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martedì 31 maggio 2011

Avanti tutta!

A proposito di libere associazioni!

Dal film Il giorno della civetta, 1968. Regia di Damiano Damiani

Il linguaggio del film di Damiani è già all'insegna del cosiddetto politically correct, Sciascia è un po' più esplicito:

"«Io» proseguì don Mariano «ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà... Pochissimi gli uomini; i mezz'uomini pochi, ché mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini... E invece no, scende ancora più in giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi... E ancora di più: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito... E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre... [...]»". Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta. Einaudi, 1961.

lunedì 30 maggio 2011

Chiuso per festeggiamenti


Parafrasando il celebre discorso che John F. Kennedy pronunciò a Berlino Ovest nel 1963: «Tutti gli italiani liberi, dovunque essi vivano, sono cittadini per metà di Milano e per metà di Napoli, e quindi, come uomo libero, sono orgoglioso delle parole 'Ich bin ein Neapolitaner und Mailänder!

domenica 29 maggio 2011

Divertissement

Le libere associazioni possono portare molto lontano, Freud, che era un tipo acuto, l'aveva capito. Prendete l'incipit dell'ultimo post, ebbene, questo post nasce da quell'incipit.
E' l'amore per il paradosso che spesso fa dire di non essere seri quando si dicono cose serie, del resto è lo stesso amore per il paradosso di quanti, sicuramente troppi, fanno il contrario! Comunque, scherzi a parte, non prendetemi sul serio, sarebbe un peso insostenibile.

L'amore per il paradosso dicevo, e il pensiero corre a Carmelo Bene, grandissimo personaggio che rovesciando il titolo della celebre opera di Diderot fu l'attore del paradosso. Era il 1996 ed ebbi la fortuna di vedere il suo Macbeth horror suite al teatro Argentina, rappresentazione dell'irrappresentabile fino a quello straordinario atto finale in cui l'attore solleva il palco e lo scaglia verso il pubblico quasi a volerlo schiacciare. Come Jimi Hendrix distruggeva la sua chitarra alla fine di ogni concerto perché dopo una sua esibizione quella stessa chitarra non potesse essere nuovamente suonata, così Carmelo Bene voleva distruggere il suo pubblico perché dopo aver assistito al suo teatro non ne vedesse altro.
Carmelo Bene, con il suo teatro, ha ricordato più di chiunque altro che "la vita è solo un'ombra che cammina, un povero commediante che si pavoneggia e si dimena per un'ora sulla scena e poi cade nell'oblio: la storia raccontata da un idiota, piena di frastuono e di foga, e che non significa nulla." (W. Shakespeare, Macbeth, Atto V, Scena V).

Ma c'è un'altro momento del Macbeth che mi torna in mente: quando le tre streghe intorno al calderone preparano la pozione per pronunciare la profezia a Macbeth (Atto IV, Scena I). Le tre streghe, impegnate nel "lavoro che non ha nome", sono le Norne, trasfigurazione norrena delle Moire della mitologia greca e delle Parche della mitologia romana. La scena è una danza macabra intorno al calderone con l'elencazione dei terribili ingredienti che le streghe aggiungono di volta in volta al filtro che stanno preparando. La cosa straordinaria della scena è la molteplicità di sfumature che può assumere il testo originale attraverso il filtro delle diverse traduzioni. Prendete per esempio la traduzione del secondo intervento della prima strega e del coro delle tre streghe fatta da Agostino Lombardo :

I STREGA
Girate intorno al calderone,
gettate dentro le viscere avvelenate.
Rospo, tu che sotto la fredda pietra
hai, per trentuno giorni e notti,
sudato veleno, preso nel sonno,
bolli per primo nella pentola magica.

TUTTE
Doppio, doppio lavoro e travaglio:
fuoco, brucia, e calderone gorgoglia.


Poi prendete la traduzione di Ugo Dèttore dello stesso pezzo:

I STREGA
Tutte attorno alla caldaia
Ne attoschiamo la ventraia.
Questo rospo che dormì
Trentun notti e trentun dì
A far fiel sotto una proda
Bolla primo in questa broda.

