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giovedì 4 ottobre 2012

Sulla coerenza

Spesso si invoca la coerenza quale criterio di solidità di un discorso, di un argomentare e non di rado anche riguardo al modo di vivere, e allora parliamo di una persona coerente, di pensiero coerente. Ma cos'è la coerenza? Secondo il vocabolario è coerente chi o cosa "presenta una stretta coesione di tutte le sue parti” ed è "esente da contraddizioni nei pensieri e nelle azioni”. In ambito morale la coesione implica una relazione tra le parti e questo implica a sua volta una azione reciproca che non può esaurirsi in sé stessa poiché l’azione muta i soggetti che ne fanno parte e la stessa relazione per generare altre relazioni. Se questo è vero bisogna stare in guardia da una coerenza che non riconosce la natura mutevole del coesistere e non vede la prolificità delle relazioni, la loro tendenza a diventare sempre altro. Diventa quindi necessario distinguere una coerenza interna ed una coerenza esterna.
Il pensiero che presenta una coerenza interna senza interrogarsi su cosa possa esserci all'esterno del sistema di valori che lo costituisce può esporre ai rischi di una tautologia nel migliore dei casi, all'auto-annientamento nel peggiore. In ogni caso si tratta di un pensiero che non potrà mai autenticamente scoprire la novità dell’altro da sé. Pirandello ci ha messo in guardia dal riparare la giara dal suo interno, sulla scia di tale consapevolezza persino la roccaforte matematica è stata espugnata dai teoremi di Gödel ed il territorio del “comportamento razionale” dell’economia è stato scosso dal terremoto di Amartya Sen.
Per capire il mondo dobbiamo uscire di casa. Una casa dalle mura strette e dal soffitto basso, una casa le cui mura non sono ormai che ruderi della nostra umanità, ma che ancora abbiamo il diritto di credere sontuosa come un castello perché è l’unica di cui possiamo disporre e l’unica che dobbiamo riedificare.

Mi rendo conto che queste brevi note possono essere intese come una sorta di liberatoria per l'incoerenza, niente di più sbagliato. In tal caso valga quanto scriveva Wittgenstein: "La tautologia non ha condizioni di verità, poiché è incondizionatamente vera; e la contraddizione è sotto nessuna condizione vera. Tautologia e contraddizione sono prive di senso." (4.461), seguito subito dopo da: "Tautologia e contraddizione non sono però insensate; esse appartengono al simbolismo, così come lo “0” al simbolismo dell’aritmetica." (4.4611) Tractatus logico-philosophicus.

11 commenti:

  1. Un mafioso che non si pente è coerente, uno che si pente è incoerente. Oppure non è così?

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  2. Alberto, la tua è una sintesi piuttosto frettolosa. La coerenza è un concetto privo di significato senza un sistema di riferimento, sia esso un sistema di valori o un sistema fisico. Ho sottolineato una coerenza interna e una coerenza esterna al sistema di riferimento. E' una riflessione epistemologica tuttavia le implicazioni morali e sociali sono evidenti. La nostra conoscenza del mondo / comprensione dell'altro aumenta quando mettiamo in discussione i paradigmi che diamo per scontati.
    Per tornare al tuo esempio il mafioso è coerente internamente ma incoerente esternamente, ma in questo caso intervengono argomenti che precedono il giudizio di coerenza. I sistemi mafioso e civile confliggono e quando un sistema impedisce la libera espressione dei diritti maturati in un contesto condiviso allora quel sistema non può essere in alcun modo ammissibile. Spero di essere stato chiaro.

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  3. Ognuno ha la sua coerenza, c'è un mondo di coerenze diverse, tante quante sono le menti pensanti, moltiplicato il numero delle volte che cambiano idea. La coerenza è una bolla di sapone a meno che non sia accompagnata dalla legge morale che dovrebbe essere in ugnuno di noi e che ponga il bene comune come assoluta priorità quindi anche al di sopra del bene personale...ma quando mai? Pur se tuttavia in diversi aspetti delle relazioni umane si privilegi il bene dell'altro e la sua tutela, come nella crescita dei figli e il loro futuro.

