Ieri sera la Corte Costituzionale ha dichiarato "manifestamente inammissibile" il quesito sull'incostituzionalità dell'art. 4 della legge 194/78 presentato dal giudice minorile del Tribunale di Spoleto e di cui avevo scritto qui. Le ragioni del rigetto delle disinvolte argomentazioni del giudice di Spoleto vanno ricercate nei precedenti pronunciamenti della Corte in materia di interruzione volontaria della gravidanza. La sentenza n. 27 del 1975, che tra l'altro ha aperto la strada all'approvazione della legge 194 pochi anni dopo, dice: "non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell'embrione che persona deve ancora diventare", principio ribadito nella sentenza n. 35 del 1997.
Sebbene di una chiarezza cristallina è molto probabile che il concetto resti ostico ai talebani no-choice.
A parte che le motivazioni delle sentenza non sono ancora state depositate, la sentenza e´di inammissibilita' ovvero nel ricorso presentato non esiste il thema decidendum. Quello che si puo´immaginare e' la Corte abbia semplice constatato che la sentenza della CEDU, su cui si basava il ricorso, nulla diceva sulla legettimita' costiuzionale o meno della legge 194.
RispondiEliminaSimone, grazie per la precisazione, non mi era sfuggito che la sentenza non è stata ancora depositata. Io ho fatto una considerazione riguardo le sentenze passate e il nocciolo dell'argomentazione del giudice di Spoleto, se hai la pazienza di leggerti la sua ordinanza scoprirai che puntava sul diritto alla salute dell'embrione. Che non ci fosse alcun appiglio per questo argomento alla sentenza della Corte di Giustizia Europea era cosa palese e lo avevo già scritto nel post precedente.
RispondiEliminaSe penso a quella fatica nella campagna referendaria contro l'abolizione di questa legge, mi viene ora da tirare almeno un sospiro di sollievo.
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