Il tema del viaggio ha riempito milioni di libri e non sarà un post breve scritto dopo le otto di sera ad aggiungere qualcosa di nuovo al tema.
Meglio viaggiare conoscendo esattamente la strada per raggiungere la meta o meglio viaggiare avendo una meta mobile? Bel dilemma! Il Caputo way of life, come l’ha battezzato il mio amico Franco, è una scuola di pensiero che non si fa sfiorare dalla prima parte del dilemma, anzi i dettami della scuola direbbero che in un caso ci si muove da un posto per raggiungerne un altro e nell’altro caso si viaggia. Dopo tutto ammetterete che le strade più importanti che percorriamo nella vita si imboccano senza sapere esattamente dove conducano.
Lasciamo perdere le digressioni, la meta oggi è irrinunciabile! Allora la domanda è come raggiungerla. Anche qui il Caputo way of life suggerisce di fermare le persone per strada e chiedere indicazioni. Certo, il rischio di perdersi è molto alto ma se ne guadagna in socialità, si scambiano due chiacchiere e magari si va a scoprire che della meta che avevi in testa prima non t'importa più nulla, l'hai trovata da qualche altra parte. Un'altra scuola di pensiero invece - Franco mi perdonerà se la considero con sufficienza - è quella che si affida a quegli oggetti che conoscono le strade e ti parlano con voce metallica "svolta a destra, percorri 250 metri e poi svolta a sinistra", in questo caso imposti la tua destinazione e non c'è bisogno di chiedere informazioni a nessuno. Ho sempre guardato con sospetto quegli oggetti e visto che la socialità sembra obbedire a una logica "usami o perdimi" ho sempre pensato che l'abbandono delle strategie di interazione sociale per il più comodo GPS potrebbe essere complice di un progressivo isolamento dettato dalla falsa convinzione dell'autosufficienza. Considerazione bizzarra, vero? Forse! Ma non è che una parafrasi di una relazione tra Alzheimer e GPS! Ora resta da spiegare perché nonostante io non faccia uso di navigatori scordi le cose in tempo reale ma questa è un'altra faccenda.
Meglio avere in mente la meta, viaggiare per raggiungerla ma essere disposti in ogni momento a cambiare percorso, e la meta stessa. Per scelata, non seguendo la corrente!
RispondiEliminaCaro Antonio,
RispondiEliminaio sono, evocando il grande Battiato: "un viaggiatore che non sa dove sta andando". Riesco a perdermi in un bicchiere d'acqua, ho acquistato un navigatore super accessoriato che era fornito pure delle mappe della Polinesia e delle isole Tonga, salvo poi buttarlo via per esasperazione. E' importante il viaggio, direi che è tutto, che è l'essenziale, ma non è vero che non sappiamo qual'è la meta, la sappiamo eccome, è l'unica cosa certa della nostra vita. E' il ricongiungersi alla materia inanimata (come dice spesso chi ha la moglie frigida).
Un saluto.
se non rispondo è perché sono in viaggio! ;-)
RispondiEliminaPost sfizioso.
RispondiEliminaAllora, come fanno quelli ordinati, cominciamo con le definizioni. Su suggerimento di Alessia (che ha le competenze cinematografiche adatte), abbiamo pensato di cambiare il "Caputo way of life" con un più opportuno e sintetico "Caputo’s way".
Vengo al merito. Io non direi che il viaggio è fatto dalla scarsa accuratezza del percorso che ti porta a destinazione (preordinata o no che sia), e né, tantomeno, dall’aver chiacchierato con gente incontrata per strada piuttosto che con quelli che trovi a destinazione.
Il viaggio diventa tale quando c’è uno stato di ricettività sensoriale e intellettuale che permettono di recepire e mantenere (oltre alla memoria biologica sono di supporto anche fotografie o filmati, barattoli di marmellata e salumi) al massimo gli odori, i sapori, i colori, le voci, le figure, i dislivelli, le armonie, i racconti, la storia dei luoghi obiettivi del viaggio...