TUTTE
Dai e ridai, rimesta e attizza,
Bolle il brodo e il fuoco guizza.


La prima versione è drammatica, un linguaggio quasi in prosa e le parole cercate, "fredda pietra", "viscere avvelenate", esprimono l'orrore della pozione che si sta preparando, quasi se ne sente il fetore. La seconda versione invece, con le sue rime baciate e accoppiate, è una danza quasi giocosa, la ricercatezza di termini desueti la rendono musicale. Probabilmente la prima traduzione è più fedele alle sensazioni che il testo originale deve suscitare, la seconda è più fedele al linguaggio del testo originale ed al gioco sonoro dei versi.
Le adoro entrambe ma confesso di avere un debole per la seconda versione, capace di dire cose terribili con la leggerezza del gioco.
Poi c'è una terza versione, spuria, apocrifa, non si conoscono le fonti e probabilmente si tratta di una manipolazione di un testo già ampiamente corrotto. Più che una versione è una variazione sul tema. Anche qui le tre streghe preparano qualcosa, di cosa si tratti lascio dire ai lettori di questo disgraziatissimo blog:

I STREGA
La notte s’appresta, alta è la luna.

II STREGA
Più alte le stelle che il firmamento aduna.

III STREGA
Arpia grida: «Matura è l’ora».

TUTTE
Dai e ridai, rimesta e attizza
Bolle il brodo e il fuoco guizza


II STREGA
Carne fresca di giovane animale
Sogni d’arcangelo bello e passionale,
L’animale sgozzato all’ora nona
L’angelo quando il canto alla luna intona,
Una parte di carne e tre di sogni
Impasto lento per mille anni e tre giorni,
Carne e sogni impasta e intreccia
Con storto ulivo di robusta corteccia,
Taglia la carne con lama rovente
Ripieno di tempo e memorie dipinte,
Due gocce di vento e aroma di notte
Lascia a riposo in fredde grotte.

TUTTE
Dai e ridai, rimesta e attizza
Bolle il brodo e il fuoco guizza


III STREGA
Nel calderone versa la mistura
Lenta la fiamma e lunga cottura,
Crono paziente per nove lune
Mesta e rimesta e leggi le rune,
Ravviva il fuoco con sudore e fieno
Mestolo lungo di legno e veleno,
Spuma di storie prepara a parte
Zucchero a velo e battuto di morte,
Calore d’estate dolore d’inverno
Il brodo brama fermo governo,
Caligine di spezie e desideri
Infuso di peccato e aromi austeri,
Di buona sorte leggero tritato
Sorriso d'uomo malmenato,
Ribolle nel calderone la brodaglia
Di drago ferito aggiungi una scaglia,
In aria si leva uno stormo d’uccelli
Il tempo è compiuto disponi gli orpelli,
Ultimo il sangue e stille di quiete
Delle cuoche sia spenta la sete.

TUTTE
Dai e ridai, rimesta e attizza
Bolle il brodo e il fuoco guizza


II STREGA
Il piatto è pronto sia gran pasto
La carne è tenera, il vino guasto.

mercoledì 25 maggio 2011

I costi del nucleare

Solitamente scrivo su argomenti di cui non ho alcuna competenza. A volte mi concedo piccole eccezioni, forse!

***

Ieri pomeriggio la Camera dei Deputati ha approvato con la fiducia il decreto legge omnibus che contiene la "moratoria" sul nucleare che potrebbe annullare il relativo referendum. Se il quesito referendario sia da considerarsi superato è decisione che spetta alla Cassazione.
Gli aspetti più dibattuti riguardo l'energia nucleare sono quelli relativi alla sicurezza e ai costi. Per quanto riguarda la sicurezza, i recenti fatti di Fukushima hanno messo in evidenza i rischi di questa fonte di energia, tra l'altro hanno anche reso evidente ed indiscutibile che i costi del nucleare sono strettamente connessi alla sicurezza. Le valutazioni tecniche sui costi dell'energia nucleare non mancano e leggendo i documenti pubblicamente disponibili è possibile farsi un'idea se sia fondata o meno l'affermazione che il nucleare consente di abbassare i costi dell'energia.

