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lunedì 25 marzo 2013

Democrazia 2.0 a fasi alterne!

Fino all'altro ieri per il M5s la rete era la democrazia 2.0 ma «da mesi orde di trolls, di fake, di multinick scrivono con regolarità dai due ai tremila commenti al giorno sul blog. Qualcuno evidentemente li paga per spammare dalla mattina alla sera ...», Beppe Grillo o chi per lui dixit!

Se non si tratta di un disturbo delirante, quello che un tempo si chiamava paranoia, allora viene il sospetto che la democrazia in rete sia caratterizzata dall'adesione all'idea veicolata dal webmaster. Che si tratti di adesione critica o acritica conta poco, l'importante è che la posizione originale sia di adesione, poi ci sarà tempo per incanalare le posizioni critiche in un alveo gestibile. Se invece la posizione di partenza è di dissenso, allora la rete non è più democrazia ma luogo di "trolls, di fake, di multinick" pagati da qualcuno.

Delle due l'una, o la rete è democrazia e deve fare i conti anche con trolls, fake, e multinick oppure la democrazia sta altrove ed è altro e da qualche secolo fa già i conti con trolls, fake e multinick come i movimenti che vogliono smantellare tutto, che vogliono destabilizzare il sistema ecc. ecc. Ma la democrazia è tale quando riconosce che i movimenti che la scuotono, fino a quando non sono antidemocratici, sono un antidoto al processo di sclerotizzazione della democrazia che, nella migliore delle ipotesi, la riducono a mera democrazia formale. Una sclerotizzazione le cui conseguenze più nefaste Alexis de Tocqueville vide chiaramente nel 1840 quando in La democrazia in America scrisse: «Una nazione che domanda al suo governo solo il mantenimento dell'ordine è già schiava in fondo al cuore; schiava del suo benessere, mentre da un momento all'altro può apparire l'uomo che la deve asservire.»

Per troppo tempo la politica di questo paese, e non solo del nostro paese, è stata sorda alle richieste dei movimenti, per troppo tempo è rimasta impermeabile ad ogni tipo di sollecitazione della società civile. A partire dai movimenti no global è successo di tutto e dall'inizio della crisi economica si è mosso mezzo mondo per chiedere un ripensamento del sistema politico ed economico. Un mondo che è rimasto inascoltato. Riguardo alla natura del M5s e al suo ruolo nella dinamica dei movimenti degli ultimi anni in Italia condivido l'analisi avanzata dal collettivo Wu Ming in diversi post ma è innegabile che il sostrato sociale di quel movimento sia da rintracciare in una domanda di rinnovamento rivolta alla politica o quanto meno nella capacità dei suoi organizzatori di convogliare le energie di quel sostrato in una forma organizzata. Quella domanda di rinnovamento che alimenta questo come altri movimenti è rimasta inascoltata ed è stata snobbata come antipolitica per troppo tempo. Persino la Chiesa è stata in grado di cambiare dal suo interno con un gesto ammirevole di Benedetto XVI (forse è presto per parlare di rinnovamento ma Francesco I comincia davvero a piacermi), mentre il rinnovamento della politica ha "atteso" uno schiaffo da quello che si è ostinata a lasciare "esterno" a sé stessa. Non si tratta di costruire un sistema monolitico ma un sistema in grado di portare al proprio interno la dialettica sociale. La politica ha commesso l'errore più pericoloso che potesse commettere in una democrazia, la mancanza di inclusività nei confronti delle istanze sociali. La democrazia è inclusiva o non è democrazia. Ogni sollecitazione al sistema democratico deve stimolare un confronto finalizzato a produrre risposte che rendono più resistente la democrazia. Se il corpo democratico resta impermeabile alle istanze sociali allora non sarà in grado di riconoscere quelle letali e quando questi antigeni riusciranno a penetrare possono avere effetti devastanti. La democrazia ha bisogno di antigeni, e non solo in Italia, ma la condizione di asetticità in cui è stata mantenuta rende difficile riconoscere gli antigeni potenzialmente letali.
Molte persone normalmente capaci di analisi politiche raffinate adesso si rendono conto dell'errore di avere sostenuto il M5s alle ultime elezioni. Vedono con chiarezza la deriva antidemocratica di chi non è disponibile al dialogo e vuole il 100% del consenso, vedono la pericolosità di chi ignora che la democrazia è, e sarà sempre, composizione del dissenso.

A breve, forse, anche i militanti del M5s si renderanno conto che la loro passione politica è assoggettata allo spirito di rivalsa che i loro leader nutrono nei confronti di quel sistema che per troppo tempo, e colpevolmente, li ha ignorati. Fa parte del processo di sclerotizzazione dei movimenti, quando le istanze personali prendono il sopravvento su quelle sociali. La democrazia non è il solo sistema che può degenerare, anche i movimenti degenerano e di solito lo fanno rovinosamente.

