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domenica 10 aprile 2011

Uno spettro si aggira per l'Europa

Da La Repubblica
«Un altro motivo del nostro disagio nei loro confronti [dei barbaros, degli stranieri] è che sono una chiara espressione della possibilità di uno stile di vita alternativo: la consapevolezza dell’esistenza di altri stili di vita mette a disagio, dal momento che rappresenta una sfida alla modalità quotidianamente accettata e praticata senza porsi domande né dubbi. La vista di un estraneo mette in dubbio la saggezza e l’adeguatezza, tacitamente assunte, del proprio modo di vivere, e ancora di più la sua “auto-evidenza” e la sua “naturalità”. Come avrebbe detto Martin Heidegger, la vista di un estraneo proietta il “normale” modo di vivere dalla categoria del zuhanden (ciò che gestiamo facilmente ma a cui non pensiamo) a quella del vorhanden (ciò che non riusciamo ad afferrare senza prima ragionarci). Perciò solleva dubbi e costringe a riflettere. Espone ed esibisce quelle possibilità alternative che devono essere represse per amor di tranquillità, per mantenere l’equilibrio e la lucidità mentale, nonché la fiducia in se stessi. Rivela come il proprio stile di vita sia uno fra i tanti possibili, una scelta fra le scelte. E le scelte, come tutti noi sappiamo bene, possono essere giuste o sbagliate. È per questo che innescano un’autocritica e risvegliano l’auto-giustificazione e forse anche l’autocommiserazione. Quello che in assenza di estranei veniva abitualmente avvertito ed era un dato di fatto, in loro presenza deve essere difeso nei fatti e quotidianamente sostenuto per poter sopravvivere.» Zygmunt Bauman, Lo spettro dei barbari. Adesso e allora. Francesco Bevivino Editore, 2010, pp. 9-10.

5 commenti:

  1. Mai dimenticare i principi di umanità! Ad ogni costo.

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  2. Ho timore, caro Adriano, che quei principi irrinunciabili siano una "invenzione" troppo recente per non essere facilmente dimenticati o quanto meno rimossi.

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  3. "La paura dei barbari rischia di trasformare noi stessi in barbari" ha scritto Tzvetan Todorov in un libro pubblicato non molto tempo fa.
    E mi sembra in linea con il tuo post, molto ben scritto.
    Ciao Antonio!
    Lara

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  4. Caro Antonio,
    Bauman ha la capacità di descrivere con uno stile quasi letterario e immediatamente comprensibile le sue idee sociologiche. Lo straniero, il "barbaros" mette in crisi la nostra identità culturale, sociale e personale, nella sua diversità (vera o presunta) non ci sentiamo rassicurati dalla sua vicinanza, dalla sua prossimità, perché ci manca l'elemento culturale che possa darci illusione di prevedibilità.
    Cerchiamo sempre e subito di prendere le misure al nuovo, di cogliere gli elementi di costanza, ciò che si ripete, per avere l'illusione di sapere, di padroneggiare chi è e cosa farà e questo ci tranquillizza, ci rassicura, ma è anche un meccanismo che comporta stress e fatica, se dipendesse da noi elimineremmo il nuovo o cercheremmo di fare entrare il nuovo nella nostra vita quando siamo noi a deciderlo; ciò che atterrisce è il nuovo che si impone da se, quello che sbarca sulle nostre coste, quello che ci interroga su chi siamo, su come siamo diventati, da un Paese prevalentemente di contadini, ancora sensibile alle questioni dell'accoglienza, della solidarietà, dell'ospitalità, ad un Paese sostanzialmente spaventato, senza identità che non sia fittizia, senza più valori che non si sgretolino di fronti alle vere domande dell'esistenza, che teme il cambiamento e il confronto. Non siamo più capaci di guardare un essere umano negli occhi e coglierci noi stessi dentro, più che concetti, spiegazioni, interpretazioni, quando voglio capire qualcosa vado a guardare i filmati, le immagini, vado a leggere negli occhi, e li capisco chi è l'altro, da che cosa sta scappando, cosa sta vivendo, ma capisco (e ritrovo) anche chi sono io e cosa mi resta da fare.
    Ciao

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  5. Già, caro Garbo, in definitiva quello che ci fa più paura è proprio il nostro riflesso!

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