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lunedì 3 novembre 2014

Autorità e Stato assente

Nel 1961 Stanley Milgram condusse un esperimento che lo consacrò tra gli psicologi sociali più originali del suo tempo. L'esperimento gli procurò non poche critiche perché metteva a nudo aspetti poco gradevoli e volentieri rinnegati della psicologia umana. L'esperimento aveva l'obiettivo di stabilire fino a che punto l'obbedienza a una autorità potesse determinare l'esecuzione di azioni moralmente riprovevoli.
Per l'esperimento Milgram reclutò centinaia di persone con il dichiarato compito di sottoporsi, dietro compenso, a dei test sulla memoria e l'apprendimento. Lo svolgimento dell'esperimento prevedeva la partecipazione di due persone. A una veniva assegnato il ruolo di "insegnante" e all'altra il ruolo di "allievo". Lo sperimentatore dichiarava che il compito dell'esperimento era verificare l'effetto della punizione nell'apprendimento. L'allievo veniva legato a una sedia in laboratorio e gli veniva applicato un elettrodo al polso. Il suo compito consisteva nell'imparare a memoria una serie di nomi. Ad ogni errore l'insegnante doveva premere un pulsante e dare una scossa elettrica di intensità crescente all'allievo. Le scosse andavano da 15 a 450 volt e a partire da 285 volt erano accompagnate da "un urlo agghiacciante" emesso dal povero allievo fino allo svenimento.
Il vero soggetto dell'esperimento però non era l'allievo ma l'insegnante. L'allievo era un attore e non riceveva alcuna scossa elettrica. Milgram voleva scoprire quale grado di sofferenza delle persone comuni fossero disposti a infliggere a un innocente quando agivano sotto l'influsso di una persona "autorevole". Si trattava di vedere a che punto il soggetto si sarebbe ribellato all'istruttore.
Il soggetto con il ruolo di insegnante poteva sottrarsi al compito di infliggere la scossa elettrica anche se lo sperimentatore lo spronava a continuare l'esperimento.
I risultati dell'esperimento furono inquietanti. Il grado di obbedienza allo sperimentatore variava con la distanza tra i soggetti coinvolti nell'esperimento: allievo, insegnante e sperimentatore ma i risultati mostravano inequivocabilmente che un cospicuo numero di persone obbediva allo sperimentatore nonostante qualche segno di tensione. Molti volontari protestarono affermando che bisognava interrompere l'esperimento e in effetti alcuni si rifiutarono di obbedire allo sperimentatore ma un significativo numero di soggetti continuava ad obbedire allo sperimentatore infliggendo la scossa con il massimo voltaggio. Nella versione dell'esperimento in cui l'insegnante sentiva i lamenti dell'allievo ma non poteva vederlo 25 soggetti su 40 continuarono a sottoporre la "cavia" a tutte le scosse fino al massimo voltaggio. Nella versione di maggiore prossimità tra allievo e insegnante in cui l'insegnante ascoltava i lamenti dell'allievo e ne vedeva le smorfie di dolore furono in 16 su 40 a infliggere il massimo voltaggio e nella versione dell'esperimento in cui era richiesto che l'insegnante spingesse il braccio della vittima sulla piastra elettrica furono in 12 su 40 ad arrivare fino a 450 volt.

Scrive Milgram: "La spiegazione più facile sarebbe quella di considerare quei soggetti  che somministravano la scossa elettrica più violenta come dei mostri, degli individui sadici, ai margini della società. Ma è un argomento ben tenue se si pensa che quasi due terzi dei partecipanti rientrano nella categoria dei soggetti "obbedienti" e provengono da un campione di gente normale, rappresentativa di diverse classi sociali: salariati, professionisti, dirigenti. [...]
Ebbene, al termine di questo esperimento, in cui ho potuto osservare centinaia di persone normali sottomettersi docilmente all'autorità, sono giunto alla conclusione che ciò che la Arendt definisce "banalità del male", è una realtà assai più diffusa di quanto si vorrebbe credere. La maggior parte delle persone somministra le scosse per un senso di obbligo nei confronti dell'istruttore, non a causa di tendenze aggressive verso la vittima." (Stanley Milgram, Obbedienza all'autorità. Uno sguardo sperimentale. Einaudi, 2003, pag. 7)

Dato per assodato quanto Stanley Milgram e Hannah Arendt hanno dimostrato meglio di chiunque altro mi chiedo di quali strumenti lo Stato, detentore dell'autorità di esercitare la forza, si doti per eliminare ogni abuso dell'autorità. Spesso in questo ambito non c'è neanche il "filtro" dell'obbedienza ma potenziali condizioni di diretto abuso di potere. Gli esperimenti di Milgram mi fanno concludere due cose. La prima è che non c'è alcuna ragione di ritenere chi decide di arruolarsi nelle forze dell'ordine o qualunque altra categoria professionale esente da comportamenti deprecabili, la seconda consegue la prima e prevede che necessariamente lo Stato adotti strumenti idonei a ridurre a zero questi comportamenti e laddove si manifestino punirli e emendarsi.
A proposito della morte di Cucchi come quella di Aldrovandi, Uva e di tutti gli altri omicidi di Stato, quali strumenti adotta lo Stato per tracciare il comportamento dei suoi dipendenti quando prendono in custodia, ripeto, in custodia, un cittadino? Non conosco i documenti processuali del caso Cucchi e sono certo che l'assenza di prove non può che conseguire nell'assoluzione degli indagati ma mi chiedo come sia possibile che non ci siano registri con nomi, cognomi e orari di quanti hanno avuto in custodia Cucchi dal momento del suo arresto fino al suo assassinio.
E' davvero più facile tracciare un quarto di manzo macellato in Francia e consumato in Italia che tracciare il comportamento dei dipendenti dello Stato perché non abusino dell'autorità che lo Stato assegna loro?

