"Concludiamone dunque che il mondo sarebbe assai migliore se ciascuno si accontentasse di quello che dice, senza aspettarsi che gli rispondano, e soprattutto senza chiederlo né desiderarlo." José Saramago
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venerdì 25 dicembre 2015
giovedì 17 dicembre 2015
Felice il paese...
Dopo l'anticorruzione, dopo Expo, dopo la candidatura a commissario di Roma, dopo la candidatura (rigettata) a sindaco di Roma, Cantone gestirà gli arbitrati per gli obbligazionisti colpiti dal crac delle 4 banche popolari. Poi Cantone darà una mano all'agenzia delle entrate, rivedrà le bozze delle leggi prima del Quirinale, darà un sigillo di costituzionalità prima della Consulta, riscriverà le regole di ingaggio dei centravanti e dei difensori, vigilerà sui contratti delle veline e dei presentatori e farà anche una comparsa al bagaglino per una lectio magistralis sullo Stato assente.
Da parte mia non ho nulla da eccepire sulla professionalità e onorabilità di Cantone ma mi torna in mente che anni fa Brecht in un dramma fece dire a Galileo: "Felice il paese, che non ha bisogno di eroi!" Mi chiedo quale sia la stoffa etica e politica di un paese che fa costante ricorso a una sola persona di provata rispettabilità per risolvere il proprio marciume. Oggi, in una edizione aggiornata di Vita di Galileo potremmo dire: "Felice il paese, che non ha bisogno di Cantone!"
martedì 15 dicembre 2015
Negli occhi
i miei genitori, gli ulivi miei fratelli, i muri a secco, un pozzo, un bambino che gioca e io che mi vedo giocare con gli occhi dei miei genitori...
sabato 12 dicembre 2015
La vita indiretta
- Benvenuti a una nuova puntata di La vita è qui, programma di approfondimento culturale dei principali fatti di cronaca del paese. Continuiamo come di consueto a indagare sul delitto Parisio. Ricordiamo che si tratta della barbara uccisione del piccolo Samuele il cui assassino non è stato ancora assicurato alla giustizia. Oggi sentiremo il parroco della piccola comunità di Samuele, il parroco che conosceva bene la famiglia Parisio e che ci saprà dire di più sul carattere e sulle aspirazioni del piccolo Samuele. Don Fernando ci dica, com'era Samuele?
- Samuele era un bravo ragazzo, veniva a messa tutte le domeniche e voleva fare il chierichetto.
Il parroco si commuove, la telecamera zooma sui suoi occhi umidi. Il presentatore interviene con un'altra domanda fintamente formulata per distrarre l'attenzione ma assestata con arte per far notare la necessità di distrarre il parroco che altrimenti avrebbe pianto. Il parroco approfitta della distrazione portandosi rapidamente la mano verso gli occhi per cancellare le tracce di una commozione incipiente.
Il delitto Parisio era oggetto di discussione ininterrotta da un anno. Il ritrovamento del corpicino senza vita di Samuele con chiari segni di strangolamento aveva scosso la piccola comunità di Orsinia e tutta la nazione. Le indagini fino a quel momento non avevano portato a nulla. Sul banco dei sospettati erano passati la madre, il padre, il fratello maggiore, quello minore, un cugino della nonna e una cognata del marito della sorella della zia. Tutti scagionati da alibi di ferro.
L'uccisione di Samuele era stata approfondita dalla trasmissione La vita è qui con l'intervento di psicanalisti infantili, criminologi e esperti di strangolamenti. Persino un pentito della mafia condannato all'ergastolo per decine di infanticidi volle dare la sua sentita testimonianza per l'efferato assassinio. Perché non sfuggisse alcun dettaglio nei salotti della trasmissione vennero chiamati la maestra, tutti gli amichetti e le amichette, l'allenatore della nazionale di cui Samuele era tanto tifoso e l'amministratore delegato dell'azienda che produceva il dolce preferito di Samuele. La trasmissione aveva un'audience da fare invidia alle reti concorrenti e il format era imitato persino dai quiz a premi che inserivano domande sul delitto. E' rimasto memorabile il caso della massaia di Paternolo che perse 500.000 euro alla trasmissione Il paccotto perché non seppe rispondere alla domanda se l'ultimo a vedere vivo Samuele fosse stato l'amichetto Giuliano o la fidanzatina Mariella.
Le indagini proseguivano ininterrotte per fare luce su questa oscura pagina che aveva scosso la vita di una tranquilla comunità di provincia.
