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domenica 16 novembre 2014

Appunti per riflessioni incompiute

Nella storia delle idee si sono alternati due modelli riguardo alle relazioni umane e all'organizzazione politica: homo homini lupushomo homini deus. Questi modelli sono formule ermeneutiche, strumenti di classificazione, risultato di una natura umana ambigua e ambivalente.

Darwin ha individuato i meccanismi dell'evoluzione, le strategie competitive e quelle mutualistiche che le specie adottano per sopravvivere. Nel periodo vittoriano la natura ha zanne e artigli insanguinati, secondo la celebre espressione di Lord Tennyson, "Nature, red in tooth and claw". La lotta per l'esistenza si presenta sotto la veste della dura competizione, trascurando una buona metà del pensiero di Darwin. Quella metà venne ripresa da Kropotkin, praticamente sconosciuto anche nelle facoltà di biologia.
Il pensiero di Darwin è stato usato per affermare le spinte colonialiste e, ironia della storia e delle idee, è stato apprezzato da Marx e Engels perché dimostrava che in natura opera un metodo dialettico di trasformazione e avvicendamento delle specie. La storia naturale di Darwin era modello per la storia sociale di Marx, anzi per Marx il movimento sociale è un processo di storia naturale. Da parte sua Darwin restò sempre schivo e spaventato dell'apprezzamento manifestatogli da direzioni opposte.

Il periodo vittoriano è la cornice storica in cui i fenomeni naturali sono letti in termini di successo del migliore, del "più adatto" secondo l'infelice espressione di Herbert Spencer che pure Darwin adottò. «Ma l’espressione “sopravvivenza del più adatto”, spesso usata da Herbert Spencer, è più idonea, e talvolta ugualmente conveniente», Darwin, 1859. Dall'ambito evoluzionistico a quello politico c'è un travisamento semantico e un impoverimento del concetto di "più adatto". Nell'evoluzione biologica il "più adatto" è chi trasmette più copie del proprio genoma, in qualunque modo e per qualunque motivo, strategico o contingente. Tanto la strategia quanto la contingenza sono modalità estremamente complesse e difficilmente riducibili a variabili uniche e semplici, e non riguardano solo l'individuo. In ambito politico "il più adatto" diventa "il più forte", una banalità monodimensionale. Quella stessa banalità che oggi è traslata nel "più meritevole".

Adam Smith ha individuato i meccanismi delle "transazioni". Ha analizzato le relazioni sociali attraverso lo scambio di valori economici, ma la sua lezione morale è stata trascurata. Smith è stato per l'economia ciò che Darwin è stato per la biologia. Entrambi travisati, entrambi usati per scopi politici. La lezione morale di Smith era parte integrante del suo pensiero. Nella Ricchezza delle nazioni dice chiaramente che le asimmetrie contrattuali minano alla base l'esistenza stessa del libero mercato, inteso come luogo di negoziazione, luogo in cui la transazione accresce il vantaggio di entrambe le parti. Dei tanti seguaci di Smith o sedicenti tali, quanti fanno sentire la loro voce nei confronti delle multinazionali che monopolizzano il mercato e coerciscono le scelte politiche di interi paesi? Molti osannatori della mano invisibile farebbero un salto sulla sedia leggendo le critiche di Smith alle corporazioni che creano diseguaglianze.
La famigerata "mano invisibile" di Adam Smith è il principio che regola l'organizzazione dei sistemi complessi, una "forza" difficile da individuare poiché coinvolge molteplici aspetti e lunghe catene causali del sistema eppure determinante per la struttura del sistema stesso. La mano invisibile non è un principio normativo, sebbene nello stesso Smith non manchino ambiguità al riguardo, bensì un principio descrittivo. La selezione naturale di Darwin, è un principio descrittivo, non un principio normativo, non più di quanto siano principi normativi la legge di gravità di Newton o la relatività di Einstein. La lezione di Hume ha insegnato a non confondere descrizione e prescrizione, ciò che è non implica ciò che deve essere. Confondere i due piani è logicamente disonesto. Il passaggio dall'essere nel dominio "naturale" a quello del deve essere nel dominio "sociale" rende evidente anche la disonestà morale della fallacia naturalistica. E poiché la confusione tra descrizione e prescrizione è sempre stato il punto debole dei neoliberisti, tempo fa ho temuto che un articolo di Alesina, in cui lo sviluppo del capitalismo in Europa è messo in relazione alla diffusione della peste nera, fosse preludio per una politica di rilancio del capitalismo sofferente!

La natura è indifferente alle passioni umane ma si predilige vedere una natura assetata di sangue nella misura in cui questo ci gratifica come vincitori della lotta per l'esistenza, oppure all'altro estremo una natura benevola e addomesticata, a sostegno di desideri, aspettative e volontà di potenza. Proiettiamo sulla natura quello che di volta in volta soddisfa le nostre pulsioni narcisistiche. La politica è l’argine culturale ad una natura del tutto indifferente ai destini umani, come Leopardi ha ampiamente dimostrato.

Che tipo di storia è quella che si va sviluppando sotto le spinte "naturalistiche"? La politica non può essere esclusivo adeguamento ai fenomeni naturali, non più di quanto non sia descrizione delle catastrofi naturali senza considerare le strategie per arginarne gli effetti deleteri. La politica è cultura che ambisce a costruire lo spazio della cooperazione che in natura occupa lo stesso posto della competizione più feroce.
Riconducendo l'etica ai suoi fondamenti (aiutare l'altro, non danneggiare l'altro), in natura troviamo l'origine evolutiva dell'etica e sappiamo che la cooperazione è una strategia di sopravvivenza come la competizione. Nella specie sapiens operano entrambe le strategie ma siamo essenzialmente una specie sociale, forse una specie in transizione, quasi sicuramente verso l'estinzione.
Quale posto occupa l'uomo in natura? Qual'è la nostra natura? Oppure dovremmo chiederci, quale natura scegliamo di avere? Preferiamo una politica che favorisca la cooperazione o una che favorisca la competizione?
Il neoliberismo senza freni è considerato già da Smith una catastrofe, ed è una catastrofe "naturale" che ci si limita ad assecondare spacciandola per riscrittura della storia. Una storia in cui i diritti del '900 diventano privilegi, una storia dove ciascuno è solo a giocarsi la partita della vita.

Della meritocrazia. Si organizza una società in base ai successi che ognuno raggiunge, evidentemente per merito, creando l'immagine del vincente cui fa da contraltare la speculare immagine del perdente, evidentemente per demerito. Nulla di più lontano da una società organizzata sulla base delle relazioni emotive e affettive. Nella società del merito la collaborazione non è costitutiva della socialità ma funzione di un obiettivo non sempre collettivo e spesso "imposto" con strumenti "pacifici".

Renzi condivide con Berlusconi la stessa ignoranza e lo stesso disprezzo per i corpi intermedi della democrazia. Ha una visione personalistica della politica e riduce la democrazia ai soli organi centrali, essenzialmente il governo o più precisamente la presidenza del consiglio. Renzi, come Berlusconi, mette in scena il contatto diretto con il cosiddetto popolo che però non ha voce per influenzare le politiche se non attraverso i corpi intermedi della democrazia. Quindi quello a cui parla Renzi non è un popolo ma una massa informe. Da qui nasce la frustrazione del popolo che emerge con effetto ritardato! Troppo ritardato a mio avviso ma emerge.
La democrazia non è solo "centro", la democrazia è essenzialmente "periferia". E' dibattito parlamentare così come assemblea sindacale, manifestazione sociale, consiglio di classe, comitato di quartiere e assemblea di condominio.
Il disprezzo dei corpi intermedi, in particolare dei sindacati, non è solo espressione di ignoranza politica, rivela un disegno preciso. La delegittimazione dei sindacati, soprattutto di quelli meno accondiscendenti, mina alla base gli strumenti di compensazione delle asimmetrie contrattuali tra capitale e lavoro, tra datore di lavoro e lavoratori. Possiamo muovere molte critiche ai sindacati - io ne ho una grossa come un macigno: essersi accorti troppo tardi del precariato - ma la loro demolizione significa che ciascun lavoratore si troverà solo a contrattare con il datore di lavoro. Il sindacato è stato storicamente la coalizione tra lavoratori per contrattare con il capitale. Unire le reciproche debolezze per avere forza di contrattazione: questo è stato il sindacato. Ridurlo in polvere significa lasciare che le asimmetrie tuttora presenti tra capitale e lavoro esprimano i loro effetti. Significa che ogni lavoratore è solo a giocarsi la partita del lavoro con il datore di lavoro e poiché la classe imprenditoriale è povera di Adriano Olivetti il risultato è una corsa al ribasso di salari e diritti, così come sta avvenendo dagli anni '80, da quando il pensiero neoliberista è diventato il pensiero unico.

Il vincente sarà chi accetta le condizioni imposte da chi ha maggiore forza contrattuale. Per analogia con il discorso evolutivo, sarà colui che prima degli altri si è adattato. Il più adatto! E' questa la società dei meritevoli che vogliamo? Chi vince è il più meritevole, il più meritevole vince! Chi è il più meritevole? Quello che vince! Chi vince? Il più meritevole! Più chiaro di così. La tautologia dei bulli due punto zero.

Li conosco questi boyscout iscritti ai rotary e lions club. Nullità. Che siano ricchi o aspiranti tali, conta poco. I primi sono frustrati perché devono imitare il padre, i secondi perché devono affrancarsi dal disagio di non essere nati ricchi e rinnegano il padre pensando di riscattarlo. Scarti che si candidano a guidare la società, e la guideranno, perché loro sono i vincenti, quelli con le relazioni giuste, quelli che sanno cogliere il momento opportuno. Li conosco questi figli beneducati alla messa domenicale, pronti a sputare sentenze su chi non ce la mette tutta per essere un vincente, su "chi si piange addosso". Sempre pronti a solidarizzare con chi è più forte, perché il debole non ce l'ha messa tutta, il debole è così per suo demerito, magari va a cercarsi anche la morte perché è un tossico, un extracomunitario, un ladro e porta pure malattie.

Io so i nomi dei responsabili, diceva Pasolini, ma non ho le prove. Io so i nomi di chi ha ucciso Cucchi perché so che la causalità non è legata alle cose più prossime e può avere origini molto lontane. So i nomi di chi lo ha ucciso coprendosi dietro il velo dell'autorità e so i nomi di chi quel velo ha tessuto. Sono quelli che parlano di merito e che sotto questo vessillo nascondono il loro disprezzo per i "perdenti", per chi non ha merito, per chi può essere pestato a morte perché se l'è andata a cercare...

La politica è un gigantesco e maestoso esperimento contro-natura, fieramente e umanamente contro-natura o piuttosto un esperimento che più di qualunque altro afferma la natura umana. Esperimento contro-natura nella misura in cui vogliamo vedere nella natura zanne insanguinate e sopravvivenza del più forte, esperimento che afferma fortemente la natura umana nella misura in cui individuiamo le coordinate empatiche della specie umana, una specie che si distingue per la sua socialità, oltre che per la sua ferocia. Siamo capaci delle più elevate opere dello spirito e dei più efferati crimini. Tra i monumenti della nostra specie c'è la corale di Beethoven e il bombardamento di Dresda, la relatività di Einstein e la bomba di Hiroshima, la Cappella Sistina e la Shoah.
La politica è un modello contro l'idea (errata) che abbiamo di natura.

Una società in cui tutti gli individui siano messi nelle condizioni di esprimere le proprie aspirazioni: questo modello è un modello umano, che non troviamo in altre specie. In questi termini dico un modello contro-natura e allo stesso tempo che afferma la nostra natura. Il modello neoliberista lascia l'individuo solo, senza tessuto statuale, e con un blando tessuto sociale. Questo è il trionfo della natura intesa come regno della lotta per la sopravvivenza del più forte. Renzi ne è un degno alfiere. La meritocrazia di Renzi dice di voler mettere tutti sulla stessa linea di partenza ma non dice nulla dell'allenamento che ogni atleta può permettersi e bara sull'asimmetria della forza di contrattazione tra capitale e lavoro.