    Un abbraccio
    Nou

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  4. Chiarissimo Antonio, la mia era una provocazione.

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  5. Mi piacciono le provocazioni Alberto, sul serio, quando consentono di sviluppare di più il pensiero. La tua provocazione era perfetta, grazie. ;-)

    Cara Nou già, la legge morale, mica roba semplice eh, però diciamo che è decisiva, è il sistema nel quale muoversi. Ok per il bene dell'altro purché il bene sia appunto la libera espressione della propria personalità e non un concetto fumoso per anime stanche ;-)

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  6. Le anime stanche bisogna sopprimerle ;) Sono allergica ai fumi :))

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  7. P.S.: soprattutto se trattasi di fumi concettuali ;-)
    Buon sabato e domenica

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  8. Quando si parla di persone la “logica”, persino quella più sofisticata di Wittgenstein, deve cedere il passo a ciò che è “psico”-logico; non sempre noi uomini ci comportiamo logicamente, razionalmente, secondo i precetti anche elementari della logica aristotelica. Tralascio la questione dell’inconscio, del dinamico, del procedurale, che sono modalità di funzionamento dell’umano che sono preponderanti e che non accedono ai requisiti minimi perché si dia una logica del pensiero e dell’azione. L’errore che compie ogni “logico” è quello di presupporre un soggetto dotato di coerenza ... anzi, di presupporre un soggetto tout court. Le moderne teorie cibernetiche e quelle sistemiche cercano di coniugare coerenza e incoerenza del sistema in ogni momento dato e stanno aprendo delle vie cliniche e di ricerca molto promettenti. Purché non si giunga in ogni caso a privilegiare il razionale, ciò che è coerente, ciò che è simbolico in una nuova formulazione del dogma hegeliano secondo cui tutto ciò che è razionale è reale, purché si faccia tesoro delle fonti che invece dubitano dell’esistenza di un tale monolite; potrei iniziare da Freud, da Marx, dall’esistenzialismo ... ma mi piace partire dalla Nascita della tragedia di Nietzsche. In definitiva Nietzsche ci dice in quest’opera che nell’essere umano ci sono delle forze “apollinee” che creano unità, senso di armonia, coerenza e cercano di dare forma al caos, ordine al disordine; nello stesso tempo ci sono forze “dionisiache” che scompigliano i giochi, che portano disgregazione, contraddizione, molteplicità e aprono le porte al divenire, mentre l’unità tende alla staticità dell’essere. Freud in Al di là del principio di piacere da un’interpretazione biologistica e psicologistica a questi due principi filosofici nietzschiani: aggregazione, stasi e vita da una parte, disgregazione, movimento frenetico e morte dall’altra. Eraclito ci avrebbe detto che i due opposti in realtà hanno un punto di contatto, che il senso è circolare, che Apollo è Dioniso rovesciato ... e viceversa; che l’estremo ordine è già morte, fissità e che l’estremo disordine è il centro stesso della vita (come in qualche modo sostiene anche la teoria del caos).
    Scendo un po’ più nel concreto: “I sistemi mafioso e civile confliggono ...”, dici tu, mentre Alberto scrive: “Un mafioso che non si pente è coerente, uno che si pente è incoerente”; in fondo mi sembrano vere entrambe le affermazioni ed entrambe incomplete. E’ perfettamente vero ciò che dici tu Antonio, sulla coerenza interna e quella esterna, ma ... proprio sull’esempio citato, siamo proprio sicuri che “confliggano”? Se confliggessero davvero il mafioso sarebbe un corpo estraneo, contro cui si attiverebbero gli anticorpi, invece il mafioso vive e prospera nel suo territorio. Forse la coerenza interna al mafioso e quella della società civile non sono poi così diverse, non inconciliabili in ogni caso. Mi sono chiesto spesso cosa fosse in realtà la mafia, l’essenza stessa dell’essere mafioso intendo, non il suo travestimento esteriore, che è mutato col mutare dei tempi da Vito Cascio Ferro a Matteo Messina Denaro. Secondo me l’essenza della mafia è che per ogni singola persona esiste una gerarchia di preferenze, di valori, che ti portano ad interessarti e a privilegiare in ogni contesto e in ogni discorso te stesso, la tua famiglia e i tuoi amici, piuttosto di avere un panorama più ampio aperto all’intera società in cui vivi.
    (segue)

