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giovedì 30 aprile 2015

...e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

«Domani 63 biciclette torneranno a percorrere le strade della pianura salentina. Ma biciclette che non ci si può immaginare senza averle viste: biciclette con le ossa di fuori, tenute su a furia di spaghi; telai di tavole, sellini senza forma, manubri e ruote arrugginiti, pedali che cigolano come carrucole d’un pozzo. Biciclette d’uno squallore così metafisico che sembra impossibile che non abbiano un’anima». Vittorio Bodini, L’Arneide ultimo atto, maggio 1951. In Barocco del Sud. Besa, 2003.

***

Prima di "festeggiare" il primo maggio si deve sapere che oggi "il mercato del lavoro" è sempre più simile a quello mostrato in questo video. Qualcuno riderà dopo aver visto il video ma c'è poco da ridere e se si ride è una risata amara, di quelle utili a nascondere dolori lancinanti. Ecco una notizia di pochi giorni fa, notizia vera non farlocca come quelle del Corriere della Sera che 8 giovani su 10 rifiuterebbero un contratto per lavorare sei mesi all'EXPO (dati e fatti veri in questo articolo e in questo. Se non avete voglia di leggere guardate questo video). I giovani rifiutano il lavoro. Certo, ma quale lavoro? A quali condizioni? E' veramente "lavoro" quello che rifiutano? Se i giornalai del corriere serale fossero stati giornalisti si sarebbero poste queste domande anziché dare sfogo al pregiudizio dei "gggiovani che non hanno voglia di lavorare".

Prima di stupirvi se i giovani rifiutano un lavoro raccontando(vi) la storia che i vostri padri e i vostri nonni lo avrebbero accettato fatevi un po' di domande. I miei nonni e mio padre hanno accettato di lavorare in condizioni meno che precarie ma lo hanno fatto perché chi veniva dopo di loro non fosse messo nelle condizioni di dover accettare quello che loro hanno dovuto accettare. I nostri padri e i nostri nonni hanno dovuto accettare condizioni di lavoro senza diritti perché quei diritti venissero riconosciuti. I nostri padri e i nostri nonni si sono ribellati a quelle condizioni di lavoro, come racconta questo drammatico episodio della storia del Salento avvenuto nel 1950 a pochi km dal paese dove sono nato e cresciuto.

I motivi per cui oggi i giovani non "scelgono" i lavori del passato sono frutto di mutamenti sociali complessi, materia difficile da gestire per giornalai addestrati nei bar dello sport. La rassicurante storia dei giovani che non hanno voglia di lavorare serve solo a coprire l'imbarazzante ignoranza dei tuttologi da baraccone. Se posso permettermi anch'io una semplificazione direi che i nostri nonni e i nostri padri hanno accettato condizioni di lavoro che oggi non vengono accettate perché vedevano nel loro futuro diritti che non avevano nel loro passato. Perché i giovani dovrebbero accettare lavori senza diritti? Per accelerare la cancellazione dal loro futuro di diritti che c'erano nel loro passato?

Ricordatevelo tutte le volte che ognuna di quelle conquiste sociali viene abbattuta.
Ricordatevelo ogni volta che si fa un passo indietro nel terreno dei diritti del lavoro.
Ricordatevelo ogni volta che vedete Renzi in televisione che ciancia di job act.

Buon primo maggio.

Foto da questo sito da cui riprendo anche la didascalia.
«Il quinto stato libera rivisitazione de : "IL QUARTO STATO" Pellizza da Volpedo. il popolo dei vacanzieri!!!!! lo so, lo so che il titolo l'ho un po' tirato per i capelli, ma la sensazione era proprio quella del famoso "quarto stato" mi è subito venuto in mente il paragone tra le lotte del quarto stato e quelle di questo...quinto stato! per questo quinto stato la lotta è solo uno sgomitare per godersi la vita meglio del proprio vicino.....altro che grandi ideali!»

7 commenti:

  1. Mistificazione della realtà ad opera di gente che "tiene famiglia" e sopratutto ritiene di godere di "privilegi" che non vuole perdere. Una guerra tra poveri.
    Bellissima la foto. Buon Primo Maggio!

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    1. Cara Berica, che abbiano o meno famiglia mi interessa poco, così come mi interessano poco slogan facili in cui rientra sia la storia dei "giovani che non hanno voglia di lavorare" sia la storia di chi "tiene famiglia" o dei "privilegi" di cui Grillo, mi pare, si sia incaricato di infestare il già miserabile discorso politico in Italia. La guerra tra poveri è la ciliegina sulla torta dell'impoverimento di quel discorso.