Ogni tempo ha il suo fascismo, diceva Primo Levi, e il fascismo muta nel tempo. Oggi abbiamo fascisti geneticamente modificati per vendersi come condottieri di sinistra. Con loro si vince, non importa cosa, non importa come ma si vince.

Renzi ha azzerato la dialettica fondendo in maniera surrettizia istanze destruens e costruens, senza avere stoffa né per l'una né per l'altra, o forse solo per la prima. Un Bel Amì della politica si è impadronito di tesi e antitesi. Ha realizzato quello che disse Fukuyama dopo la caduta del muro di Berlino, la storia è finita, non c'è più dialettica, il pensiero unico ha trionfato. L'imbarazzante debolezza dei suoi avversari, sia interni che esterni al pd, lo fa apparire un gigante. La sua retorica da ultima spiaggia ha soppresso il confronto. La cosiddetta sinistra è più spiazzata della destra, intontita da una mancanza di alternative che non ci sono fino a quando non vengono costruite e non si costruiscono fino a quando si è intrappolati nella mentalità che non prevede alternative.
La storia potrà anche essere finita ma non il conflitto. La dialettica sociale è il conflitto e dove ci sono asimmetrie sociali continuerà a esserci conflitto.
Renzi passerà, il conflitto no.

"La libertà non è che un vano fantasma quando una classe di uomini può affamare l’altra impunemente. L’uguaglianza non è che un vano fantasma quando il ricco, attraverso i monopoli, esercita il diritto di vita e di morte sul suo simile. La Repubblica non è che un vano fantasma quando la controrivoluzione opera, giorno dopo giorno, attraverso i prezzi delle derrate alle quali i tre quarti dei cittadini non possono accedere senza versare lacrime." Dal Manifesto degli arrabbiati di Jacques Roux, 25 giugno 1793.
Appena 220 anni fa!

lunedì 3 novembre 2014

Autorità e Stato assente

Nel 1961 Stanley Milgram condusse un esperimento che lo consacrò tra gli psicologi sociali più originali del suo tempo. L'esperimento gli procurò non poche critiche perché metteva a nudo aspetti poco gradevoli e volentieri rinnegati della psicologia umana. L'esperimento aveva l'obiettivo di stabilire fino a che punto l'obbedienza a una autorità potesse determinare l'esecuzione di azioni moralmente riprovevoli.
Per l'esperimento Milgram reclutò centinaia di persone con il dichiarato compito di sottoporsi, dietro compenso, a dei test sulla memoria e l'apprendimento. Lo svolgimento dell'esperimento prevedeva la partecipazione di due persone. A una veniva assegnato il ruolo di "insegnante" e all'altra il ruolo di "allievo". Lo sperimentatore dichiarava che il compito dell'esperimento era verificare l'effetto della punizione nell'apprendimento. L'allievo veniva legato a una sedia in laboratorio e gli veniva applicato un elettrodo al polso. Il suo compito consisteva nell'imparare a memoria una serie di nomi. Ad ogni errore l'insegnante doveva premere un pulsante e dare una scossa elettrica di intensità crescente all'allievo. Le scosse andavano da 15 a 450 volt e a partire da 285 volt erano accompagnate da "un urlo agghiacciante" emesso dal povero allievo fino allo svenimento.
Il vero soggetto dell'esperimento però non era l'allievo ma l'insegnante. L'allievo era un attore e non riceveva alcuna scossa elettrica. Milgram voleva scoprire quale grado di sofferenza delle persone comuni fossero disposti a infliggere a un innocente quando agivano sotto l'influsso di una persona "autorevole". Si trattava di vedere a che punto il soggetto si sarebbe ribellato all'istruttore.
Il soggetto con il ruolo di insegnante poteva sottrarsi al compito di infliggere la scossa elettrica anche se lo sperimentatore lo spronava a continuare l'esperimento.
I risultati dell'esperimento furono inquietanti. Il grado di obbedienza allo sperimentatore variava con la distanza tra i soggetti coinvolti nell'esperimento: allievo, insegnante e sperimentatore ma i risultati mostravano inequivocabilmente che un cospicuo numero di persone obbediva allo sperimentatore nonostante qualche segno di tensione. Molti volontari protestarono affermando che bisognava interrompere l'esperimento e in effetti alcuni si rifiutarono di obbedire allo sperimentatore ma un significativo numero di soggetti continuava ad obbedire allo sperimentatore infliggendo la scossa con il massimo voltaggio. Nella versione dell'esperimento in cui l'insegnante sentiva i lamenti dell'allievo ma non poteva vederlo 25 soggetti su 40 continuarono a sottoporre la "cavia" a tutte le scosse fino al massimo voltaggio. Nella versione di maggiore prossimità tra allievo e insegnante in cui l'insegnante ascoltava i lamenti dell'allievo e ne vedeva le smorfie di dolore furono in 16 su 40 a infliggere il massimo voltaggio e nella versione dell'esperimento in cui era richiesto che l'insegnante spingesse il braccio della vittima sulla piastra elettrica furono in 12 su 40 ad arrivare fino a 450 volt.