Questa mattina l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) ha presentato l'Annuario dei Dati Ambientali, ed. 2010, un compendio di indicatori ambientali sullo stato dell'ambiente in Italia. Nelle Tematiche in Primo Piano vi è un paragrafo dedicato all'energia nucleare (pp. 74-78) all'interno del capitolo "Cambiamenti climatici ed energia". Da questo lavoro, che è stato realizzato prima dell'incidente di Fukushima, estraggo un ampio stralcio (pp. 76-77) che riguarda i costi dell'energia nucleare a prescindere da eventi accidentali.

***

«[...] Per quanto riguarda gli aspetti economici dell’energia nucleare, il Dipartimento di Energia degli Stati Uniti ha stimato i costi della produzione elettrica da nuovi impianti nucleari al 2020 e al 2035. In entrambi i casi, la produzione elettrica da fonte nucleare presenta costi nettamente superiori alla produzione elettrica da gas naturale, da eolico e da carbone[111].


Un recente studio del Massachusetts Institute of Technology[113] ha evidenziato che il costo del kWh nucleare (8,4 c$/kWh) per gli impianti di nuova costruzione è superiore a quello di gas (6,4 c$/kWh) e carbone (6,2 c$/kWh), con il valore del dollaro al 2007. Il prezzo maggiore della fonte nucleare è dovuto principalmente all’elevato rischio che caratterizza l'investimento iniziale e che determina tempi di realizzazione degli impianti più lunghi delle previsioni di progetto. Lo studio del MIT afferma che la riduzione o l’eliminazione del “premio di rischio” rappresenta un contributo determinante per la competitività del settore nucleare. Inoltre, considerando un costo del carbonio emesso per gas e carbone (25 $/t CO2) e l’eliminazione del premio di rischio per il nucleare, il costo dell’energia elettrica da questa fonte diminuisce a 6,6 c$/kWh e risulta inferiore a quello di gas e carbone pari a 7,4 c$/kWh e 8,3 c$/kWh rispettivamente.
L’Agenzia Europea dell’Ambiente riporta una notevole variabilità delle stime dei costi della produzione elettrica da fonte nucleare, con valori che vanno da 2 c€/kWhe a più di 10 c€/kWhe. Le differenti stime sono dovute a diversi fattori quali il tasso di sconto, la metodologia e il periodo di ammortamento. Inoltre, è opportuno considerare che le diverse forme di incentivo introducono una distorsione dei costi effettivi. Secondo quanto afferma l’AEA, l’industria nucleare in Europa beneficia di incentivi statali, tuttavia “non sono disponibili accurate e trasparenti informazioni sulla quantità di incentivi.” Uno studio della Commissione Europea del 2009 sugli incentivi dannosi per l’ambiente[114] afferma che in Germania gli incentivi chiave specifici per la disattivazione degli impianti nucleari sono costituiti da una riduzione delle imposte derivanti dalla raccolta dei fondi di disattivazione, inoltre il combustibile nucleare non è tassato. La dimensione totale di questo beneficio fiscale, sostenuto dalle casse pubbliche, è stimato a 5,6 miliardi di euro all'anno o 175 milioni di euro per centrale nucleare. Tali forme di incentivazione incidono nel computo dei costi della fonte nucleare. [...]»

[111] EIA-U.S. Energy Information Administration, 2010, Annual Energy Outlook 2010
[112] Fonte: EIA-U.S., Energy Information Administration, 2010, Annual Energy Outlook 2010
[113] MIT, 2009, Future of the nuclear power. Update of the MIT 2003
[114] CE, 2009, Environmentally Harmful Subsidies (EHS): Identification and Assessment

martedì 24 maggio 2011

Che affronto!

Da la Repubblica
Che affronto! Multare i Tg per aver trasmesso un monologo del premier più importante che l'Italia ha avuto negli ultimi 3721 anni. E quel che è peggio considerare illegali quei monologhi.