Pianificare il percorso dopo aver letto delle architetture, della natura, delle persone, dei luoghi, del cibo e del vino serve solo per provare a cogliere tutto ciò che i luoghi ti offrono. E non avercela col TomTom, quello non è altro che una versione elettronica e parlante della carta geografica che è utile per non vagare per tratturi e terreni agricoli!
La citazione dell’Alzheimer e GPS è raffinata ma capziosa e mi tocca smontarla. Gli estensori dell’articolo sostengono semplicemente che esercitare la memoria spaziale, non usando il GPS per gironzolare in zone della città che uno conosce, rallenterebbe l’Alzheimer (o meglio, il deterioramento della memoria spaziale per l’appunto). L’ennesima scoperta dell’acqua calda, visto che notoriamente l’encefalo, come altri organi è estremamente plastico e si rinforza con l’uso.
Eppoi è facile il "Caputo’s way", in Italia, dove ogni manciata di chilometri hai in centro storico, una baia, una foresta, una vallata, un pezzo di acquedotto, un museo. Prova ad applicare da un’altra parte un po’ meno densa il "Caputo’s way", che so io, in Canada e poi, se riesci a ritornare chiedendo informazioni al grizzly o al cervo, ne riparliamo!
Comunque, non posso negare il fascino e la poesia della scoperta di situazioni che uno non immaginava per niente prima di partire (quante chiesette raccolte o frammenti di ville romane o straordinarie necropoli etrusche scoperte così!) e ti prometto che la prossima volta che andremo in giro assieme mi lascerò guidare da te (col TomTom a volume zero)!
Andiamo con ordine, come dicono quelli ordinati... No, decisamente, non è incipit che fa per me! Intanto, alla buon'ora! come si dice dalle mie parti...e ho detto tutto, come diceva Peppino a Totò! Comunque "Caputo’s way" mi piace da pazzi, Alessia ha dato la pennellata perfetta.
RispondiEliminaAvrai sicuramente notato in molte occasioni il mio piacere di parlare per metafore, atteggiamento assai poco scientifico, ma, me ne darai atto, non ho mai presteso di avere un atteggiamento scientifico! Inutile quindi dire che in questo post il viaggio è qualcosa di più del viaggio, che il GPS è qualcosa di più del GPS e che l'Alzheimer è qualcosa di più dell'Alzheimer. Propriamente parlando più che una metafora questo post è una sineddoche, o una metonimia, fai tu, a seconda che tu preferisca le relazioni quantitative o qualitative, scientificamente parlando!
Concordo con te, il "Caputo’s way" funziona solo in Italia (ma non escluderei altri posti magari non frequentati solo da grizzly e cervi! m'hai fatto ammazzare di risate), ma converrai con me che, anche qui, Italia è qualcosa di più di Italia. Nonostante tutto, ripeto nonostante tutto, io adoro questo paese perché non è solo uno spazio, un volume geometrico è molto di più, è una fitta rete di relazioni sociali, storiche, paesaggistiche, è un posto "dove ogni manciata di chilometri hai in centro storico, una baia, una foresta, una vallata, un pezzo di acquedotto, un museo", come tu dici.
Come vedi, una volta traslato tutto quello che c'è da traslare, la mia associazione tra Alzheimer e GPS non è poi così capziosa, di sicuro intenzionalmente pretestuosa. E' perfettamente vero che "l’encefalo, come altri organi è estremamente plastico e si rinforza con l’uso", ma questo vale anche, e forse di più, per la socialità, argomento preminente del post. Se poi aggiungi che, a mio avviso, lo sviluppo o il mantenimento in buone condizioni dell'encefalo e la quantità/qualità di interazione sociale possono seguire strade completamente divergenti, capisci il motivo della mia preoccupazione.
E la prossima volta che andiamo in giro in Italia lascialo a casa il Tommy che, se ci pensi bene, non c'è proprio verso di perdersi e se incontriamo un grizzly ci parlo io!