Pagine

giovedì 24 novembre 2011

Il lusso di Umberto D.

Carlo Battisti, il protagonista di Umberto D., e il cane Flaik 

Umberto D. è uno dei personaggi topici della stagione cinematografica neorealista italiana. Un film straordinario del 1952 dove si incontrarono il genio di Vittorio De Sica e quello di Cesare Zavattini.
A chi ha visto il film verrà subito in mente quell'uomo senza una casa e in preda alla disperazione che gira per le vie della città con il suo cane Flaik. Verrà in mente soprattutto la dignità di quell'uomo.
A chi non ha visto il film consiglio vivamente di vederlo.

Se solo avessimo capito che il cane Flaik era in realtà un bene di lusso non avremmo certamente compreso il motivo di tanta disperazione in Umberto D. e anzi avremmo avuto in massimo spregio un uomo che simula povertà quando invece può permettersi un cane e la dignità di Umberto D. sarebbe stata ancor più odiosa perché finta.

E sì, perché l’Agenzia delle Entrate ha deciso che possedere un animale domestico e magari farlo curare da un veterinario, qualora ne avesse bisogno, è un indicatore di ricchezza. Infatti le spese veterinarie figurano tra le categorie del nuovo redditometro sperimentale per scovare i possibili evasori. In altre parole le spese veterinarie sarebbero voci di spesa per beni di lusso, grosso modo come le spese per rifare il parquet di uno yacht o per rifare la vela maestra della barca!
La notizia, riportata in questo articolo, non è freschissima ma di tanto in tanto mi diverto a sfogliare giornali vecchi di qualche giorno, anche grazie alle segnalazioni di amici particolarmente sensibili alle cause animaliste.

Mi chiedo se è necessario essere completamente idioti per partorire idee simili o è sufficiente essere tecnici esperti in materia fiscale?

9 commenti:

  1. Credo che la prima opzione possa essere abbastanza sufficiente!
    Mi chiedo se nel redditometro siano state inserite tutte le voci inerenti ai trattamenti estetici.............

    RispondiElimina
  2. Ci siano già tornati alla povertà - e alla disoccupazione - di massa degli anni '50, purtroppo!

    RispondiElimina
  3. Vito, come dicevamo ieri, dovremmo smettere di chiamare Cleo "gioiellino" che poi ci prendono in parola!
    Adriano, andrei cauto con certi paragoni, io non c'ero negli anni '50 ma c'era chi mi ha fatto essere quello che sono, fare questi confronti a certe età è poco meno di una bestemmia!

    RispondiElimina
  4. Mio padre che è ottuagenario e si approssima ai 90 mi racconta che un suo conoscente possedeva due cani che aveva acquistato a Napoli, si trattava di due alani arlecchini; li teneva in un casolare di campagna abitato da un fattore di sua fiducia e dalla famiglia di questi. Quei cani venivano nutriti con delle uova rotte sulla loro scodella e con pezzi di carne attaccata all’osso, con sbigottimento dei contadini che lavoravano per lui, che quasi non conoscevano né l’una né l’altra cosa.
    Ma questa era l’eccezione, non la regola; di norma negli anni ’50 avere un animale domestico poteva essere più una necessità che un lusso, in alcune case contadine ci si conviveva con gli animali in casa, in talune circostanze facevano anche da termosifone (come il bue e l’asinello nella mangiatoia), erano fonte di prodotti alimentari (uova, carne, latte), o erano utili a guardia della casa e della terra.
    Le famiglie numerose erano un indizio sicuro di povertà, l’ignoranza che contraddistingueva il povero (ignoranza verso quei pochi e malfidati metodi contraccettivi), la voglia di ripopolare il Paese dopo una guerra (emblematica a questo proposito è la frase di Giancarlo Giannini alla fine del film Pasqualino Settebellezze), e c’era bisogno di braccia per lavorare e per risollevare la condizione di molte famiglie.
    Oggi più nessuno tiene animali in casa per trarne un utile, o sono animali da compagnia (la solitudine è uno dei problemi più grandi nella nostra società post-moderna), o in qualche caso da guardia agli “averi”.
    Mantenere un animale oggi costa molto di più rispetto ad una volta, anche evitando i trattamenti di bellezza di cui parla Vito, le cure routinarie di un cane ad esempio, incidono in maniera sensibile su un’economia domestica. Una volta cani e gatti erano abituati a mangiare gli avanzi di cucina, oggi abbiamo una cucina con nessun o con pochi avanzi, sicuramente inadeguati alla nutrizione di un animale (è curioso come 60 anni fa si fosse più simili a livello alimentare fra uomini e animali, mentre oggi siamo al limite dell’incompatibile).
    (segui)

