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lunedì 4 marzo 2013

Uno vale uno, gli altri valgono zero

Qualcosa accomuna quanti hanno il desiderio di governare con il 51%. Siano capelluti o bitumati condividono l'ignoranza della Costituzione.
Adesso nelle mire del leader pentastellato c'è l'articolo 67 della Costituzione (Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato). Nella sintesi di Grillo si tratta di "libertà preventiva di menzogna".

Ricopio quello che ho già scritto in un commento tempo fa: "Senza vincolo di mandato" non significa né ha mai significato che l'eletto fa quello che gli pare, è stato il risultato di una composizione dei conflitti che come sempre avviene nel diritto non può mai essere definitiva. Si poneva l'esigenza di affermare l'autonomia dell'eletto da pressioni lobbistiche del proprio stretto elettorato perché emergesse il ruolo di rappresentante dell'intera nazione. I Costituenti avevano questo in testa non "una volta eletto fai quello che ti pare".

Ironia della Storia, i Costituenti pensavano di rendere autonomo l'eletto e non influenzabile da eversori della democrazia o guru di sette parareligiose. Non avevano in mente né gente in vendita né gente senza capacità di giudizio. Non pensavano che il popolo italiano avrebbe di nuovo accettato di essere prono ai richiami di un capo. Loro non pensavano che obbedire è più facile che pensare.

5 commenti:

  1. Che poi una vale uno per ora non si è visto...

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  2. "Non pensavano che obbedire è più facile che pensare"? Eppure erano appena usciti ("usciti" si fa per dire visto che vennero riconfermati tutti i burocrati del vecchio regime e gran parte degli esponenti del fascismo si riciclò nelle nuove strutture democratiche e repubblicane) da una dittatura il cui motto era: "Credere. obbedire e combattere!".
    Io non so quali fossero le intenzioni dei padri costituenti quando scrivono "senza vincolo di mandato", sicuramente le più nobili, però questa aggiunta di fatto svincola il parlamentare dal suo stesso elettorato, che dovrebbe rappresentare, perché questa è pur sempre una democrazia rappresentativa.
    Di fatto questa assenza del "vincolo" ha permesso a Scilipoti (e a tanti altri prima e dopo di lui) di raccogliere i voti da una parte e votare poi per la parte avversaria ... chi stava rappresentando Scilipoti nel momento in cui decide di essere "responsabile" e di dare il suo voto decisivo al moribondo governo Berlusconi?
    Comprendo molto bene che il discorso è più complicato di quello che sembra, perché di fronte a casi eclatanti e che gridano vendetta, come quello di Scilipoti, ci sono altri casi molto più difficili da decifrare, come ad esempio quello di Turigliatto e della Binetti. Il primo mise sotto scacco il governo Prodi per una questione di coscienza; la seconda è arrivata a votare con l'opposizione alcune proposte di legge presentate dalla maggioranza a cui apparteneva e condivise dalla maggior parte dei suoi elettori. Il problema non sono certo soltanto Turigliatto e la Binetti, che pure potrebbero accorgersi dei loro alleati politici, potrebbero in anticipo chiedere qual'è il programma di governo, cercare di capire in anticipo chi sono le persone a cui stanno chiedendo il voto, cosa vogliono, creare insomma un rapporto pre-elettorale per cui a grandi linea conosci e interpreti una parte politica. Dall'altro i partiti che li hanno messi in lista dovrebbero valutarne la compatibilità, non puoi candidare la Binetti e proporre un programma a favore delle coppie di fatto, l'interruzione di gravidanza e l'adozione di bambini anche alle coppie omosessuali. E, infine, l'elettore dovrebbe esigere di conoscere meglio il candidato e poter essere lui stesso a scegliere se candidarlo oppure no; ma per questo sarebbero necessari dei criteri democratici di scelta che ormai sembra non possediamo più se possiamo votare per uno come Berlusconi che è un'anomalia democratica, per gente come la Lega, se ci facciamo andar bene l'ennesimo governo tecnico, se ci accontentiamo delle non-spiegazioni di Bersani sul Monte dei Paschi, se accettiamo che tutto (dall'economia. ai media, alla burocrazia, persino le squadre di calcio) sia espressione di una parte politica e non dell'intera Nazione.
    Ciao

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  3. Forse avrei dovuto dire che i costituenti speravano che gli italiani avrebbero riscoperto la dignità di pensare anzicché la comodità di obbedire, soprattutto dopo il recente passato anche se hanno dovuto accettare i burocrati del vecchio regime.
    Da quanto dici rilevo ancora una volta il paradosso che per stigmatizzare il comportamento di gente asservita si muovono critiche ad una norma che di fatto è stata scritta al fine rendere autonomo il rappresentante. Ma forse io non ho la lungimiranza di Grillo e Casaleggio né il terrore del dissenso che li accomuna, e non ho neanche la disinvolta abitudine di usare lo stesso argomento per sostenere due tesi opposte, visto che tempo fa un post nel blog di Grillo si richiamava a quell'articolo 67 proprio per sostenere che l'eletto rappresenta l'intera Nazione e non il proprio elettorato.
    A presto.