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  9. Un esempio pratico? Sei un selezionatore di personale per un’azienda, o un professore universitario che sta valutando i candidati ad un concorso interno, si presenta tuo nipote come aspirante a quel posto, è tuo potere influire sulla scelta definitiva e sai perfettamente che tuo nipote non è il candidato migliore, né il più adatto, né il più preparato (anzi, è possibile che sia anche fra i peggiori o addirittura una sciagura per quell’ente per cui andrà a lavorare, anzi, visto che non deve il posto a meriti suoi non cercherà nemmeno di migliorarsi), sai solo che è tuo nipote e tutti gli altri nemmeno li conosci. Che fai? Che fare? Che facciamo noi in casi come questi, quando abbiamo un potere qualsiasi e possiamo privilegiare qualcuno della nostra cerchia? Facciamo assumere il nipote o cerchiamo davvero la persona che riteniamo più adatta ad occupare quel posto, anche in riferimento al fatto che mentre l’assunzione del nipote beneficia solo me e la mia famiglia, l’assunzione di una persona preparata, in gamba, motivata, beneficerebbe tutti, compreso me e la mia famiglia (se non altro perché il nipote sarebbe costretto a darsi da fare se vuole essere assunto da qualche parte).
    Cos’è la mafia? La mafia è sostanzialmente miopia, un problema visivo che ci impedisce di valutare tenendo in considerazione lo spazio e il tempo: l’assunzione di un nipote perché spazialmente (e affettivamente) mi è più vicino rispetto alla lontananza di uno sconosciuto; il tempo perché questotipo di logiche non si estende mai a prevedere il futuro, rimane ancorata al presente ... tempo fa in un’intercettazione di un summit fra camorra campana e ‘ndrangheta calabrese per lo smaltimento di rifiuti tossici, si stava discutendo di scavare più in profondità per poter stoccare più rifiuti tossici in un determinato sito, ad un certo punto qualcuno dei presenti sollevò un’obiezione: “Ma, se scaviamo più a fondo c’è il rischio di arrivare alle falde acquifere!”, devono averlo guardato tutti come si guarda un’idiota, poi qualcuno, interpretando il sentire di tutti, gli ha risposto: “E a noi che ce ne frega, beviamo acqua minerale!”. Soldi, benessere, potere, ..., subito, senza curarti se per ottenere tutti questo devi inquinare il suolo dove vivi, la tua terra, il pianeta.
    La mafia è difendere questo concetto con ogni mezzo, se per farlo usi anche le armi sei già Totò Riina, Bernardo Provenzano, ....
    (segue)