Sono passati tre anni da quando l'assassino di Samuele si è costituito e le puntate di La vita è qui che hanno approfondito le cause e le circostanze del delitto sono ormai lontane. Da allora deve essere successo qualcosa di strano nel paese. Nessun delitto, nessuna rapina, neanche un furto in villa con morti accidentali, solo banali scippi e storie di spaccio senza mordente. Prima accadeva un delitto di tanto in tanto, una vecchietta uccisa dal nipote, una donna accoltellata dal suo ex, un padre ucciso per futili motivi dal figlio. Tutti fatti che accendevano l'attenzione della gente. Autentici tesori per trasmissioni come La vita è qui. Ora non accade più nulla di tutto questo e sono ormai tre anni che la trasmissione non fa che parlare dei vecchi delitti. La gente non ne vuole più sapere e non c'è nulla di nuovo che la trasmissione possa proporre per attirare l'attenzione. La gravidanza della velina di turno o il tradimento della valletta che lascia il portiere per il centravanti assicura qualche ascolto ma niente che regga il confronto con un delitto. C'è voglia di sangue.
In redazione si fanno sentire gli effetti dell'audience che crolla. I contratti pubblicitari sono sempre di meno. E' la crisi. La direzione dell'emittente sta pensando di chiudere la trasmissione e di rivedere il ruolo del personale. Il presentatore, un anchorman unanimemente apprezzato da più di vent'anni, attraversa un periodo di crisi che si riverbera in famiglia. Il rapporto con la moglie si fa sempre più teso ma lei comprende le ragioni della crisi e sa che l'uomo che ha sposato supererà quel momento difficile della sua carriera come è già accaduto altre volte.
Da qualche tempo il presentatore è pensieroso. Lui, sempre gioviale, ha perso la sua consueta solarità. Sta studiando una via d'uscita. Non è possibile che possa chiudersi una carriera così brillante per lui che è sempre stato sulla cresta dell'onda. Quando i suoi colleghi giornalisti facevano la fame sulle inchieste politiche, sociali e economiche lui faceva soldi a palate, per non parlare poi degli inviati che si occupavano delle crisi internazionali, che illusi!
Nel tempo il presentatore e la redazione avevano accumulato una notevole esperienza di omicidi, ne avevano studiato tutti gli inquietanti dettagli, valutato le prove più irrilevanti e gli indizi più innocenti. Sapevano fiutare le tracce da seguire e cogliere in un attimo i punti deboli negli alibi degli indiziati e nelle indagini degli inquirenti. Il presentatore poi aveva un intuito eccezionale, quante volte aveva capito prima degli inquirenti chi fosse l'assassino ma aveva taciuto per il bene della trasmissione. Lui sapeva benissimo che l'interesse per i delitti va scemando quando vengono risolti. Chi più di lui sapeva quale delitto poteva riportare ai fasti di un tempo la sua trasmissione e la sua carriera?
- Samuele era un bravo ragazzo, veniva a messa tutte le domeniche e voleva fare il chierichetto.
Il parroco si commuove, la telecamera zooma sui suoi occhi umidi. Il presentatore interviene con un'altra domanda fintamente formulata per distrarre l'attenzione ma assestata con arte per far notare la necessità di distrarre il parroco che altrimenti avrebbe pianto. Il parroco approfitta della distrazione portandosi rapidamente la mano verso gli occhi per cancellare le tracce di una commozione incipiente.
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Il delitto Parisio era oggetto di discussione ininterrotta da un anno. Il ritrovamento del corpicino senza vita di Samuele con chiari segni di strangolamento aveva scosso la piccola comunità di Orsinia e tutta la nazione. Le indagini fino a quel momento non avevano portato a nulla. Sul banco dei sospettati erano passati la madre, il padre, il fratello maggiore, quello minore, un cugino della nonna e una cognata del marito della sorella della zia. Tutti scagionati da alibi di ferro.
L'uccisione di Samuele era stata approfondita dalla trasmissione La vita è qui con l'intervento di psicanalisti infantili, criminologi e esperti di strangolamenti. Persino un pentito della mafia condannato all'ergastolo per decine di infanticidi volle dare la sua sentita testimonianza per l'efferato assassinio. Perché non sfuggisse alcun dettaglio nei salotti della trasmissione vennero chiamati la maestra, tutti gli amichetti e le amichette, l'allenatore della nazionale di cui Samuele era tanto tifoso e l'amministratore delegato dell'azienda che produceva il dolce preferito di Samuele. La trasmissione aveva un'audience da fare invidia alle reti concorrenti e il format era imitato persino dai quiz a premi che inserivano domande sul delitto. E' rimasto memorabile il caso della massaia di Paternolo che perse 500.000 euro alla trasmissione Il paccotto perché non seppe rispondere alla domanda se l'ultimo a vedere vivo Samuele fosse stato l'amichetto Giuliano o la fidanzatina Mariella.