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  4. Io non vedo il paradosso che tu evidenzi, forse l’autonomia poteva essere un valore non indifferente dopo vent’anni di dittatura e una guerra disastrosa, ma è anche vero che il parlamentare non è e non può essere uno che raccoglie dei voti per poi essere libero di fare ciò che vuole. Il parlamentare è l’interprete e il portavoce dei suoi elettori, è quello che porterà avanti le proposte per cui è stato eletto e che i suoi sostenitori condividono, esiste un patto elettorale fra eletto ed elettori e sarebbe un bene che chi eleggiamo venisse controllato anche dopo il voto e venisse richiamato al suo dovere ... che ci fosse un filo diretto continuo fra eletto ed elettori. E’ possibile che ci si trovi di fronte a situazioni nuove e impreviste nel momento dell’elezione, per cui il parlamentare non ha accordo né mandato, in tal caso è necessario o che proponga qualcosa a chi l’ha eletto oppure che ascolti la sua base elettorale su questa questione. Per questo Scilipoti si è comportato in maniera ignobile, perché i suoi elettori non avrebbero mai approvato il suo passaggio sul fronte berlusconiano e lui si è sentito libero di farlo. Io credo che se si spezza l’accordo fra eletto ed elettori, se non ti senti più di rappresentare chi ti ha eletto, per qualsiasi motivo ciò avvenga, l’unica via di uscita onorevoile siano le dimissioni.
    Riguardo alla fedeltà a partiti o alle coalizioni: se vuoi essere completamente autonomo da ogni consorteria puoi sempre fare una lista civica da solo, ma con le leggi elettorali degli ultimi anni non andresti da nessuna parte, rendendo conto solo ai tuoi elettori; oppure costruire insieme ad altre persone progetti comuni, dove la dialettica interna e la democraticità fanno si che ciascuna proposta sia vagliata, votata, approvata, modificata o rigettata in base al consenso che ottiene. E se non ottiene alcun consenso o se vince una proposta alternativa alla tua, la accetti, perché questa è la democrazia: Renzi ha perso le primarie e con lui ha perso la sua linea politica alternativa e diversa da quella di Bersani, ne ha preso atto e ha appoggiato Bersani lealmente nella campagna elettorale del PD. Ma possono esistere casi di coscienza per cui mi è impossibile appoggiare qualcosa che non condivido, è il caso di Turigliatto e della Binetti, in tal caso non è che posso bloccare un governo o votare con l’opposizione, non è dignitoso, è più dignitoso dimettersi e far subentrare al tuo posto il primo dei non eletti del tuo partito.
    Riguardo all’Art. 67, non ho idea di come lo intenda Grillo, a mio parere un parlamentare rappresenta soprattutto i suoi elettori, ma nel momento in cui ha incarichi di governo, amministrativi o entra in qualche commissione è suo preciso dovere coniugare i punti essenziali del suo mandato col benessere di tutta la Nazione, perché adesso egli governa, amministra e rappresenta l’intera Nazione.
    Ciao

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  5. Garbo non avrei mai pensato che l'autonomia potesse essere un valore storicamente contingente, magari si potrebbe rivedere anche la filosofia di Kant al riguardo. Posso solo ripetermi, senza vincolo di mandato non significa non avere alcun impegno con il proprio elettorato ma essere svincolato dagli interessi particolari dell'elettorato che non sempre è fatto da cittadini candidi e puri e disinteressati, è fatto anche da lobby di potere piuttosto influenti. Nonostante il recente "risveglio" che la politica italiana sembra avere avuto io rimarrei ad una concezione realistica della politica, quella che Machiavelli ha descritto in maniera disincantata. Siccome stiamo parlando di concetti piuttosto complessi eviterei la menzione a Scilipoti e accolgo quella di Turigliatto e Binetti. In entrambi i casi i rispettivi partiti sapevano come la pensavano o avevano gli strumenti per saperlo, pertanto le critiche riguardo al comportamento dei singoli vanno rivolte ai rispettivi partiti o ai singoli individui che, come dici tu, si sarebbero potuti dimettere, e non al principio di autonomia. Nè mi sembra giustificabile la tua diversa applicazione del principio tra esponenti del potere parlamento e del governo, fino a prova contraria in Italia il potere esecutivo è una emanazione del potere legislativo, per cui mi sembra una lettura bizzarra quella di un governo al di sopra delle parti e di un parlamento che addirittura garantisce gli interessi di parte. Prova a immaginare di eliminare o indebolire quel principio di autonomia, imboccheresti una strada che ti porta più lontano da quello che sembra l'obiettivo di molti, liberare l'Italia dai partiti, vincoleresti ancor di più i singoli al volere della propria dirigenza. Non vorrei sembrarti malizioso ma sono convinto che Grillo e Casaleggio hanno fatto questo esperimento mentale. Visto che i suddetti dicono di amare tanto la democrazia diretta e il contatto eletti-elettori non dovrebbero avere difficoltà ad indire un referendum al loro interno riguardo le mosse del movimento. Non mi sembra che stiano impoccando quella strada, o sbaglio? Ciao

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