    RispondiElimina
  5. Non parliamo dei figli poi, sembra che siano assolutamente indispensabili cose che allora nemmeno esistevano ... non puoi avere un figlio senza la tutina firmata, senza le scarpette della chicco, senza il passeggino ribaltabile, senza il latte in polvere e gli omogeneizzati di carne di animali che hanno pascolato (le famose vacche del sole, sacre a Zeus dell’Odissea).
    Credo che il possesso di un animale domestico in sé non sia indice di ricchezza, certo che se il tuo animale fosse un rarissimo uccello del paradiso, di cui ne esistono soltanto due esemplari accertati oltre il tuo, che ha bisogno per vivere di una camera iperbarica a temperatura costante, della presenza di un veterinario esperto sempre, di cibi che provengono dalle foreste andine e che arrivano freschissimi con i voli transoceanici, di cure estetiche particolari di cui la sola lacca per ravvivare le penne costa più dell’intero make-up annuo di Scarlett Johansson o di Charlize Theron, allora il discorso cambierebbe.
    In definitiva, penso che considerare indice di ricchezza il possesso di un animale domestico che tiene compagnia ad una persona anziana pensionata, sia semplicemente ridicolo, anzi addirittura deleterio, perché non ci rendiamo conto del significato umano e dell’utilità che può avere quell’animale per quella persona (non abbiamo idea ad esempio quanto uno Stato risparmi in spese mediche e psicologiche).
    Mentre, il possesso di dieci cavalli di razza araba, acquistati per prestigio e per gareggiare, o di una coppia di bichon frisé (il cui maquillage costa molto più di quanto possa spendere una donna qualsiasi, anche molto curata), credo possa rientrare fra i beni di lusso, al pari del possesso di uno yacht, di una barca a vela per diporto di un certo tipo o di una Ferrari.
    Ciao

    RispondiElimina
  6. Garbo, auguri per la veneranda età di tuo padre. Mio padre, benché non ancora ottuagenario, mi racconta storie simili a quelle che racconta il tuo.
    E' giustissimo da parte tua contestualizzare quando le spese per un animale siano da considerare di lusso o meno, ma nutro forti dubbi che all'agenzia delle entrate dispongano di una tale capacità di analisi. Per non dire che ho molte perplessità su uno strumento che valuta la ricchezza, o la possibile evasione del dichiarante, in base a quello che lo stesso dichiarante dichiara! Perché questo è il cosiddetto redditometro.
    Temo che mettere le spese veterinarie nel redditometro sia semplicemente indice del convincimento che si tratti di spese "da ricchi" e questa per me ai nostri tempi è un'idiozia, se non si entra nel merito caso per caso. Del resto capisco anche le esigenze del fisco ed il disperato tentativo di far pagare le tasse in questo benedetto paese.
    La faccenda è complessa perché è necessario porsi seriamente una domanda con una risposta affatto scontata: "Cosa rappresenta ricchezza oggi?", intendo ricchezza materiale. Il cellulare forse? Poco tempo fa abbiamo visto migliaia di persone comuni, non apparentemente ricche, che hanno invaso le vie di Roma perché un supermercato al suo primo giorno di apertura svendeva i nuovi i-phone! Dato l'attuale contesto sociale ed economico penso che l'acquisto di quegli aggeggi sia da inserire in un imbecillometro più che in un redditometro. Espressione di gente intrappolata in un meccanismo acefalo e ridotta in condizioni acefale a sua volta. Di questo mi piacerebbe ragionare.

    Ti prego dimmi la frase di Giancarlo Giannini alla fine del film Pasqualino Settebellezze perché non me lo ricordo.

    RispondiElimina
  7. Piacerebbe anche a me capire questa corsa all’oggetto concreto, che non soddisfa mai il desiderio, ma lo rilancia sempre e comunque verso un altro oggetto e verso un altro ancora, in un incessante possesso (senza consumo) di oggetti che non si fa in tempo a conoscere e ad amare, per sostituirli subito con altri. Lo stesso, purtroppo, avviene con i rapporti umani, amicizie e amori si ruotano in un carosello infinito, illudendosi col il “cambio tutto” (per non cambiare niente, in realtà), avvitandosi sempre negli stessi blocchi, e ripartendo sempre da capo senza aver capitalizzato nulla emotivamente. Non è un discorso semplice da farsi, soprattutto attraverso i blog, con alcuni amici ci proviamo nelle lunghe serate autunnali (ma ci abbiamo provato anche nelle brezze estive o nelle serate invernali o nei tepori primaverili).
    Non ho trovato lo spezzone di film in questione, ho trovato però tutto il film, guardalo verso la fine, dall’ 1.50 circa in poi, le parole che lui dice alla ragazza.
    Buon fine settimana.

    RispondiElimina
  8. Dimenticavo il film:
    http://youtu.be/sXUDG5bVpF8

    RispondiElimina
  9. Grazie per il film Garbo. Riguardo al motivo che alimenta la fame di oggetti attingerei a quello che diceva Gunther Anders nel secondo volume di L'uomo è antiquato, il continuo consumo di oggetti rinvia la nostra mortalità, in altre parole la danza di oggetti sempre nuovi è una rappresentazione illusoria di immortalità.
    Buon fine settimana a te.

    RispondiElimina

Adoro lo scambio di opinioni e i commenti mi fanno molto piacere ma se stai scrivendo qualcosa che riterrò offensivo o di cattivo gusto allora il commento non avrà risposta e sarà cancellato.
Per evitare spam la moderazione è attiva solo per post pubblicati da più di 30 giorni.