozioni, dell'intelletto stesso. Le ragioni del sentire seguono vicoli stretti, costeggiano muri inesistenti. Camminando per le piazze attraversiamo muri fantasma e viene da chiedersi se non siamo piuttosto noi fantasmi ad attraversare solidi muri fatti di memoria.
La memoria di Isernia è tagliata come i muri delle case crollate. I sensi di colpa, la necessità di rimozione si toccano come bubboni della pelle che più gratti più danno fastidio e la pelle è squartata dai continui tentativi di strappare via il bubbone.
La pelle di Isernia è lacerata, oggi a settant'anni di distanza, da una guerra-maledizione che ancora manca il peccato commesso per aver subito tanta ingiuria. "Che ci possiamo fare?" dice la vecchia signora che nel giorno di mercato vende verdure sotto l'arco di pietra. "Che ci possiamo fare?" per un vento insistente che porta via l'ombrellone su questo crinale tra due abissi che la pioggia sarebbe già una benedizione a calmare il vento. "Che ci possiamo fare?" è la domanda fatalista per un destino subito decenni prima che una bava di vento fa riaffiorare.
Settant'anni! Basta tendere una mano e li tocchi con la punta delle dita. In questi posti dove è passata la Storia, sono state sacrificate le storie e ogni famiglia ha la sua croce, il suo Golgota da scalare ogni giorno. Ogni famiglia ha il suo altare dove Dio viene a chiedere perdono.
Isernia è una città dal tempo geometrico, forgiata "dalla perenne peripezia delle armi poi dall'ingiurie degli anni", come dice una lapide sulla facciata della chiesa di S. Chiara. Le bombe l'hanno disegnata con il tratto secco delle esplosioni, con la geometria infantile della guerra. Le vestigia pagane sono risorte per miracolo di memoria tra rovine e impronte. Una comunità resta marchiata dai bombardamenti anche a distanza di generazioni, nell'architettura, nell'urbanistica, nell'anima.
C'è un'intima relazione tra le geometrie urbane e le geometrie delle emozioni, dell'intelletto stesso. Le ragioni del sentire seguono vicoli stretti, costeggiano muri inesistenti. Camminando per le piazze attraversiamo muri fantasma e viene da chiedersi se non siamo piuttosto noi fantasmi ad attraversare solidi muri fatti di memoria.
La memoria di Isernia è tagliata come i muri delle case crollate. I sensi di colpa, la necessità di rimozione si toccano come bubboni della pelle che più gratti più danno fastidio e la pelle è squartata dai continui tentativi di strappare via il bubbone.
La pelle di Isernia è lacerata, oggi a settant'anni di distanza, da una guerra-maledizione che ancora manca il peccato commesso per aver subito tanta ingiuria. "Che ci possiamo fare?" dice la vecchia signora che nel giorno di mercato vende verdure sotto l'arco di pietra. "Che ci possiamo fare?" per un vento insistente che porta via l'ombrellone su questo crinale tra due abissi che la pioggia sarebbe già una benedizione a calmare il vento. "Che ci possiamo fare?" è la domanda fatalista per un destino subito decenni prima che una bava di vento fa riaffiorare.
Settant'anni! Basta tendere una mano e li tocchi con la punta delle dita. In questi posti dove è passata la Storia, sono state sacrificate le storie e ogni famiglia ha la sua croce, il suo Golgota da scalare ogni giorno. Ogni famiglia ha il suo altare dove Dio viene a chiedere perdono.
mercoledì 3 febbraio 2016
L'angelo di Vermicino
Ci sono storie quotidiane intorno alle quali ruota il passato e il futuro, storie che racchiudono nella loro quotidianità tutto il senso di un'epoca.
Il 10 giugno del 1981 un bimbo cade in un pozzo a Vermicino, era Alfredo Rampi. Ci fu una grande mobilitazione per tentare di salvare il bambino. Angelo Licheri volle contribuire a quei tentativi facendosi calare nel pozzo. Era necessario essere di piccola statura per essere calati a testa in giù e Licheri era un uomo piccolo, pesava appena 44 kg. Licheri fu imbracato e con enorme fatica riuscì a raggiungere il bimbo ma non riuscì a salvarlo. Ce la mise tutta Licheri, rimase a testa in giù per 45 minuti, contro i 25 considerati soglia massima di sicurezza in quella posizione. La tragedia fu vissuta in diretta tv per tre giorni, inaugurando l'epoca dei reality show.
Angelo Licheri si racconta in un libro con un linguaggio asciutto, semplice come potrebbe essere quello di un anziano che racconta gli episodi della propria vita davanti al fuoco. Licheri non ha psicologismi ma un innato senso del ritmo narrativo. Racconta i fatti di una vita piena di avvenimenti in uno stile quasi giornalistico. Una vita che parte da Gavoi, dove gli eredi di Caino e Abele continuavano a contendersi i favori di Dio, per arrivare a Vermicino e altrove.
Un altro grande sardo incontrerà Licheri dopo quel disperato tentativo di salvare Alfredo Rampi, era Enrico Berlinguer, anche lui sarebbe morto da lì a pochi anni.
Oggi Licheri vive in estrema difficoltà e il diabete gli ha causato una gravissima infermità. Leggere la sua autobiografia è un modo per aiutarlo e per ritornare a quell'episodio di Vermicino che come un oscuro presagio era fin dall'inizio degli anni '80 una terribile metafora del tempo a venire.
Cercate in libreria L'angelo di Vermicino e se non ce l'hanno ordinatelo, costa 16 euro e vale la pena spenderli.
Il 10 giugno del 1981 un bimbo cade in un pozzo a Vermicino, era Alfredo Rampi. Ci fu una grande mobilitazione per tentare di salvare il bambino. Angelo Licheri volle contribuire a quei tentativi facendosi calare nel pozzo. Era necessario essere di piccola statura per essere calati a testa in giù e Licheri era un uomo piccolo, pesava appena 44 kg. Licheri fu imbracato e con enorme fatica riuscì a raggiungere il bimbo ma non riuscì a salvarlo. Ce la mise tutta Licheri, rimase a testa in giù per 45 minuti, contro i 25 considerati soglia massima di sicurezza in quella posizione. La tragedia fu vissuta in diretta tv per tre giorni, inaugurando l'epoca dei reality show.
Angelo Licheri si racconta in un libro con un linguaggio asciutto, semplice come potrebbe essere quello di un anziano che racconta gli episodi della propria vita davanti al fuoco. Licheri non ha psicologismi ma un innato senso del ritmo narrativo. Racconta i fatti di una vita piena di avvenimenti in uno stile quasi giornalistico. Una vita che parte da Gavoi, dove gli eredi di Caino e Abele continuavano a contendersi i favori di Dio, per arrivare a Vermicino e altrove.
Un altro grande sardo incontrerà Licheri dopo quel disperato tentativo di salvare Alfredo Rampi, era Enrico Berlinguer, anche lui sarebbe morto da lì a pochi anni.
Oggi Licheri vive in estrema difficoltà e il diabete gli ha causato una gravissima infermità. Leggere la sua autobiografia è un modo per aiutarlo e per ritornare a quell'episodio di Vermicino che come un oscuro presagio era fin dall'inizio degli anni '80 una terribile metafora del tempo a venire.
Cercate in libreria L'angelo di Vermicino e se non ce l'hanno ordinatelo, costa 16 euro e vale la pena spenderli.