Benvenuti radiotelespettatori a questa puntata di 'Eterni ritorni' del 10 giugno del 2040, il nostro gioco a premi dedicato ai corsi e ricorsi della storia. Come sempre cominciamo con il quiz "Di chi stiamo parlando?", come sapete io leggerò un brano e poi saranno aperte le linee per le vostre telefonate. Ovviamente alcuni frammenti del brano non saranno letti altrimenti la soluzione sarebbe presto svelata. Sono certo che alla prima telefonata verrà chiesto un aiutino allora ve lo do subito, senza indugio, prima di leggere il brano, oggi sono generoso. La data di oggi è fondamentale per la soluzione.
Vado a leggere il brano:
"Sin quasi all’ultimo momento, [...] continuò a credere che la propaganda fosse l’arma essenziale, e che il suo compito [...] fosse innanzitutto di creare e mantenere in piedi il mito della propria infallibilità, e in secondo luogo di rivestire di panni plausibilmente realistici le numerose altre illusioni che aveva giudicato opportunamente alimentare. S’era abituato a vivere in un mondo di fantasia, dove contavano non i fatti, ma le parole, [...]. Era un mondo in cui per un pubblicista di genio era facile prendere in giro i più, in cui le decisioni potevano venir rovesciate da un giorno all’altro senza che nessuno se ne desse per inteso, e anzi addirittura se ne accorgesse, e dove in ogni caso le decisioni erano prese per fare scena, e non per essere messe in atto. Era un mondo essenzialmente privo di serietà, dove soli contavano il prestigio, la propaganda e le dichiarazioni pubbliche [...]. Non essendoci ragioni per pensare che gli italiani siano più creduli di qualsiasi altro popolo, bisogna ammettere che come illusionista la prestazione [...] fu quella di un autentico virtuoso. Non per nulla egli disse una volta che l’arte scenica era la più grande di tutte le arti. Ma fu appunto questo virtuosismo, più di ogni altra cosa, a portare l’Italia alla disfatta."
Di chi stiamo parlando? Via alle telefonate!
Scopri la soluzione.
Facile intuire a chi si riferisce, meno facile risalire all'autore della citazione (senza la "soluzione" non ci sarei mai arrivato). Del resto anche la Morante nel '45 aveva scritto un pezzo su Mussolini che si attaglia alla perfezione anche all'oggi...
RispondiEliminauau, addirittura un commento ad un post di quando questo blog era appena nato (anche se me lo sono andato a cercare per la verità), grazie Marziano. Riguardo la tua citazione dell'immensa Morante ho ripreso una mail di marzo 2010 che inviai ai miei amici, sicuramente in questa maniera avrebbe avuto più lettori che se l'avessi messa nel mio blog ;-). Perdonami se prendo tre commenti per risponderti.
RispondiEliminaPer rendere giustizia a Elsa Morante. Non amo la lotta politica che ricorre alle manipolazioni della grande letteratura. Le similitudini tra Mussolini e Berlusconi sono dettate dal fatto che entrambi attingono a stati primordiali della psiche umana e entrambi dispongono solo di quegli stadi. Prevedere il comportamento di animali semplici e le conseguenze di quel comportamento non richiede facoltà divinatorie basta avere un po' di spirito di osservazione e per farlo sono convinto che occorra rimanere fedeli alla realtà.
Quello che riporto è il testo originale di Morante che nella sua versione manipolata circola da un po' di tempo in rete (che riporto in fondo).
Grazie a Franco per avermi posto la domanda circa la fedeltà del brano.
ant
Versione originale
Roma 1° maggio 1945
"Mussolini e la sua amante Clara Petacci sono stati fucilati insieme, dai partigiani del Nord Italia.
Non si hanno sulla loro morte e sulle circostanze antecedenti dei particolari di cui si possa essere sicuri. Così pure non si conoscono con precisione le colpe, violenze e delitti di cui Mussolini può essere ritenuto responsabile diretto o indiretto nell’alta Italia come capo della sua Repubblica di Sociale. Per queste ragioni è difficile dare un giudizio imparziale su quest’ultimo evento con cui la vita del Duce ha fine.
Alcuni punti però sono sicuri e cioè: durante la sua carriera, Mussolini si macchiò più volte di delitti che, al cospetto di un popolo onesto e libero, gli avrebbe meritato, se non la morte, la vergogna, la condanna e la privazione di ogni autorità di governo (ma un popolo onesto e libero non avrebbe mai posto al governo un Mussolini). Fra tali delitti ricordiamo, per esempio: la soppressione della libertà, della giustizia e dei diritti costituzionali del popolo (1925), la uccisione di Matteotti (1924), l’aggressione dell’Abissinia, riconosciuta dallo stesso Mussolini come consocia alla Società delle Nazioni, società cui l’Italia era legata da patti (1935),la privazione dei diritti civili degli Ebrei, cittadini italiani assolutamente pari a tutti gli altri fino a quel giorno (1938).
Tutti questi delitti di Mussolini furono o tollerati, o addirittura favoriti e applauditi. Ora, un popolo che tollera i delitti del suo capo, si fa complice di questi delitti. Se poi li favorisce e applaude, peggio che complice, si fa mandante di questi delitti.
Perché il popolo tollerò favorì e applaudì questi delitti? Una parte per viltà, una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse o per machiavellismo. Vi fu pure una minoranza che si oppose; ma fu così esigua che non mette conto di parlarne. Finché Mussolini era vittorioso in pieno, il popolo guardava i componenti questa minoranza come nemici del popolo e della nazione, o nel miglior dei casi come dei fessi (parola nazionale assai pregiata dagli italiani).
