Pagine

venerdì 13 maggio 2011

La banalità del bene

Nel 1963 Hannah Arendt ha insegnato a tutti «...la lezione della spaventosa, indicibile e inimmaginabile banalità del male» con il resoconto del processo all'aguzzino nazista Adolf Heichmann, avvenuto a Gerusalemme nel 1961. Durante le udienze Heichmann non riusciva a capire di cosa lo si accusasse, dopo tutto lui era un cittadino modello e non aveva fatto altro che rispettare le leggi del proprio paese.
In questi giorni, dopo l'uccisione di Osama bin Laden, ho ripensato spesso a quel libro della Arendt. Ci ho pensato in relazione alle manifestazioni di esultanza che buona parte del mondo ha mostrato alla notizia della morte del terrorista. Ne scrivo adesso, dopo qualche giorno, perché... non sto mai sulla notizia!

Non ho nessuna intenzione di esprimere giudizi morali su quei festeggiamenti, osservo soltanto che nei giorni immediatamente successivi alla morte di Osama abbiamo visto all'opera quella che, in un rovesciamento dialettico, potremmo chiamare la banalità del bene.
Comprendo perfettamente il moto istintivo che ha portato molte persone negli USA e in Europa a ritenere un atto di giustizia l'uccisione di Osama ma mi chiedo anche se quella esultanza non sia il desiderio semplificatorio di condensare il male in un singolo uomo. Non osservo nulla di nuovo, René Girard ha scritto molto sul meccanismo vittimario o del capro espiatorio con cui le masse ricompongono le rotture della maglia sociale nei tempi di crisi. Per quanto Osama bin Laden non fosse affatto innocente resta valido il meccanismo girardiano per spiegare le manifestazioni di piazza avvenute dopo la sua morte.
Gestiamo a fatica le categorie del bene e del male, è più facile l'ingenua condensazione dell'una o dell'altra categoria intorno ad un singolo soggetto: questo lo facciamo demonio quello lo facciamo santo. Nell'uno e nell'altro caso le masse esultano per un unico comune motivo. Il demonio e il santo, se individuati, sono entrambi facilmente rimovibili, così la nostra coscienza è pulita, senza troppi sforzi.

George Grosz, Hitler o caino all'inferno, 1944.
Un altro grande maestro come Noam Chomsky non si stanca di ripetere quanto siano complesse le dinamiche di rottura della maglia sociale di quello che chiamiamo occidente, quanto sia lunga la storia che ha portato alla crisi e quanto sia difficile ricomporla, ma è sicuramente più facile festeggiare per un santo o per un demonio, fate voi.

4 commenti:

  1. Quanto buio della ragione sussiste ancora nel mondo contemporaneo!

    RispondiElimina
  2. La dicotomia tra bene e male non è mai stata così poco netta come nella nostra epoca...

    RispondiElimina
  3. Giuste osservazioni e credo che già porsi queste domande implica uno stato di consapevolezza poco comune.

    RispondiElimina

Adoro lo scambio di opinioni e i commenti mi fanno molto piacere ma se stai scrivendo qualcosa che riterrò offensivo o di cattivo gusto allora il commento non avrà risposta e sarà cancellato.
Per evitare spam la moderazione è attiva solo per post pubblicati da più di 30 giorni.