Allora significa davvero che stanno finendo i tempi in cui si poteva scrivere un post davvero moderno? Non avremo più quelle belle settimane estive dove poteva accadere di tutto per poi smentirlo qualche giorno dopo. Inconcepibile, non si potrà più parcheggiare l'auto in libertà. Non ci saranno più le straordinarie proposte per rivoluzionare il futuro. Forse l'Italia non farà più sentire il suo peso in Europa? Cadranno le grandi innovazioni della scienza e del pensiero, non ci saranno più modelli da imitare e invidiare. Si troverà un degno erede a reggere le sorti del paese?
Andiamoci piano a cantar vittoria, bisogna essere prudenti e non sottovalutare il possibile colpo di scena!

Che tristezza!

PS - Qualche minuto dopo la pubblicazione di questo post guarda chi ti trovo tra le visite. Mi devo preoccupare?

venerdì 20 maggio 2011

Del tempo e altre fole

«Cos'è dunque il tempo? Se nessuno m'interroga lo so; se volessi spiegarlo a chi m'interroga non lo so. Questo però posso dire con fiducia di sapere: senza nulla che passi, non esisterebbe un tempo passato; senza nulla che venga non esisterebbe un tempo futuro; senza nulla che esista non esisterebbe un tempo presente. Due, dunque, di questi tempi, il passato e il futuro, come esistono, dal momento che il primo non è più, il secondo non è ancora? E quanto al presente, se fosse sempre presente, senza tradursi in passato, non sarebbe più tempo, ma eternità. Se dunque il presente, per essere tempo, deve tradursi in passato, come possiamo dire anche di esso che esiste, se la ragione per cui esiste è che non esisterà? Quindi non possiamo parlare con verità di esistenza del tempo, se non in quanto tende a non esistere.» Agostino, Le confessioni, Libro XI, 14.17, Einaudi, 1984, p. 328.

«Il tempo è per noi un problema, un inquietante ed esigente problema, forse il più vitale della metafisica; l'eternità, un gioco o una faticosa speranza.» Jorge Luis Borges, Storia dell'eternità, Adelphi, 1997, p. 13.

«Il nostro destino (a differenza dell'inferno di Swedenborg e dell'inferno della mitologia tibetana) non è spaventoso perché irreale; è spaventoso perché è irreversibile e di ferro. Il tempo è la sostanza di cui son fatto. Il tempo è un fiume che mi trascina, ma io sono il fiume; è una tigre che mi sbrana, ma io sono la tigre; è un fuoco che mi divora, ma io sono il fuoco. Il mondo, disgraziatamente, è reale; io, disgraziatamente, sono Borges.» Jorge Luis Borges, Altre inquisizioni , Feltrinelli, 1996, p. 186.

***

Il più essenziale atto di arroganza che l'uomo potesse concepire è stato pensarsi nell'eternità. Nell'anima immortale non vedo divinità alcuna ma un atto di imperio dettato dalla disperazione della finitezza. Terapia per certi versi, ma la cura è stata peggio del male. Più dignitoso mi sembra pensare alla propria finitezza che prosegue nella finitezza dei propri simili. Questo è l'unico testimone che possiamo passarci di mano in mano. Non l'eternità mi interessa ma il futuro.

Passeggiando per le stradine del Salento si vedono vecchi muretti a secco costruiti con le pietre strappate alla terra del posto, perché la terra potesse essere coltivata.


Nell'irregolarità di quei muri a secco si intuisce tutta la tensione di stabilire una regola, un limite. Se il limite fosse di proprietà o di esistenza è difficile dire. A me sembra poco rilevante il primo e prevalente il secondo.
Oggi i muri sono regolari, lisci, il materiale per costruirli viene da cave lontane e nella banalità di quei muri c'è tutta la stanchezza di cercare significati che non siano sfacciatamente manifesti.

Quando cammino per le strade di campagna fiancheggiate da alberi secolari di ulivo  il pensiero corre a quanti quegli alberi hanno piantato.