Si rendeva conto la maggioranza del popolo italiano che questi atti erano delitti? Quasi sempre, se ne rese conto, ma il popolo italiano è cosìffatto da dare i suoi voti piuttosto al forte che al giusto; e se lo si fa scegliere fra il tornaconto e il dovere, anche conoscendo quale sarebbe il suo dovere, esso sceglie il suo tornaconto.
segue
Mussolini, uomo mediocre, grossolano, fuori dalla cultura, di eloquenza alquanto volgare, ma di facile effetto, era ed è un perfetto esemplare e specchio del popolo italiano contemporaneo. Presso un popolo onesto e libero, Mussolini sarebbe stato tutto al più il leader di un partito con un modesto seguito e l’autore non troppo brillante di articoli verbosi sul giornale del suo partito. Sarebbe rimasto un personaggio provinciale, un po’ ridicolo a causa delle sue maniere e atteggiamenti, e offensivo per il buon gusto della gente educata a causa del suo stile enfatico, impudico e goffo. Ma forse, non essendo stupido, in un paese libero e onesto, si sarebbe meglio educato e istruito e moderato e avrebbe fatto migliore figura, alla fine.
RispondiEliminaIn Italia, fu il Duce. Perché è difficile trovare un migliore e più completo esempio di Italiano.
Debole in fondo, ma ammiratore della forza, e deciso ad apparire forte contro la sua natura. Venale, corruttibile. Adulatore. Cattolico senza credere in Dio.
Corruttore. Presuntuoso. Vanitoso. Bonario. Sensualità facile, e regolare. Buon padre di famiglia, ma con amanti. Scettico e sentimentale. Violento a parole, rifugge dalla ferocia e dalla violenza, alla quale preferisce il compromesso, la corruzione e il ricatto. Facile a commuoversi in superficie, ma non in profondità, se fa della beneficenza è per questo motivo, oltre che per vanità e per misurare il proprio potere. Si proclama popolano, per adulare la maggioranza, ma è snob e rispetta il denaro. Disprezza sufficientemente gli uomini, ma la loro ammirazione lo sollecita. Come la cocotte che si vende al vecchio e ne parla male con l’amante più valido, così Mussolini predica contro i borghesi; accarezzando impudicamente le masse. Come la cocotte crede di essere amata dal bel giovane, ma è soltanto sfruttata da lui che la abbandonerà quando non potrà più servirsene, così Mussolini con le masse. Lo abbaglia il prestigio di certe parole: Storia, Chiesa, Famiglia, Popolo, Patria, ecc., ma ignora la sostanza delle cose; pur ignorandole le disprezza o non cura, in fondo, per egoismo e grossolanità. Superficiale. Dà più valore alla mimica dei sentimenti, anche se falsa, che ai sentimenti stessi. Mimo abile, e tale da far effetto su un pubblico volgare. Gli si confà la letteratura amena (tipo ungherese), e la musica patetica (tipo Puccini). Della poesia non gli importa nulla, ma si commuove a quella mediocre (Ada Negri) e bramerebbe forte che un poeta lo adulasse. Al tempo delle aristocrazie sarebbe stato forse un Mecenate, per vanità; ma in tempi di masse, preferisce essere un demagogo.
Non capisce nulla di arte, ma, alla guisa di certa gente del popolo, e incolta, ne subisce un poco il mito, e cerca di corrompere gli artisti. Si serve anche di coloro che disprezza. Disprezzando (e talvolta temendo) gli onesti , i sinceri, gli intelligenti poiché costoro non gli servono a nulla, li deride, li mette al bando. Si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, e quando essi lo portano alla rovina o lo tradiscono (com’è nella loro natura), si proclama tradito, e innocente, e nel dir ciò è in buona fede, almeno in parte; giacché, come ogni abile mimo, non ha un carattere ben definito, e s’immagina di essere il personaggio che vuole rappresentare."
Pagina di diario, pubblicata su Paragone Letteratura, n. 456, n.s., n.7, febbraio 1988, poi in Opere (Meridiani), Milano 1988, vol. I, pp. L-LII; e anche in Alfonso Berardinelli, Autoritratto italiano, Donzelli, 1998, pp. 29-31.
segue
Versione che circola in rete
RispondiElimina"Il capo del Governo si macchiò ripetutamente durante la sua carriera di delitti che, al cospetto di un popolo onesto, gli avrebbero meritato la condanna, la vergogna e la privazione di ogni autorità di governo.
Perché il popolo tollerò e addirittura applaudì questi crimini? Una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse e tornaconto personale.
La maggioranza si rendeva naturalmente conto delle sue attività criminali, ma preferiva dare il suo voto al forte piuttosto che al giusto. Purtroppo il popolo italiano, se deve scegliere tra il dovere e il tornaconto, pur conoscendo quale sarebbe il suo dovere, sceglie sempre il tornaconto.
Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei.
Presso un popolo onesto, sarebbe stato tutt'al più il leader di un partito di modesto seguito, un personaggio un po' ridicolo per le sue maniere, i suoi atteggiamenti, le sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso della gente a causa del suo stile enfatico e impudico. In Italia è diventato il capo del governo. Ed è difficile trovare un più completo esempio italiano.
Ammiratore della forza, venale, corruttibile e corrotto, cattolico senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimo abile, e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare."