Quando sono in stazione guardo le persone. Le mie partenze sono solitamente di buon mattino e da uomo del sud che ha impresso nella sua storia viaggi di necessità arrivo in stazione sempre con largo anticipo per l'atavico timore di perdere l'occasione di partire.
L'attesa non è mai noiosa, può essere triste, esaltante, mai noiosa. Osservo i volti delle persone, facce già stanche per le poche ore di sonno, oppure eccitate e ansiose di raggiungere la meta, sognanti dei giorni a venire per i prossimi ritorni o per le partenze. Immagino le loro vite, invento le loro storie.
Questa volta no, le persone non hanno attirato la mia attenzione. È stato un giovane gabbiano a farlo, l'età rivelata dal piumaggio ancora scuro. Il gabbiano volava a pochi centimetri dal soffitto di quello che a Roma chiamano salone gommato, alla stazione Termini. Volava avanti e indietro lungo il salone in cerca di una via d'uscita, il volo singhiozzante dei colpi che a intervalli irregolari dava con il dorso al soffitto, nell'inutile tentativo di svellerlo. Forse era stanco per quel volo incessante, sicuramente stordito dalle luci della pubblicità, respinto da queste in prossimità delle vie di uscita che non riusciva a vedere alle estremità del salone. L'ho guardato a lungo nel suo triste volo ma forse alla sua disperazione non era concesso neanche il privilegio della tristezza. Il suo volo si consumava nell'immediatezza di quello che, non so se per scienza o altro, chiamiamo istinto, senza possibilità di sublimazioni che non fossero il suo stesso muscolare battito d'ali.
Penso a quell'albatros reso celebre da Baudelaire, a quanto fosse in fondo più felice del mio gabbiano nella sua tristezza, così profondamente sentita, così pura e spirituale di fronte alla carnale disperazione del mio giovane gabbiano.
L'ho lasciato al suo volo per fare pochi passi lungo la vetrina della libreria già aperta, la partenza è a breve, non posso permettermi di entrare, il tempo subirebbe imprevedibili distorsioni.
Al ritorno nel salone non ho più visto il gabbiano, forse è riuscito a volare via dalla trappola, forse vinto dalla stanchezza si è posato a terra tra la gente avvolta in una tiepida indifferenza che frettolosamente trascina bagagli e neanche lo vede, oppure lo considera un ostacolo sul percorso e lo scaccia via con una pedata. Quanto diversi da quei marinai che irridevano il principe delle nubi.