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  10. Un mafioso che si pente, e qui do ragione ad Alberto, è incoerente, è incoerente con la logica della società civile che ti stigmatizza come mafioso e si stupisce se modifichi i tuoi valori, è scettica, ti chiama “pentito” non a caso ... insomma, tu sei un delinquente, uno che ha ucciso, anche ferocemente, vuol dire che il delinquere e l’ammazzare ce li hai nel sangue, come possiamo noi, società civile, crederti, aver fiducia in te? Un mafioso che si pente è incoerente con la mentalità prevalente che è fondamentalmente mafiosa e che viene stigmatizzata solo quando mostra il volto dell’orrore, quando fa i morti uccisi atrocemente ... altrimenti non si spiegherebbe la reazione di tanti siciliani nel ’92 dopo la morte di Falcone e Borsellino e nel 2001, solo pochi anni dopo, si elegge in Sicilia Totò Cuffaro come Presidente di Regione, non si spiegherebbe come mai nelle elezioni politiche dello stesso anno 61 collegi su 61 siano andati al CDX di Silvio Berlusconi, che fra l’altro rappresenta meglio di molti altri la mentalità di cui stiamo parlando.
    Però il mafioso che si “pente” potrebbe essere coerente con una modificazione profonda intervenuta in lui (difficilissima da acclarare, anche perché ci si può pentire per avere privilegi, sconti di pena, opportunità ... anche di vendetta se non sei più sorvegliato come prima, ma difficile anche da verificarne la solidità anche quando emerge una consapevolezza dei propri errori e un senso di colpa profondo, in questo caso può avvenire che la stessa rigidità e la stessa ferocia che veniva impiegata nel crimine, viene versata nell’anticrimine ... l’esempio di pentiti di mafia, ma anche di santi, vedi Paolo di Tarso, è sotto gli occhi di tutti). Chi cambia, chi si modifica interiormente, deve inizialmente combattere contro la dissonanza cognitiva ed emotiva che suscita chi rinnega la mentalità predominante, che sia un pentito di mafia o sia un religioso o un uomo politico, ma chi cambia non prende mai strade completamente nuove, si cambia sempre seguendo sentieri già tracciati in cui ciascuno di noi apporta delle piccole modifiche perché quel cambiamento si adatti alle sue esigenze, persino la follia, che è una modifica che potrebbe sembrare radicale, che è un modo estremo di esistenza, avviene secondo codici culturali e biologici già tracciati, già noti, di cui potremmo trovare un senso ... solo la morte è priva di senso.
    Io spero di essere stato abbastanza chiaro da non essere mandato a quel paese e abbastanza ingarbugliato da porre della questioni e delle domande, invece di dare l’impressione di aver dato una qualche risposta. :-)
    Ciao

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  11. Garbo, tu porti un discorso di cui volevo solo dare un cenno su territori che lo rendono molto più complesso e questo mi fa piacere. Fuor di dubbio che quella che chiamiamo logica altro non è che un linguaggio semplificato sul quale sarebbe possibile (uno scienziato puro direbbe "è possibile") raggiungere un accordo, sia pure di metodo. Di quella stessa logica Nietzsche minò i fondamenti aristotelici inserendo nei principi di identità e di non-contraddizione il rovello assiologico di cui non mi pare ci si sia liberati. Lascio perdere i deliri illuministi di Hegel perché la razionalizzazione di tutto per quanto mi riguarda è poco più che una tautologia quando non è un messaggio di disperazione. "Il soggetto come pluralità..." era una delle ipotesi di Nietzsche, anche qui aspettiamo fiduciosi che le "teorie cibernetiche e quelle sistemiche" siano prese in maggiore considerazione, non solo in ambito clinico.
    Riguardo all'esempio di Alberto concordo con quanto dici in maniera chiarissima, io sono stato a mia volta troppo sintetico ma una volta stabilito che il criterio di coerenza vale all'interno di un sistema (quello mafioso nella fattispecie) non potevo che dare ragione ad Alberto anche io. Riguardo al conflitto Stato civile/mafia è chiaro che parlavo di un ideltipo che purtroppo è lontano dalla realtà.
    Concludendo, nessuno qui ti manderà a quel paese ma se pensi di aver scritto cose per cui dovrei farlo e mi sono sfuggite fammelo sapere che provvederò a rimediare ;-)
    Indubbiamente hai posto questioni e domande, molte di più di quante io abbia tentato di affrontare in questo rapido commento.
    Un saluto.

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