Gli ulivi sono piante che crescono molto lentamente e chi le ha piantate, se in età avanzata, sapeva che non avrebbe mai raccolto i loro frutti, eppure lo ha fatto, sapeva di doverlo fare perché quella terra diventasse ospitale a quanti sarebbero venuti dopo. Io che passeggio per queste stradine attraverso l'aria densa dei loro desideri, di sogni che portano l'odore del passato per donarmi l'oro liquido della loro benedizione.

Il passato e il futuro non esistono senza una ferma radicazione nel presente. Il presente è il nodo intorno cui assume valore la tradizione e la speranza. Senza il presente non restano che nostalgia e illusione, dolore che non si trasfigura in altro possibile. Tuttavia vale anche il rovescio, il presente non è che un punto senza dimensione se non ha passato e futuro. In fin dei conti la distinzione non è che artificio retorico. Il tempo non si rinnova e il rischio più atroce è che si perda quello a disposizione nell'eternità, autentico buco nero del tempo da vivere. Il tempo è oltre le mie capacità di comprensione, l'unico frammento che posso comprendere è quello da vivere sapendo dell'eredità del passato e del lascito che mi sopravviverà.

Si cerca il divino fuori quando si perde di vista il divino che è dentro. Manca la forza e l'umiltà di riconoscere il divino dentro ciascuno e lo si scaccia lontano in una dimensione trascendentale che non ha più memoria delle creature che l'hanno desiderata.

Sogni di eternità si levano
nella palude di Babele,
strazio di bellezza
vela l'orrore della falce,
ombra del primo giorno.
Sempiterni bambini,
vestiti di sorprese
e corone di spine
conficcate nella memoria.
Poveri cristi,
senza un legno
dove farsi inchiodare.
Nessuno torna
dopo il terzo giorno.

A volte capita di andare più avanti del tempo e voltandosi indietro lo si vede arrancare sbalordito della nostra assurda impazienza. Quando riprendiamo il cammino capita di vederlo lontano, davanti a noi, irragiungibile.

Sciocchi astrologhi, guardano nelle stelle quello che non sanno vedere sulla terra.

Con i nostri discorsi intrecciamo metafore e significati, ma se non fosse così? Se fossimo noi le metafore del discorso?

Solo le relazioni esistono, gli oggetti che le stabiliscono ne sono gli attributi.

In passato la morte occupava un punto preciso nel futuro. Il futuro era il luogo dove stava la morte, ignoto, ma era lì, immobile, fisso. L'illusione consisteva in una corsa folle nel disperato tentativo di superare quel punto, di lasciarselo indietro, di vederlo alle proprie spalle.
Oggi l'illusione è spostare avanti quel punto, rinviarlo ad un futuro sempre più lontano. L'illusione si traduce in un eterno presente.
Da qualche punto la morte ci guarda, ridendo oggi come ieri...ma in definitiva non c'è nulla che rida, non abbiamo neanche il privilegio di essere derisi per le nostre illusioni.

Il lifting delle rughe del viso è venuto molto tempo dopo quello dell'anima, eppure in futuro pagheremo per rifarci l'anima...ma pensandoci bene è già da molto tempo che lo facciamo.

L'uomo è l'unico animale che vive su un ponte tra passato e futuro, molti lo ignorano o, peggio, vogliono ignorare questa condizione di bilico. Proiettarsi nel futuro per molti significa solo mettere al mondo figli ma questo è in grado di farlo qualsiasi pianta e qualsiasi animale.

E siamo qui,
anime erranti
a farci compagnia,
in attesa di un dio
che di noi faccia scempio.

A fine giornata il camaleonte non ricorda più quale sia il suo colore.

Come di una carovana persa nel deserto, abbiamo insegnato ai nostri cammelli la strada ma abbiamo dimenticato di costruire la sabbia sotto i loro piedi.

lunedì 16 maggio 2011

Piccola scommessa

Sono pronto a scommettere che il signor Berlusconi non si farà vedere in giro per un po' di giorni!