Le indagini proseguivano ininterrotte per fare luce su questa oscura pagina che aveva scosso la vita di una tranquilla comunità di provincia.
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Sono passati tre anni da quando l'assassino di Samuele si è costituito e le puntate di La vita è qui che hanno approfondito le cause e le circostanze del delitto sono ormai lontane. Da allora deve essere successo qualcosa di strano nel paese. Nessun delitto, nessuna rapina, neanche un furto in villa con morti accidentali, solo banali scippi e storie di spaccio senza mordente. Prima accadeva un delitto di tanto in tanto, una vecchietta uccisa dal nipote, una donna accoltellata dal suo ex, un padre ucciso per futili motivi dal figlio. Tutti fatti che accendevano l'attenzione della gente. Autentici tesori per trasmissioni come La vita è qui. Ora non accade più nulla di tutto questo e sono ormai tre anni che la trasmissione non fa che parlare dei vecchi delitti. La gente non ne vuole più sapere e non c'è nulla di nuovo che la trasmissione possa proporre per attirare l'attenzione. La gravidanza della velina di turno o il tradimento della valletta che lascia il portiere per il centravanti assicura qualche ascolto ma niente che regga il confronto con un delitto. C'è voglia di sangue.
In redazione si fanno sentire gli effetti dell'audience che crolla. I contratti pubblicitari sono sempre di meno. E' la crisi. La direzione dell'emittente sta pensando di chiudere la trasmissione e di rivedere il ruolo del personale. Il presentatore, un anchorman unanimemente apprezzato da più di vent'anni, attraversa un periodo di crisi che si riverbera in famiglia. Il rapporto con la moglie si fa sempre più teso ma lei comprende le ragioni della crisi e sa che l'uomo che ha sposato supererà quel momento difficile della sua carriera come è già accaduto altre volte.
Da qualche tempo il presentatore è pensieroso. Lui, sempre gioviale, ha perso la sua consueta solarità. Sta studiando una via d'uscita. Non è possibile che possa chiudersi una carriera così brillante per lui che è sempre stato sulla cresta dell'onda. Quando i suoi colleghi giornalisti facevano la fame sulle inchieste politiche, sociali e economiche lui faceva soldi a palate, per non parlare poi degli inviati che si occupavano delle crisi internazionali, che illusi!
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Nel tempo il presentatore e la redazione avevano accumulato una notevole esperienza di omicidi, ne avevano studiato tutti gli inquietanti dettagli, valutato le prove più irrilevanti e gli indizi più innocenti. Sapevano fiutare le tracce da seguire e cogliere in un attimo i punti deboli negli alibi degli indiziati e nelle indagini degli inquirenti. Il presentatore poi aveva un intuito eccezionale, quante volte aveva capito prima degli inquirenti chi fosse l'assassino ma aveva taciuto per il bene della trasmissione. Lui sapeva benissimo che l'interesse per i delitti va scemando quando vengono risolti. Chi più di lui sapeva quale delitto poteva riportare ai fasti di un tempo la sua trasmissione e la sua carriera?
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- Bentornati a una nuova puntata di La vita è qui. Riprendiamo con un altro caso di omicidio dopo più di tre anni dalla soluzione del caso del piccolo Samuele. Lo ricorderete tutti il piccolo Samuele strangolato da un balordo che passava di lì per caso e che non aveva alcun movente per compiere quel barbaro delitto. Quell'uomo che ripeteva ossessivamente di essere un patito fan della nostra trasmissione. Lo diciamo chiaramente noi non vogliamo fan come quell'uomo, quel feroce individuo che si è macchiato del sangue di un bambino. Noi ci dissociamo da telespettatori di quella risma. Ma lasciamo che quel doloroso passato riposi nelle nostre memorie e occupiamoci del presente che purtroppo ha di nuovo mostrato la sua crudeltà.
Come avrete appreso dai telegiornali, tre giorni fa io stesso sono stato colpito da un lutto che mi ha devastato. La mia povera moglie è stata trovata senza vita in un autogrill poco fuori Roma. I segni sul suo corpo lasciano pochi dubbi, si è trattato di un assassinio di una ferocia inaudita eppure nessuna traccia è stata lasciata sul luogo del delitto e gli inquirenti non hanno alcuna linea di indagine ragionevole. Si è trattato di un omicidio per rapina o di un delitto a sfondo sentimentale? Lo scopriremo con i nostri esperti.