Da parte mia continuo ad augurarmi che i cittadini del M5s mettano a frutto la loro passione politica al servizio del paese, non del loro movimento.

Chiudo togliendomi un sassolino dalla scarpa, ho più volte detto di non avere votato il PD e non ho ancora cambiato idea per il futuro, ma sinceramente trovo disgustoso lo sport nazionale che ultimamente ha sempre più seguaci in rete, quello del tiro al bersaglio al PD e che ha tra i suoi capofila il Fatto Quotidiano e Marco Travaglio, che per molti versi apprezzo. Posso anche condividere alcune delle critiche di Travaglio a Pietro Grasso, se le depuro dal fatto che non furono fatte leggi ad personam per favorire Grasso alla procura nazionale antimafia, ma leggi contra personam per sfavorire Caselli. La differenza è sottile ma Travaglio dovrebbe conoscerla bene! Detto questo non posso condividere l'epilogo del ragionamento di Travaglio, ovvero che il M5s non doveva votare Grasso alla presidenza del Senato, quando l'alternativa era Schifani! Capisco che avere un nemico può essere necessario per alcuni, fa parte del meccanismo di autoidentificazione, è come il servo di Hegel che ha bisogno del padrone, ma se ci soffermassimo su quella diade dell'etica in politica che ha descritto Max Weber, ovvero l'etica dei principi e l'etica della responsabilità non sarebbe difficile considerare che il detto Fiat justitia, et pereat mundus non tiene granché conto delle conseguenze del raggiungimento di quella pur agognata giustizia! Penso che sia irrinunciabile considerare sempre le conseguenze e le alternative delle proprie scelte. Non si tratta di accettare il meno peggio, ma di prendere quello che c'è se ha i requisiti necessari e trasformarlo, evitando che subentri chi non ha neanche i requisiti minimi. Ma forse Tomás de Torquemada non sarebbe d'accordo!

sabato 16 marzo 2013

A colazione da Silvio

Trova le differenze!

Lo dico al volo, grazie a quei senatori M5s che hanno riconosciuto che non sono tutti uguali. Pietro Grasso non è uguale a Renato Schifani.

giovedì 14 marzo 2013

In breve su Papa Francesco

Se il nuovo pontefice curerà la strada della carità mettendo in secondo piano quella della dottrina, allora la Chiesa ritroverà la sua voce, altrimenti si barcamenerà tra due immagini desolanti, l’immagine di un papa schiacciato tra la modernità che preme da fuori e l’avido arrivismo di antica stirpe che preme da dentro e l’immagine di un papa felice per una comunità di osannanti papaboys che il giorno dopo le immense adunate del giubileo lasciano sul campo una distesa di preservativi.
Sta al nuovo pontefice decidere!
In prima battuta io mi aspetterei qualche parola sulla connivenza della chiesa argentina nella dittatura di Videla.

domenica 10 marzo 2013

Grillo e gli intellettuali

Ieri è stato lanciato un appello firmato da 6 intellettuali per invitare Grillo e il M5s a cogliere l'opportunità che queste elezioni hanno consegnato nelle loro mani.

"Una grande occasione si apre, con la vostra vittoria alle elezioni, di cambiare dalle fondamenta il sistema politico in Italia e anche in Europa. Ma si apre ora, qui e subito..." Così comincia l'appello, leggetelo fino in fondo e se lo condividete firmatelo.

Grillo o chi gli scrive i post ha liquidato l'appello con uno sberleffo, citando la canzone "Gli intellettuali" di Giorgio Gaber. Tra le poche cose del post di Grillo che non vengono dal testo di Gaber leggo che "La funzione principale degli intellettuali è quella di lanciare appelli. L'appello e l'intellettuale sono imprescindibili. Cosa sarebbe infatti un appello senza una lista di intellettuali che fanno a gara per essere primi firmatari?" e un'altra perla come "L'intellettuale non è mai sfiorato dal dubbio, sorretto com'è da un intelletto fuori misura per i comuni mortali."

Tra le caratteristiche che definiscono l'ur-fascismo delineato da Umberto Eco nel 1995 leggo:
"3. L' irrazionalismo dipende anche dal culto dell'azione per l'azione. L'azione è bella di per sé, e dunque deve essere attuata prima di, e senza una qualunque riflessione. Pensare è una forma di evirazione. Perciò, la cultura è sospetta, nella misura in cui viene identificata con atteggiamenti critici. Dalla dichiarazione attribuita a Goebbels ("quando sento parlare di cultura, estraggo la mia pistola") all'uso frequente di espressioni quali "Porci intellettuali", "Teste d'uovo", "Snob radicali", "Le università sono un covo di comunisti", il sospetto verso il mondo intellettuale è sempre stato un sintomo di Ur-Fascismo."