Valori non negoziabili

"È inaccettabile - ha dichiarato il leader del movimento del buon vicinato, con grande senso autocritico - che l'idiozia che entra nelle case di milioni di italiani costringa un bambino di 6-7-8 anni ad ascoltare una scemenza qualsiasi, che può anche pensare che sia intelligente. Queste dichiarazioni sono molto pericolose, minacciano l'educazione di un bambino, la loro diffusione ha risvolti di carattere psichiatrico. Lo sviluppo della mente di un adolescente presenta inizialmente aspetti di disponibilità all'imbecillità e all'assurdità, che poi si armonizzano e la ragionevolezza diventa la regola. Queste dichiarazioni intervengono in quel momento di sviluppo parziale, in cui è normale che ci siano tendenze all'incoerenza che rischiano di essere fissate. Questo è un modo per fissare le minchiate." Il deputato ha responsabilmente annunciato di voler portare il problema all'attenzione dell'Europarlamento: "Vietare l'ascolto di idiozie almeno ai minorenni (come è avvenuto con la pornografia) è una strada percorribile. Mi farò carico di intervenire in questa materia sia a livello europeo che italiano".

domenica 15 maggio 2011

Vecchi appunti

Ieri (21 maggio 2007) sono stati presentati alla Fiera di Roma i risultati di un’indagine promossa dall’Arma dei Carabinieri in collaborazione con il Comune di Roma, l’indagine era rivolta ai bambini per verificarne il bisogno di sicurezza, i risultati dell’indagine dicono che per strada i Carabinieri rassicurano di più dei genitori, la cronista del Tg2 che ha dato la notizia ha commentato che i risultati dell’indagine “sono confortanti, perché denotano una crescente fiducia nell’Arma”. Questi sono i risultati, non troppo latenti, di una famiglia costruita ormai all’insegna di un’etica da mulino bianco sostenuta dalla solida cultura dei baci perugina.
Eppure non è passato molto tempo da che i genitori erano il punto di riferimento per la sicurezza dei bambini. Tempi andati! Ora la famiglia assediata da alibi potentissimi quali la società senza valori non ha altra soluzione che affidarsi ai Carabinieri. Quel senso di sicurezza che prima di inerirsi ai pericoli della società era direttamente connesso con le paure dell’anima ed il desiderio di affetto che solo genitori e nonni potevano dare si è evoluto rendendo i bambini orfani anzitempo ma cittadini perfetti!

venerdì 13 maggio 2011

La banalità del bene

Nel 1963 Hannah Arendt ha insegnato a tutti «...la lezione della spaventosa, indicibile e inimmaginabile banalità del male» con il resoconto del processo all'aguzzino nazista Adolf Heichmann, avvenuto a Gerusalemme nel 1961. Durante le udienze Heichmann non riusciva a capire di cosa lo si accusasse, dopo tutto lui era un cittadino modello e non aveva fatto altro che rispettare le leggi del proprio paese.
In questi giorni, dopo l'uccisione di Osama bin Laden, ho ripensato spesso a quel libro della Arendt. Ci ho pensato in relazione alle manifestazioni di esultanza che buona parte del mondo ha mostrato alla notizia della morte del terrorista. Ne scrivo adesso, dopo qualche giorno, perché... non sto mai sulla notizia!

domenica 8 maggio 2011

La tovaglia


Le dicevano: - Bambina!
che tu non lasci mai stesa,
dalla sera alla mattina,
ma porta dove l'hai presa,
la tovaglia bianca, appena
ch'è terminata la cena!
Bada, che vengono i morti!
i tristi, i pallidi morti!

Entrano, ansimano muti.
Ognuno è tanto mai stanco!
E si fermano seduti
la notte intorno a quel bianco.
Stanno lì sino al domani,
col capo tra le due mani,
senza che nulla si senta,
sotto la lampada spenta. -

E` già grande la bambina:
la casa regge, e lavora:
fa il bucato e la cucina,
fa tutto al modo d'allora.
Pensa a tutto, ma non pensa
a sparecchiare la mensa.
Lascia che vengano i morti,
i buoni, i poveri morti.