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  2. Il video, anche se fa sorridere, è amaro, si, questo è vero. Però, per fortuna non è così da per tutto.
    Io, credo sia arrivato il momento di provare a fare un passo indietro, perchè altrimenti questa nazione morirà. Ho una piccola azienda grafica, un lavoro bellissimo, te l'assicuro, eppure i giovani non lo cercano, non lo vogliono. Presentano svariati curriculum, ma solo per stare dietro ad una scrivania, non di certo per sporcarsi le mani con il colore... E' un peccato che rinuncino, che nemmeno ci provino, si, è davvero un peccato che rinuncino alla passione, perchè un lavoro come il mio ad esempio, ti può caricare di passione e ti da molte soddisfazioni. Stiamo perdendo il nostro fiore all'occhiello: la garanzia della professionalità nella mano d'opera, la stiamo passando di mano al resto del mondo, si, la stiamo regalando per un pugno di mosche , senza prendere in considerazione che, invece, il mondo ha ancora stima di noi italiani, e ama la qualità dei nostri prodotti e li vuole acquistare qui, da noi. E' un peccato che a migliaia di menti e di cuori non gliene possa fregar di meno...
    Ciao. Buon 2 Maggio ^.^.

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    1. Cara Nair, quello che dici è molto importante e l'avevo chiaro in mente quando ho scritto che i motivi per cui oggi non vengono scelti i lavori del passato sono frutto di mutamenti sociali complessi, ma i giovani non sono la "causa" di questi mutamenti, piuttosto ne sono l'esito.
      Nelle nostre "società dei servizi" il lavoro manuale è svilito, quando va bene considerato ordinario, da contrapporre al lavoro straordinario. L'operaio è stato ridotto a una specie in estinzione e qui chiamo in causa tutta la storia del movimento operaio e la sua funzione cardine nel creare una coscienza della produzione, come attività di continuo dialogo tra mano e intelletto. Mi piacerebbe chiamare in causa una storia del movimento contadino, in quanto figlio e nipote di contadini, ma ahimè quella storia non c'è stata, forse con altri Di Vittorio...chissà. Contadini e operai sono considerati lavori a basso valore aggiunto, come dice chi s'intende di economia, sottopagati, poco o per niente riconosciuti nel loro ruolo sociale. Per questo hanno desiderato un futuro diverso per i propri figli, perché non dovessero più lavorare, come loro, con le mani. Il risultato è quello che vediamo. Questo discorso mi porterebbe molto lontano e per strade per me dolorose ma alla fine arriverei proprio a quello che dici. Oggi la mano e l'intelletto si ignorano, l'uno guarda l'altra dall'alto e la disprezza, il risultato sono le nostre società schizofreniche che ricordano il racconto di Oliver Sacks dell'uomo che vuole buttare via dal letto la propria gamba perché non la riconosce come sua. A tutto questo aggiungi il parallelo discorso mediatico in cui l'ordine sociale delle professioni è tutt'altro che deciso dalla fatica, ordine che non è stato deciso dai giovani ma dai giovani introiettato. Se vogliamo fare una valutazione della situazione attuale dobbiamo partire da qui, non da slogan buoni per un Aldo Grasso, non per me. Ad ogni modo ho conosciuto tantissimi giovani che non disprezzano affatto di sporcarsi le mani ma ho evitato di menzionare esperienze personali perché è un errore abbastanza diffuso quello di pensare che tutto sia uguale a quello che accade intorno a noi. Ciao.

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  3. "I motivi per cui oggi i giovani non "scelgono" i lavori del passato sono frutto di mutamenti sociali complessi, materia difficile da gestire per giornalai addestrati nei bar dello sport". Concordo perfettamente su questo punto, ci sono molti fattori da tener presente quando si parla di lavoro e di "scelta" del lavoro per quanto riguarda i giovani italiani, europei od occidentali in genere e non sarà né giustificandoli o condannandoli a prescindere che li capiremo. Anzi, bisogna uscire da una logica moralistica per entrare in una logica di dinamiche sociali, personali e culturali; e non di dinamiche trascendentali, ma di quelle che sono estratte dalle situazioni concrete (in questo cado ciò che sostiene Cri è molto rilevante ... oggi un lavoro viene preso in considerazione anche per l'immagine sociale che se ne ricava, spendibile anche nel mondo delle relazioni ... l'abbiamo visto nel recente passato, quando "contadino" era quasi un insulto, col risultato che le campagne si sono svuotate).
    Ti rinnovo il saluto

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    1. e io concordo con te caro Garbo, "bisogna uscire da una logica moralistica per entrare in una logica di dinamiche sociali..." ma questo è difficilmente riassumibile in un tweet. Da sempre il lavoro è passato per le maglie del ruolo sociale e della sua rappresentazione, quello che cambia è proprio questa rappresentazione ma è come un film in cui tutti recitiamo. Sarà per questo che è difficile dire che è un brutto film, è più facile dire che noi siamo dei buoni attori mentre gli altri (i giovani in questo caso) recitano male..."non ci sono più i giovani di una volta!"
      Un saluto a te.

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  4. Consiglio la lettura di questo articolo sui giovani che "non sono abituali al lavoro". Il corriere della sera corre ai ripari, dopo le "perle" diffuse e commentate da chi, da critico televisivo di fama, passa troppo tempo davanti al televisore.

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