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venerdì 27 marzo 2009

Razionalità dell'homo oeconomicus

Riprendo integralmente dal sito de Le Scienze un interessante articolo che potrebbe darci un po' di elementi per riflettere sulle possibili basi biologiche della crisi economica. Sempre che gli economisti abbiano gli stessi schemi neuronali del campione di soggetti utilizzati dagli autori degli esperimenti.
Naturalmente non parlo degli economisti a cui danno il premio Nobel, ho sempre sospettato che agli economisti illuminati dessero il premio così non gli sarebbe venuto in mente di dedicarsi alla politica, insomma un premio ai piccoli per farli giocare con i loro numeri, mentre i grandi facevano le cose serie!
Cavolo! Per una volta almeno non si poteva fare eccezione per l'illuminazione e dare il Nobel a Brunetta?


Le basi neurologiche dell'illusione monetaria

La rappresentazione dei soldi che utilizza il cervello è di tipo "nominale" e non "reale", ossia: è facile cadere nella seduzione dei grandi numeri.

Meglio un aumento del reddito del tre per cento con un'inflazione al cinque, o un taglio del due per cento mentre i prezzi restano perfettamente stabili? Ovviamente il potere d'acquisto nelle due situazioni è esattamente identico, eppure la grande maggioranza delle persone opta per la prima delle due alternative.
Molti vedono infatti positivamente un aumento del loro reddito, anche se esso è poi di fatto annullato dall'inflazione. Gli economisti chiamano questo fenomeno "illusione monetaria" e spesso ritengono che essa non dovrebbe esistere, considerato che alla fin fine il potere d'acquisto resta invariato: un agente economico razionale dovrebbe dunque restare del tutto insensibile alla salita o alla discesa nominale del reddito. Diversi studi ed esperimenti confermano però che l'effetto esiste realmente.
Ora Armin Falk e Bernd Weber, il primo economista e il secondo neuroscienziato dell'Università di Bonn, hanno cercato di scoprire quali siano i processi neuronali sottostanti a questa situazione, esaminando l'attività cerebrale di diversi volontari mentre erano impegnati in un gioco di simulazione di attività economiche.
Nelle due serie di esperimenti condotti, illustrati in un articolo pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), i partecipanti si sono venuti a confrontare con situazioni analoghe a quella descritta, ossia con uno scenario a reddito nominalmente alto e a reddito nominalmente basso, ma con identico potere di acquisto, cosa di cui essi erano ben consapevoli.
"Abbiamo rilevato che c'era un'area sistematicamente meno attiva nello scenario a basso reddito di quanto non lo fosse nello scenario ad alto reddito", spiega Bernd Weber. "Si tratta della corteccia prefrontale ventromediale, un'area che produce un senso di quasi euforia associato a esperienze piacevoli."
I risultati degli esperimenti condotti hanno dunque mostrato che la rappresentazione dei soldi che utilizza il cervello è di tipo "nominale" e non "reale", ossia: è facile cadere nella seduzione dei grandi numeri.
Questa conclusione, osservano i ricercatori, ha rilevanza pratica, in quanto l'illusione monetaria permette di spiegare perché l'economia può essere rilanciata da una politica finanziaria espansiva. E conferma altresì l'ipotesi di molti economisti che l'illusione monetaria rappresenti anch'essa un fattore da considerare nella spiegazione delle bolle speculative.

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