Oh! la notte nera nera,
di vento, d'acqua, di neve,
lascia ch'entrino da sera,
col loro anelito lieve;
che alla mensa torno torno
riposino fino a giorno,
cercando fatti lontani
col capo tra le due mani.

Dalla sera alla mattina,
cercando cose lontane,
stanno fissi, a fronte china,
su qualche bricia di pane,
e volendo ricordare,
bevono lagrime amare.
Oh! non ricordano i morti,
i cari, i cari suoi morti!

- Pane, sì... pane si chiama,
che noi spezzammo concordi:
ricordate?... E` tela, a dama:
ce n'era tanta: ricordi?...
Queste?... Queste sono due,
come le vostre e le tue,
due nostre lagrime amare
cadute nel ricordare! -

Giovanni Pascoli, La tovaglia, in I canti di Castelvecchio, 1903.

giovedì 5 maggio 2011

Rivelazioni

da la Repubblica

"1Allora uno dei sette angeli che hanno le sette coppe mi si avvicinò e parlò con me: «Vieni, ti farò vedere la condanna della grande prostituta che siede presso le grandi acque. 2Con lei si sono prostituiti i re della terra e gli abitanti della terra si sono inebriati del vino della sua prostituzione». 3L'angelo mi trasportò in spirito nel deserto. Là vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta, coperta di nomi blasfemi, con sette teste e dieci corna. 4La donna era ammantata di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle, teneva in mano una coppa d'oro, colma degli abomini e delle immondezze della sua prostituzione." Apocalisse di Giovanni, 17:1-4

PS - Aggiungo questa bellissima ballata di Branduardi e Battiato e ringrazio Garbo per avermela proposta.

domenica 1 maggio 2011

La potatura degli ulivi

I contadini sono sugli alberi d'ulivo, stanno potando i rami più folti. Lungo i filari, ritmici colpi in battere e levare, a volte si fermano a studiare i rami, per colpire bene con l'accetta che l'albero potrebbe soffrirne.


Il sorvegliante va avanti e indietro a controllare che il lavoro sia ben eseguito, di tanto in tanto si ferma sotto gli alberi. Mentre il sorvegliante osserva attentamente il lavoro di Mesciu Masi questo si ferma e si sporge dall'albero.
"Cumpare Pippi, lo sai che oggi c'è un tipo qui che non si sta guadagnando neanche l'acqua che berrà?", dice Mesciu Masi.
"Chi è?", chiede Cumpare Pippi.
"Cumpare, lo sai che si dice il peccato ma non il peccatore, fatti un giro, controlla e se guardi bene vedrai che è come ti dico."
Cumpare Pippi si guarda in giro, decide di percorrere il filare per controllare i lavoratori. Si muove lentamente, in silenzio, ma di quello che dice Mesciu Masi non si vede nulla. I contadini sono tutti al lavoro.
Cumpare Pippi torna sotto l'albero di Mesciu Masi.
"Mesciu Masi, io ho controllato, qui stanno lavorando tutti."
"Eppure ti dico che ce n'è uno che non sta facendo niente, guarda bene, ma devi guardare con attenzione.", dice Mesciu Masi.
Cumpare Pippi ritorna sul filare a controllare la potatura, lavorano tutti, nessuno è fermo su quegli alberi, i rami cadono sotto i colpi delle accette.
Con piglio stizzito Cumpare Pippi torna sotto l'albero di Mesciu Masi e dice: "Mesciu Masi, tu mi stai gabbando, qui lavorano tutti."
Mesciu Masi ferma il colpo che stava assestando con l'accetta, si sporge dalla chioma dell'albero, guarda con compassione Cumpare Pippi e gli dice: "Sei tu che non stai facendo niente che noi siamo tutti quassù a lavorare, vai avanti e indietro e neanche te ne sei accorto che l'unico a stare a zonzo sei tu."

Poco distante dall'albero di Mesciu Masi, su un altro ulivo, c'era mio padre.


Buon 1° maggio, buona festa a tutti i lavoratori e buona festa al lavoro, che continui ad essere il fondamento di questa Repubblica.
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