Da parte mia ho sempre pensato che l'intellettuale fosse colui che nell'azione è guidato dal dubbio. Insomma un soggetto in cui azione e dubbio sono inscindibili, altrimenti da un lato avremmo Don Chisciotte (azione senza dubbio) e dall'altro avremmo Amleto (dubbio senza azione). Nelle prime righe dell'appello dei sei intellettuali che invitano il M5s all'azione leggo "Nessuno di noi può avere la certezza che l’occasione si ripresenti nel futuro". Evidentemente Grillo ha la certezza che l'occasione si ripresenterà in futuro, quindi nessun dubbio. Azione sospesa fino alla conquista del 100% dei consensi. Ovvio che del parere degli eletti o degli elettori del M5s la ditta Grillo-Casaleggio continua a fottersene allegramente!

Quanto alla citazione del testo di Gaber, un intellettuale anche lui, quel testo fu scritto nel 1972 per criticare da sinistra l’immobilismo della sinistra. Basterebbe ascoltarla o leggerla con attenzione per capirlo.  "Che fastidio questa foglia, batte sempre più forte, cosa posso fare? Niente, non c’è niente da fare. Va a finire che perdo l’occhio." Quindi il ricorso a quel testo è quanto meno inadeguato. La prossima volta potrebbe andare meglio citando i testi di Britney Spears, sono sicuramente meno impegnativi di quelli di Gaber!

martedì 5 marzo 2013

Le macerie dei movimenti

Tutti i movimenti degli ultimi anni, dai girotondi al movimento viola fino a se non ora quando, tutti hanno nettamente rifiutato qualunque forma di organizzazione partitica. Questo ha lasciato spazio a chi, come il duo Grillo-Casaleggio, ha saputo convogliare quelle energie in una forma partito. Una grande colpa è ascrivibile al pd e antecedenti che non hanno raccolto le istanze sollevate dai movimenti, ma le hanno trattate con sufficienza. Diffido del M5s, per mille motivi, ma a risultati elettorali acquisiti ho pensato e sperato che potessero contribuire a rinnovare il panorama politico, invece mi sbagliavo. E' un partito, decisamente più magmatico dei partiti che vuole sostituire, ma è un partito e con gravi deficit di democrazia. Spero che il collettivo Wu Ming abbia ragione quando dice che le contraddizioni emergeranno presto.

lunedì 4 marzo 2013

Uno vale uno, gli altri valgono zero

Qualcosa accomuna quanti hanno il desiderio di governare con il 51%. Siano capelluti o bitumati condividono l'ignoranza della Costituzione.
Adesso nelle mire del leader pentastellato c'è l'articolo 67 della Costituzione (Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato). Nella sintesi di Grillo si tratta di "libertà preventiva di menzogna".

Ricopio quello che ho già scritto in un commento tempo fa: "Senza vincolo di mandato" non significa né ha mai significato che l'eletto fa quello che gli pare, è stato il risultato di una composizione dei conflitti che come sempre avviene nel diritto non può mai essere definitiva. Si poneva l'esigenza di affermare l'autonomia dell'eletto da pressioni lobbistiche del proprio stretto elettorato perché emergesse il ruolo di rappresentante dell'intera nazione. I Costituenti avevano questo in testa non "una volta eletto fai quello che ti pare".

Ironia della Storia, i Costituenti pensavano di rendere autonomo l'eletto e non influenzabile da eversori della democrazia o guru di sette parareligiose. Non avevano in mente né gente in vendita né gente senza capacità di giudizio. Non pensavano che il popolo italiano avrebbe di nuovo accettato di essere prono ai richiami di un capo. Loro non pensavano che obbedire è più facile che pensare.

domenica 3 marzo 2013

Uno vale uno...

...ma alcuni sono più uno degli altri.

Gli slogan sono fatti per essere ripetuti, ossessivamente, devono essere facili proprio per essere ripetuti tante volte che poi ne perdi il significato. Prova a ripetere una cosa in continuazione, vedrai che poi le parole diventano un suono vuoto. Non è importante che gli slogan siano veri, è importante che suonino bene, che siano orecchiabili. Non fatevi traviare dai fatti, gli slogan sono veri. L'importante è vincere, chi vince ha sempre ragione. E poi chi vince manda tutti a casa e fa diventare veri gli slogan.