Scrive Milgram: "La spiegazione più facile sarebbe quella di considerare quei soggetti  che somministravano la scossa elettrica più violenta come dei mostri, degli individui sadici, ai margini della società. Ma è un argomento ben tenue se si pensa che quasi due terzi dei partecipanti rientrano nella categoria dei soggetti "obbedienti" e provengono da un campione di gente normale, rappresentativa di diverse classi sociali: salariati, professionisti, dirigenti. [...]
Ebbene, al termine di questo esperimento, in cui ho potuto osservare centinaia di persone normali sottomettersi docilmente all'autorità, sono giunto alla conclusione che ciò che la Arendt definisce "banalità del male", è una realtà assai più diffusa di quanto si vorrebbe credere. La maggior parte delle persone somministra le scosse per un senso di obbligo nei confronti dell'istruttore, non a causa di tendenze aggressive verso la vittima." (Stanley Milgram, Obbedienza all'autorità. Uno sguardo sperimentale. Einaudi, 2003, pag. 7)

Dato per assodato quanto Stanley Milgram e Hannah Arendt hanno dimostrato meglio di chiunque altro mi chiedo di quali strumenti lo Stato, detentore dell'autorità di esercitare la forza, si doti per eliminare ogni abuso dell'autorità. Spesso in questo ambito non c'è neanche il "filtro" dell'obbedienza ma potenziali condizioni di diretto abuso di potere. Gli esperimenti di Milgram mi fanno concludere due cose. La prima è che non c'è alcuna ragione di ritenere chi decide di arruolarsi nelle forze dell'ordine o qualunque altra categoria professionale esente da comportamenti deprecabili, la seconda consegue la prima e prevede che necessariamente lo Stato adotti strumenti idonei a ridurre a zero questi comportamenti e laddove si manifestino punirli e emendarsi.
A proposito della morte di Cucchi come quella di Aldrovandi, Uva e di tutti gli altri omicidi di Stato, quali strumenti adotta lo Stato per tracciare il comportamento dei suoi dipendenti quando prendono in custodia, ripeto, in custodia, un cittadino? Non conosco i documenti processuali del caso Cucchi e sono certo che l'assenza di prove non può che conseguire nell'assoluzione degli indagati ma mi chiedo come sia possibile che non ci siano registri con nomi, cognomi e orari di quanti hanno avuto in custodia Cucchi dal momento del suo arresto fino al suo assassinio.
E' davvero più facile tracciare un quarto di manzo macellato in Francia e consumato in Italia che tracciare il comportamento dei dipendenti dello Stato perché non abusino dell'autorità che lo Stato assegna loro?

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