La telecamera zooma sugli occhi del presentatore che si schermisce con un sorriso triste.
giovedì 10 dicembre 2015
Tante domande
Di recente ho riletto le Favole al telefono di Rodari. Una delle mie preferite è quella del bambino che fa domande assurde. La favola riecheggia la massima di Claude Lévi-Strauss che sosteneva: "scienziato non è colui che sa dare le vere risposte, ma colui che sa porre le giuste domande". Tuttavia io provo una certa simpatia per il bambino della favola perché se nell'impresa della conoscenza è importante fare le domande giuste è altrettanto importante rovesciare la prospettiva, non essere convinti che non ci siano altri modi di porre le domande. Quelle domande, a prima vista assurde, potrebbero aprire nuovi mondi o rendere visibili cose che prima passavano inosservate.
Chissà, per quanto strano potrebbe essere interessante vedere che un pianeta è aggrappato alle radici di un misero filo d'erba!
Tante domande
C'era una volta un bambino che faceva tante domande,
e questo non è certamente un male, anzi è un bene.
Ma alle domande di quel bambino era difficile dare risposta.
Per esempio, egli domandava: - Perché i cassetti hanno i tavoli?
La gente lo guardava, e magari rispondeva: - I cassetti servono per metterci le posate.
- Lo so a che cosa servono i cassetti, ma non so perché i cassetti hanno i tavoli.
La gente crollava il capo e tirava via. Un'altra volta lui domandava:
- Perché le code hanno i pesci? Oppure:
- Perché i baffi hanno i gatti?
La gente crollava il capo e se ne andava per i fatti suoi.
Il bambino, crescendo non cessava mai di fare domande.
Anche quando diventò un uomo andava intorno a chiedere questo e quello.
Siccome nessuno gli rispondeva,
si ritirò in una casetta in cima a una montagna e tutto il tempo pensava delle domande e
le scriveva in un quaderno, poi ci rifletteva per trovare la risposta, ma non la trovava.
Per esempio scriveva:
«Perché l'ombra ha un pino?»
«Perché le nuvole non scrivono lettere?» «Perché i francobolli non bevono birra?»
A scrivere tante domande gli veniva il mal di testa, ma lui non ci badava.
Gli venne anche la barba, ma lui non se
la tagliò. Anzi si domandava: «Perché la barba ha la faccia?»
Insomma era un fenomeno. Quando morì, uno studioso fece delle indagini e scoprì che quel tale fin da piccolo si era abituato a mettere le calze a rovescio e non era mai riuscito una volta a infilarsele dalla parte giusta, e così non aveva mai potuto imparare a fare le domande giuste.
A tanta gente succede come a lui.
Gianni Rodari, Favole al telefono, 1962
Chissà, per quanto strano potrebbe essere interessante vedere che un pianeta è aggrappato alle radici di un misero filo d'erba!
Tante domande
C'era una volta un bambino che faceva tante domande,
e questo non è certamente un male, anzi è un bene.
Ma alle domande di quel bambino era difficile dare risposta.
Per esempio, egli domandava: - Perché i cassetti hanno i tavoli?
La gente lo guardava, e magari rispondeva: - I cassetti servono per metterci le posate.
- Lo so a che cosa servono i cassetti, ma non so perché i cassetti hanno i tavoli.
La gente crollava il capo e tirava via. Un'altra volta lui domandava:
- Perché le code hanno i pesci? Oppure:
- Perché i baffi hanno i gatti?
La gente crollava il capo e se ne andava per i fatti suoi.
Il bambino, crescendo non cessava mai di fare domande.
Anche quando diventò un uomo andava intorno a chiedere questo e quello.
Siccome nessuno gli rispondeva,
si ritirò in una casetta in cima a una montagna e tutto il tempo pensava delle domande e
le scriveva in un quaderno, poi ci rifletteva per trovare la risposta, ma non la trovava.
Per esempio scriveva:
«Perché l'ombra ha un pino?»
«Perché le nuvole non scrivono lettere?» «Perché i francobolli non bevono birra?»
A scrivere tante domande gli veniva il mal di testa, ma lui non ci badava.
Gli venne anche la barba, ma lui non se
la tagliò. Anzi si domandava: «Perché la barba ha la faccia?»
Insomma era un fenomeno. Quando morì, uno studioso fece delle indagini e scoprì che quel tale fin da piccolo si era abituato a mettere le calze a rovescio e non era mai riuscito una volta a infilarsele dalla parte giusta, e così non aveva mai potuto imparare a fare le domande giuste.
A tanta gente succede come a lui.
Gianni Rodari, Favole al telefono, 1962