L'importante non è lo slogan ma chi lo lancia. L'Italia è il paese in eterna attesa dell'uno della provvidenza, o era l'uomo della provvidenza? Non ricordo più! L'uno della provvidenza deve essere conosciuto, deve aver avuto successo in qualche modo. Se dosa bene la voce, se sa aizzare le piazze e strappare applausi allora metà del lavoro è fatta. Sbraitare è una strategia collaudata. Se fa ridere è meglio, perché diventa simpatico, diventa uno di noi. A quel punto non fa differenza se parla attraverso le televisioni o dalla rete. Non fa differenza perché gli interlocutori comunque non contano un cazzo ma l'uno della provvidenza riesce sempre a trovare il modo per convincerli di far parte del circuito, di essere della famiglia. I tempi della televisione sono passati, adesso è il tempo della rete, dell'interattività. Chi sta davanti al computer partecipa attivamente, mentre chi sta davanti al televisore è passivo. Quindi oggi l'uno della provvidenza comunica attraverso la rete. L'uno della provvidenza scrive qualcosa in rete e migliaia di seguaci si sbranano la polpetta lasciando tanti bei commenti, fa niente se a nessuno importa una sega di quei commenti. Finiranno tutti nella spazzatura digitale ma quello che conta è dare la possibilità di esprimersi. Solo così si può essere cittadini nel pieno dei propri diritti.

Uno vale uno ma alcuni sono più uno degli altri.

A chi sperava

Qualche giorno prima delle elezioni sono andato al cinema a vedere Viva la libertà, l'ultimo film di Roberto Andò con un grande Toni Servillo e un grande Valerio Mastrandrea. In quel film il personaggio Giovanni Ernani (Servillo), recita una poesia di Bertolt Brecht durante un comizio.

A chi esita

Dici:
per noi va male. Il buio
cresce. Le forze scemano.
Dopo che si è lavorato tanti anni
noi siamo ora in una condizione
più difficile di quando
si era appena cominciato.

E il nemico ci sta innanzi
più potente che mai.
Sembra gli siano cresciute le forze. Ha preso
una apparenza invincibile.
E noi abbiamo commesso degli errori,
non si può più mentire.
Siamo sempre di meno. Le nostre
parole d'ordine sono confuse. Una parte
delle nostre parole
le ha travolte il nemico fino a renderle
irriconoscibili.

Che cosa è errato ora, falso, di quel che abbiamo detto?
Qualcosa o tutto ? Su chi
contiamo ancora? Siamo dei sopravvissuti, respinti
via dalla corrente? Resteremo indietro, senza
comprendere più nessuno e da nessuno compresi?

O contare sulla buona sorte?

Questo tu chiedi. Non aspettarti
nessuna risposta
oltre la tua.

Bertolt Brecht, Poesie di Svendborg. In Bertolt Brecht. Poesie 1933-1956. Einaudi, 1977.


Oggi leggo e rileggo questa poesia e penso e ripenso a quanti hanno creduto che la politica fosse il modo per costruire un paese più giusto, più ospitale, più a misura d'uomo. Penso a quanti avevano e forse continueranno ad avere ideali di sinistra (così dicevano coloro che pensavano che l'uguaglianza fosse condizione imprescindibile della giustizia e del benessere).
Cosa ne è stato di quelle passioni, di quelle aspirazioni? Si sono perdute negli angoli delle stanze del potere? Siamo forse tutti morti? Siamo anche noi morti come i partiti che di volta in volta abbiamo scelto come zolle di terra alla deriva? Ricadono su di noi le colpe dei partiti come quelle dei padri sui figli? Noi che abbiamo desiderato solo un lavoro onesto e che abbiamo sempre sperato di essere buoni cittadini, dobbiamo sentirci in colpa per le responsabilità di chi indegnamente si è fatto carico dei nostre aspirazioni?
Eravamo già orfani da molto tempo e non vediamo più terra in questo mare.

sabato 2 marzo 2013

Abuso di metafisica

L'altro ieri ho letto una poesia di Álvaro de Campos, uno degli eteronimi di Fernando Pessoa. La poesia è Tabaccheria. Mentre passeggiavo su una spiaggia di sabbia d'oro scorgo questo diamante. Era lì, tra parentesi, un inciso quasi secondario.

(Mangia cioccolata, bambina;
mangia cioccolata!
Bada che non c'è altra metafisica al mondo se non la cioccolata.
Bada che le religioni tutte non insegnano più della confetteria.
Mangia, bambina sporca, mangia!
Potessi io mangiare cioccolata con la stessa verità con cui la mangi tu!
Ma io penso e, quando tolgo la carta d'argento, che è carta stagnola,
butto tutto per terra, come ho buttato la vita.)

Da Tabaccheria di Álvaro de Campos. In Fernando Pessoa, Un'affollata solitudine. Poesie eteronime. A cura di Piero Ceccucci. Traduzione di Piero Ceccucci e Orietta Abbati. BUR rizzoli, 2012.

***

Questa poesia casca a pennello in questi giorni, perché per un motivo o per l'altro sto facendo un uso smodato di metafisica e come dice il poeta poche righe più in là "la metafisica è una conseguenza dell'essere indisposti."

In rete ho trovato una versione integrale della poesia tradotta da Antonio Tabucchi.
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