4 commenti:

  1. "E' davvero più facile tracciare un quarto di manzo macellato in Francia e consumato in Italia che tracciare il comportamento dei dipendenti dello Stato perché non abusino dell'autorità che lo Stato assegna loro?", amara constatazione, ma molto vera: sappiamo dove nasce, dove viene allevato, dove e (forse anche come) viene macellato, conosciamo la data di scadenza (preferibilmente entro ....) ma di ciò che è successo a Stefano Cucchi non ne sappiamo (e, visto che siamo in Italia, non ne sapremo) niente.
    Dovremo rassegnarci all'idea che è normare che un giovane venga massacrato dalle forze di polizia (come accadeva durante la dittatura argentina), o che muoia per incuria dei medici curanti, o che scivoli dalle scale, perché le scale della Questura, delle carceri o della Stazione dei Carabinieri sono incredibilmente scivolose, i piantoni passano la cera tutti i giorni come facevano le casalinghe degli anni 50 e sicuramente Stefano Cucchi si è scordato di mettere le pattine.
    Ho ripreso questo argomento anche da me.
    Ciao

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  2. No, non dobbiamo rassegnarci. Come accennavo da te è quanto mai necessario seguire la catena delle cause di questa deriva e se provo a seguirla arrivo dritto a chi ha firmato una legge incostituzionale, arrivo a Fini e Giovanardi, arrivo a quanti quella legge hanno votato e arrivo a tutti i poliziotti e medici che hanno avuto in consegna Cucchi e se le prove non sono sufficienti per una condanna penale, quanto so è sufficiente per una condanna morale e basterebbe un debole senso delle istituzioni per concludere che qualunque persona coinvolta in questa vicenda, a qualunque titolo, andrebbe rimossa dal suo incarico. Non mi bastano i riti consumati con seconde, terze cariche dello stato, sono riti di quart'ordine per salvaguardare un stato decadente, uno stato non stato che usa l'autorità per coprire, avallare, celare pulsioni aggressive. Il tutto naturalmente giustificato dal fatto che Cucchi era un tossico, un dissoluto e, come ebbe a dire Giovanardi, un sieropositivo, un'infamia, una falsità ma che evidentemente a Giovanardi doveva sembrare sufficiente per giustificare il massacro di un essere umano.
    Un saluto a te.

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  3. A una brutta razza appartengono coloro che tacciono e tacendo favoriscono la morte di qualcuno. Bisognerebbe abbattere il sottobosco di azioni e comportamenti dettati da regole non scritte, ma chiaramente indirizzate a far capire come svicolare la regola ufficiale e l'unica ammessa dalla legge. L'obbedienza all'autorità del capo è davvero qualcosa che snatura la moralità e quindi la coscienza civile. Poi rimane il dover convivere con se stessi e non ci credo che le giustificazioni su quanto è stato causato possano bastare per una buona vita.
    Riguardo a Giovanardi però, faccio fatica a immaginarlo contrito anche dopo i sacramenti della confessione e l'eucarestia. e mi fa pensare a Cristo, che amo, perché ancora tante ne deve sopportare dei suoi sedicenti fedeli. Eppure ha insegnato ad amarci l'un l'altro. Questo amore non può tradursi che in rispetto per le persone, ma nessuno sa più cosa sia il rispetto soppiantato dal sopruso. E' dai fatti di Genova che ho paura delle forze dell'ordine pubblico. Quello che sta succedendo è molto grave e la battaglia intrapresa dalla famiglia Cucchi è da condividere in pieno perché c'è un forte bisogno di giustizia e pulizia morale.
    Ciao Antonio, un abbraccio Nou

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  4. Cara Nou, questi fatti sono quanto di più nocivo possa essere all'interno di un tessuto sociale. Cade la fiducia nello stato, la credibilità delle istituzioni va in pezzi, non c'è garanzia di giustizia. I fatti della Diaz, gli omicidi di stato, le recenti manganellate agli operai a Roma, sono tutti fatti che trasformano le istituzioni in un fantoccio di carta, una gigantesca messa in scena per attorucoli di quart'ordine che si avvicendano sulla scena politica. Tempo fa Vito Mancuso scrisse che "essere giusti è il modo che abbiamo per amare il prossimo". Ecco, io credo che senza una giustizia che non sia soltanto una parola vuota non ci può essere nulla che mi leghi al prossimo, ecco perché il prossimo si riduce sempre più al solo nucleo familiare, ecco perché la società va in pezzi.
    Un abbraccio a te cara Nou e buona domenica.

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